tela bianca

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Albus' pov

A svegliarmi fu l'insistente bussare alla porta, sempre più forte, non mi ero accorto di niente.

Mi precipitati di sotto e andai ad aprirla. Avevo paura che fosse successo qualcosa a casa Bath, magari Bathilda si era sentita male o magari era successo qualcosa a lui.

Ma mai mi sarei aspettato di ritrovarmi davanti un Gellert malconcio che teneva tra le braccia il corpo semi svenuto di mia sorella.

<<Cosa cazzo è successo!>> urlai, non ce l'avevo con lui, solo con me stesso.
<<Camati, è ancora viva. Aiutami ti spiegherò tutto>>

Sentimmo mio fratello scendere le scale e poi lo sentimmo correre verso di noi.
<<Cosa cazzo le hai fatto?! Ti uccido, ti uccido!>>
<< Abeforth rilassati non ho fatto nulla! Oliver, lui era quì fuori, l'aveva stregata, l'ho solo difesa>> disse Gellert, sembrava davvero turbato, io gli credevo, ovviamente gli credevo, sapevo che persona era ma non avrebbe mai neppure sfiorato mia sorella. Mio fratello non era della stessa opinione.
<<Cosa cazzo ci facevi a quest'ora a sotto casa nostra?!>>
<<Se non ci fossi stato sarebbe morta! Potresti ringraziarmi invece che rompere i coglioni come sempre!>>
<<esci fuori da casa mia! ORA!>>

Io ero amutolito, non avevo detto una parola da quando era entrato.

Mi guardarono tutte e due.

Presi Gellert per il braccio e lo accompagai fuori.

<<È scappato?>>
<<È morto.>> lo disse senza esitare, "è morto" come se fosse un normalissimo dato di fatto ma sapevo che non l'aveva lasciato impassibile. Sapevo che Gellert non si era mai abituato a uccidere.
"Sangue di mago sprecato". Ma la verità era che ci aveva messo anni ad abituarsi.

<<Ora sei...siamo al sicuro>>
Mi bastò un leggero fremito degli occhi per buttarmi tra le sue braccia. Tremavo contro il suo corpo ma lui non si muoveva, era rigido, immobile.

Gli presi la testa tra le mani.
<<Ci avrebbe ucciso, mi avrebbe ucciso>>  lui annuì leggermente.

<<Per il bene superiore, per il bene superiore>> lo sentii sussurrare a sé stesso.
<<Tu sei il mio bene superiore Al>>

Una lacrima mi scese lungo il viso mi ricordo perfettamente il suo sapore salato e amaro, perché è lo stesso che sento ogni volta che ripenso a quei momenti. Amara nostalgia.

<<Dobbiamo nasconderlo, dobbiamo farlo adesso, se ti scoprono...>>
<<Ci penso io Al, tu stai con Ariana. Risolvo io. Ci vediamo domani.>> mi diede una pacca sulla spalla e poi su incamminò nell'oscurità della notte.

In un film l'avrei rincorso, l'avrei stretto a me, magari baciato.

Ma eravamo nel 1899 e non era possibile, in questa vita avrei dovuto fingere di non amarlo, in questa vita avrei dovuto restate dov'ero e fingere di essere chi non sono.

Rientrai dentro casa. Abeforth aveva portato Ariana a letto e mi aspettava in salotto.

<<Tu gli credi, gli credi sul serio? Ti fidi di lui?>>
<<SI, si Abeforth mi fido di lui, non so spiegartelo ma lo conosco, lo conosco davvero. Non ti chiedo di fidarti di lui, so che sarebbe impossibile, fidati di me>>

<< È difficile Albus, è tremendamente difficile accettare le tue scelte in questo momento, te ne renderai conto.>>

non volevo più starlo a sentire, non mi interessava minimamente ciò che Abeforth pensava di Gellert, io lo amavo e questo mi bastava a renderlo, ai miei occhi, una persona migliore di quello che proabilmente era.

Quella notte, non sognai assolutamente niente, me lo ricordo perfettamente a distanza di anni perchè mi sembrò strano, avevo sempre gli incubi, sognavo di mia madre, di Oliver o più recentemente di Gellert. Eppure quella notte niente, e questo mi spaventò. Oliver era morto eppure non pensavo che sarebbe bastato a farlo scomparire dalla mia mente. Forse era quello che resteva in fin dei conti: il niente.
Oliver era l'unico pezzo che mi teneva ancorato al mio passato, l'unico in grado di spaventarmi così tanto. E la paura mi riempiva, mi dava qualcosa per cui combattere. Chi siamo noi senza le nostre paure? Nient'altro se non un ammasso indistinto di pensieri e emozioni bianche e nere.

Ricordo di aver pensato questo, di sentirmi una tela bianca, di sentirmi anonimo quella mattina di fine Agosto. Ricordo di aver sceso le scale come uno zombi, non ero io, era il mio corpo che si muoveva ogni giorno per fare le stesse fottute cose ogni giorno, mangiare, pulire, studiare e dormire. Ero schiavo della mia routine, lo siamo tutti, ogni giorno le stesse cose, ogni giorno della nostra vita lo passiamo cercando di soppravvivere, per ripetere la stessa cosa il giorno dopo e quello dopo ancora. Fino a quando, all'improvviso la morte ci chiama a se e allora ci rendiamo conto di non aver vissuto la vita che sognavamo.

Non era questa la vita che sognavo, non era salvare il mondo magico. Non era allevare un undicenne problematico con una cicatrice in fronte, quello che desideravo per la mia vita, il mio desiderio era LUI.

Forse avevo bisogno di qualcosa di incerto, di qualcosa di rischioso, qualcosa di diverso. Forse avevo solo bisogno di qualcuno che sconvolgesse la mia vita e cazzo se lui ci riusciva. Non mi ero mai sentito così vivo, non mi ero mai sentito così vero.

<<Che succede Al, a cosa pensi?>> Ari si era procupata, non le avevo rivolto la parola per tutto il giorno, non risposi nemmeno in quel momento. <<Bathilda dice che chi è sovrapensiero è innamorato. Sei innamorato Alb?>> non avevo bisogno di pensare, sapevo già la risposta.
<<SI, si lo sono Ari>>
<<di Alice?>>
<<No>>
<<sei innamorato di Gel non è così? Te lo leggo in viso ogni volta che ne parli, ogni volta che lo guardi. Bathida mi ha detto cosa fanno alla gente come voi, ma se pensi che ne valga la pena lotta! fottitene di quello che pensa la gente, la vita è troppo breve, io lo so bene>>

Così, dopo un'intero giorno passato a pensare ero uscito di casa, senza dire niente, ne sentivo la nescessità, Abeforth provò a fermarmi, mi disse qualcosa ma non riuscivo a sentire ninte, i rumori, attorno a me, erano ovattati, in testa avevo un solo obbiettivo.

Feci l'ormai familiare strada verso casa sua come in trance, bussai alla porta una, due, tre volte e quado venne ad aprirmi mi gettai tra le sue braccia. Non ero bianco e nero, non ero una macchia qualunque di inchiostro su una tela bianca, ero colori. Ero l'azzurro del suo occhio destro, ero il marrone del suo occhio sinistro, il rosa delle sue labbra, il platino dei suoi capelli, ero il candido rosato della sua pelle. Ed ero rosso, rosso come il fuoco che mi ardeva dentro mentre lui continuava a baciarmi con foga, stringendosi sempre più a me e togliendomi e togliendosi i vestiti. E poi tutti i colori esplosero dentro di me nell'istante in cui lui mi fece suo.

N.A.
questo e senz'altro il mio capitolo preferito.

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora