Gel lert

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Alla fine Newt riuscì a diplomarsi, ci mise il doppio dell'impegno ma ebbe successo. Durante il suo settimo anno ad Hogwarts quasi non lo si vedeva per i corridoi, studiava tutto il tempo. Non passava più il tempo con Leta, neanche si guardavano in faccia eppure si percepiva che c'era qualcosa. Non si erano detti addio e fino a quando non l'avessero fatto avrebbero continuato a soffrire. Era come se la fune che li univa fosse stata tagliata di botto ma che un sottile filo li legasse ancora. Forse non avevano la forza di separarsi definitivamente. Li capivo, meglio di chiunque altro. Quel sottile filo che ancora univa me e Gellert era allo stesso tempo la cosa più preziosa e la maledizione peggiore che avevo. Dovevo fare un tentativo, per quanto rischioso, per quanto pazzo, dovevo spezzare il nostro legame.

Una volta, tanti anni prima, decisi di doverlo incontrarlo per "l'ultima volta" così da mettere un punto a quella storia.

Ero nella stanza delle necessità, cercavo di non entrarci ma qualche volta mi lasciavo andare alla tentazione. Lo guardavo dritto negl'occhi mentre scrivevo:
Devo vederti, almeno questo me lo devi
Diedi il messaggio al gufo, dicendogli semplicemente <<trovalo>>

Mi maledissi ogni notte per averlo fatto, per aver ceduto alle mie più profonde tentazioni abbandonando la razionalità. Avevo mostrato la mia debolezza, il mio bisogno di lui nonostante tutto.
"Non posso" la risposta mi arrivò qualche giorno dopo, un pezzo di carta logoro e mangiucchiato legato con un pezzo di spago sfilacciato, era quello che meritavo? Un ritaglio e due parole? Ero stato uno stupido ad aspirare a qualcos'altro.

Il nostro incontro comunque ci fù, in maniera totalmente casuale. Era estate, l'estate del diploma di Newt, ero felice per lui anche se ammetto che mi dispiaceva il non poterlo più vedere per i corridoi della scuola, era diventato una figura familiare. Fù proprio pensando alle poche persone che mi erano rimaste che presi una decisione all'ultimo minuto e mi imbarcai per l'America. Dopo la morte dei suoi Penny si era trasferita in Florida con suo marito e Alice andava a trovarla tutte le estati.
Non so ancora come definire la cosa, fato, fortuna o coincidenza. Mi ritrovai a viaggiare con pezzi grossi del ministero della magia statunitense che facevano ritorno al loro paese dopo qualche trattativa con il nostro. Con pezzi grossi, intendo un trio di persone che si occupavano tra le altre cose della legge sulla segretezza. Erano coloro che promulgavano le leggi sul doversi nascondere e sulle pene da scontare in caso contrario.

Erano un bersaglio così facile, in mezzo all'oceano su un battello con a bordo solamente uno o due centinaia di persone. Era il colpo perfetto e ovviamente lui non se lo fece mancare.

Ero sul ponte quando si udì il primo botto, al secondo, accompagnato da una potente luce rossa, mi convinsi ad agire. Sembrava che gli incantesimi provennissero da sotto. Velocemente scesi, come lo stupido ragazzino dei film che scende in cantina. Dovevo aiutare chi era rimasto sottocoperta, non li avrei lasciati morire. Cercai di salvare il numero maggiore di persone possibile, aiutandole a salire mentre le fiamme si diffondevano. Di sopra sentivo le urla della gente e dalle finestre vedevo che stavano calando le prime scialuppe di salvataggio. Feci un giro veloce, per assicurarmi che non fosse rimasto nessuno e nel farlo vidi uno di loro. Stava perforando il pavimento che cominciava ad allargarsi.
<<stupeficium>> venne sbattuto contro una parete ma non fù certo quello a fermarlo, si voltò verso di me e mi guardò con uno sguardo carico di odio. Cominciammo a duellare, incantesimi su incantesimi, parate e attacchi.
<<fammi indovinare? Studente modello? Eri uno di quei fighetti di Hogwarts?>>
<<c'hai preso? E tu? Prima che lui ti recuperasse cos'eri? Un barbone?>>
<<non parlare a vanvera, amico. Scegli con cura le tue ultime parole>>
Avvertii il suo arrivo ancora prima che si palesasse. Distratto da quella strana sensazione, non vidi subito il lampo di luce verde che uscì dalla bacchetta dell'uomo che avevo difronte. Gellert si lanciò contro di me, spingendomi di lato facendo in modo che la maledizione non mi sfiorasse. L'espressione dell'uomo che aveva lanciato l'incantesimo era puro terrore. Non sapeva cosa gli sarebbe successo. Gellert non si prese la briga di ucciderlo, lo schiantò con una potenza che poche volte avevo visto e lasciò fare il resto alle fiamme.
<<Cosa cazzo ci fai qua?>> mi chiese con rabbia. Io ero ancora a terra. Non gli risposi. Lo fissavo e basta. I capelli erano più corti e gli davano un aria da duro, gli occhi erano esattamente come me li ricordavo ma spenti.
<<sei ferito?>> mi chiese. Gli importava?
<<credi che non me la sappia cavare contro uno così?>> lui sorrise leggermente.
<<stava per farti fuori>>
<<solo perché mi hai distratto>> fu allora che la vidi. La bacchetta che stringeva in mano. L'aveva trovata. C'era riuscito.
<<Tu...l'hai...>> ma le mie parole furono coperte dal fragore del fuoco. Lui strinse i pugni e le labbra, chiuse gli occhi e sospirò pesantemente.
<<non è ancora arrivato il tuo giorno Albus Silente>> detto ciò mi afferrò la mano e si smaterializzò. Mi guardai intorno confuso. Eravamo dentro ad una stanza, era tutto di legno, mangiato dalle termiti. Feci per afferrare la bacchetta ma mi accorsi di non averla, lui la sventolò in aria.
<<su avanti, uccidimi! Uccidimi come hai fatto con tutte quelle persone! Usando il tuo nuovo acquisto>> gli sputai in faccia.
<<bella vero? Ci ho messo anni. Probabilmente tu l'avresti trovata molto prima>>
<<ho trovato lo specchio>> non so perché lo dissi, probabilmente per fargli capire che anche io in quegl'anni avevo fatto qualcosa.
<<com'è?>> si sedette sul letto.
<<peggio della maledizione cruciatus>> il mio respiro accelerò leggermente.
<<lo immaginavo, non avresi dovuto trovarlo tu. Quella è roba che ti consuma. Sono felice di non aver avuto l'onore di specchiarmici.>>strinsi i denti.
<<vedi la mia tomba o vedi quel ragazzino, Al?>>
<<Cosa ti fa pensare che veda te?>>
<<Perchè io vedrei te. L'ho già detto. Non mento. Non a te, perlomeno. Non ho bisogno di uno stupido specchio, vedo con chiarezza dentro di me>>
<<E cerchi di eliminare tutto quanto>>
<<Cosa dovrei fare? Basare al mia vita su emozioni adolescenziali?>>
<<Non mi permetterei mai di dirti che fare>> si avvicinò di più.
<<Allora? Sono io?>>
<<Perchè non mi uccidi e basta>> lo implorai.
<<Non posso. Non voglio>>
<<Sì. Cazzo. Sì. Sei tu, maledizione>> i suoi occhi si illuminarono, fù solo un secondo ma lo vidi.
<<Perché?>> gli chiesi. Perché faceva tutto questo. Perché uccidere. Perché?
<<Sarebbe successo prima o poi, non ha importanza il perché, ne avrei trovato uno, i doni mi chiamano, un richiamo insopportabile, sarebbe successo comunque, anche se non fosse andata come è andata.
Dovevi vedermi. Ora mi vedi. Alla fine ottieni sempre quello che vuoi. Ora? Che farai?>> chiese. lo guardai, dalla testa ai piedi.
<<Addio>> e mi diressi verso l'uscita.
<<Sul serio? Non ho mai visto niente di così drammatico, mancano solo i violini>> mi afferrò per il polso e mi fece voltare. Mi baciò e io non mi mossi, era sbagliato, ogni singola cellula del mio corpo lo sapeva eppure ogni singola cellula del mio corpo lo voleva.
<<Ti prego>> quel "ti prego" era il vecchio Gellert a dirlo, lo capii dalla sfumatura della voce. Lo accontentai perché non potevo fare altro.

Per una notte fummo di nuovo Al e Gel, i due ragazzini che eravamo un tempo. Quanto lo amavo, non l'avrei saputo esprimere a parole ma quella notte lo feci e sentii anche il suo. Dopo anni di dubbi, quella notte ebbi la certezza di non essere stato l'unico ad aver provato qualcosa.
<<Al>> ansimò lui.
<<Gel>> mi lasciai sfuggire.

La mattina dopo sparii prima che il sole illuminasse la mia colpa.

Che dire? Sono passati secoli e Albus è un sottone.

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora