Al & Gel

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<<Meriti di essere felice>> dalle dita sulla mia guancia, si propagavano leggeri brividi che mi percorrevano tutto il corpo, fino alla punta dei piedi. Nessuno mi aveva mai detto niente di più dolce. I mezzo agli altri mi sentivo intelligente ma insieme a Gellert, mi sentivo speciale.

Tutto ad un tratto, così come si era avvicinato si allontanò, tossì leggermente e poi disse:
<<<D...devo andare, mia zia mi apetta>> non mi mossi, ero ancora mezzo rimbambito dal suo tocco. Maletti ormoni da adolescente! Stava per uscire dalla porta, quando si rigirò per guardarmi.
<<A domani Al>> non amavo i spranomi, le persone mi chiamavano sempre col nome intero o più spesso solo con il cognome. Avevo sempre preso i soprannomi come inutili nomignoli che si danno alle persone per prendere in giro o sostituire un nome brutto. Non amavo il mio nome, ma era il mio, e avevo imparato ad accontentarmi. Tuttavia tra le sue labbra Al suonava così delicato e dolce che decisi che da quel momento in poi sarei stato Al. O almeno lo sarei stato per Gellert.
<<A domani Gel>> diavolo, non so da quale remota parte del cervello mi venne in mente un nomignolo così ridicolarmente imbarazzante. Gellert era un nome deciso e importante ed io avevo paura di averlo rovinato. Lui però non la pensava così, sorrise, un sorriso vero e sincero. Poi si voltò, e camminò verso casa di Batilda. Vederlo andare via, mi rattristò ma sapevo che l'avrei rivisto l'indomani e il giorno dopo ancora. Sorrisi perché ora non ero più Albus. Ora ero Al e lui era Gel e insieme avremmo trovato i doni della morte.

***

La mattina del giorno dopo non vedevo l'ora di rivederlo, avevo così tante cose da dirgli, così tante cose da chiedergli. Decisi che sarei andato a casa sua. Mi incamminai verso casa Bath, contai fino a tre e poi bussai.
Ad aprirmi fu Batilda, ero deluso. La signora Bath era vestita per bene, aveva una borsa in mano per cui dedussi che stesse per uscire.
<<Buongiorno Albus, non ti aspettavo stamattina, sto andando al mercato. è successo qualcosa?>> Chiese preoccupata.
<<sono qui per Gel...ert>> dissi.
<<Ma certo, ero certa che sareste diventati amici, tuttavia, ho la strana sensazione che al giovane Grindelwald piaccia dormire, non è sceso neanche per la colazione. Ma prego, accomodati pure. Sono certa che scenderà a momenti. Ora se vuoi scusarmi, sono in ritardo, a presto Albus>> detto questo uscì lasciandomi solo nella sala.

Sapevo che Gellert non dormiva, me lo sentivo, così, come il primo giorno salii le scale e bussai in camera sua. Non rispose, così lo chiamai. <<Gellert, GEL, sono Albus, volevo farti una domanda, dai su, so che non stai dormendo>> Dietro di me, sentii un cigolio, la porta dietro di me si aprì. Sapevo che porta era, era la porta del bagno. Mi voltai di scatto e lui ovviamente era lì. Dietro di lui, il vapore. Portava un asciugamano legato in vita, e niente copriva il suo bianco e muscoloso petto.

Cazzo, perché ogni volta che lo vedevo era senza maglietta?!

I capelli erano ancora bagnati e piccole goccioline gli solcavano il petto risplendendo. Le sue guance erano arrossate e diventarono di un rosso acceso quando mi videro. Quanto avrei voluto sapere cosa pensava ma con Gellert non si sapeva mai, abbassò un attimo il capo e quando lo rialzò il rossore era sparito e sul suo viso regnava un sorriso freddo e indifferente.
<<Ciao Al>>
<<Ciao Gel>>
Voleva andare in camera sua per mettersi qualcosa adosso, ovviamente. E io ero in mezzo, ovviamente. Eravamo troppo in imbarazzo per dire qualcosa, lui era troppo in imbarazzo per chiedermi di spostarmi e io troppo in imbarazzo per capire che dovevo lasciarlo passare. Fece un passo avanti e allora capii che dovevo spostarmi, feci un passo di lato, ma lui andò nella mia stessa direzione. Ci scontrammo. A contatto con la sua pelle nuda venni percorso da un brivido e, come se mi fossi scottato, feci un passo dall'altra parte. Lui passò ed entro in camera sua. Aspettai in corridoio. Dopo qualche minuto, lui uscì, come se non fosse successo niente.
<<Stavo per venire da te, ho trovato un libro, sugli oggetto magici. Era nella biblioteca di mia zia, non l'ho ancora aperto.>> mi porse il libro che aveva in mano.
<<Andiamo fuori?>> chiesi, non volevo entrare in camera sua.
<<Mi sembra un'ottima idea!>> mi sorrise, mi prese per mano e scendemmo giù. Percorremmo insieme le strade di Godric's Hollow, imbocammo la stradina di campagna, scavalcai per primo, lui per secondo. Dalla mia parte vidi le sue lisce mani afferrare le pietre e le sue vene gonfiarsi per lo sforzo poi vidi la sua testa e le sue gambe. Si mise seduto e poi si lasciò cadere affianco a me. Una volta atterrato, vaccillò un po' ma io lo sorressi. <<Ti ci abituerai>> dissi.

Ragiungemmo le fondamenta della casa abbandonata e ci mettemmo comodi, uno vicino all'altro, le nostra ginocchia si toccavano così come tutto il resto della gamba. Aprì il libro. Saltammo la parte dei calderoni e delle strillettere. Leggemmo del pensatoio, lo trovammo affascinante. Così come l'attraversaspecchio e il deluminatore. Tuttavia non trovammo niente sui doni. L'ultima pagina era dedicata allo specchio delle brame. Scoprimmo che mostrava il tuo desiderio più profondo. Ne rimanemmo incantati.
<<Cosa vedresti nello specchio Al?>>mi chiese. Era una domanda molto personale ma mi ero promesso che tra me e Gel non ci sarebbero stati segreti.
<<La mia famiglia. Al completo. Credo>> purtroppo non è così. Lui annuì, capiva.
<<E tu Gel?>>
<<Credo che vedrei te e me, padroni della morte, a capo del mondo magico>> dopo che l'ebbe detto le sue guance si tinsero di rosso e le mie fecero lo stesso.

Desiderava i doni della morte. Desiderava comandare.
Desiderava me?

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora