Amore?

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<<Albus?...>>
<<Alice...>>
<<Pensavo stessi male, io...sono felice che tu stia bene>>
Era una cosa tipica di Alice, essere gentile sempre e comunque, mai una parola fuori posto, mai una scortesia. Era sempre così dolce, ma sapevo, che dietro tanta dolcezza, c'era una ragazza forte che non si faceva mettere i piedi in testa. Mentre lei diceva "sono felice che tu stia bene" i suoi occhi dicevano "non mi prendere per il culo" e aveva ragione, meritava una spiegazione. Avrei voluto veramente dirle la verità, ma allora la tenevo nascosta anche a me stesso.

Lanciai un'occhiata a Gellert, leggevo nei suoi occhi prima confusione, ed infine rassegnazione.
Lo guardai, come se in qualche modo lui potesse aiutarmi, come se sapesse la risposta alla mia confusione, come se fosse lui la risposta.
Ignorò completamente il mio sguardo disperato e si congedò, dicendo solamente:
<<Io vado>>

Ma anche se era andato via, lo sentivo ancora. Era sempre con me, dal giorno del cimitero. Era nella mia testa quando pensavo, nelle mie narici quando sentivo il suo profumo tra i libri, nei miei occhi quando vedevo Alice. Era più forte di me, non riuscivo a pensare a lei senza pensare anche a lui.

<<Io...scusa per ieri...non sono stato bene>> lo dissi per spezzare il silenzio, la tipica scusa, "non stavo bene" ed era vero, non sarei mai stato bene intrappolato in quella vita, fatta di donne e feste. Non sarei mai stato bene vedendolo ballare con un'altra. Per la prima volta, ripensai a quella sera e mi chiesi se mi avessero visto correre nel labirinto, se avessero visto Gellert seguirmi, fu lei a darmi la risposta.
<<Meno male che Gellert, ti ha accompagnato a casa. A proposito come sta? Penny mi ha detto che era teso ieri sera>> Teso?! A me sembrava tutt'altro che teso!
<<Sta bene...ha detto che siete venute a trovarmi, ne sono felice, sto molto meglio. Merito di Batilda>> ora ero io che usavo la cortesia come armatura.

Alice si mise i capelli dietro le orecchie e dopo avermi salutato, andò via. Sembrava triste e delusa, ma non potevo farci niente, non potevo provare quello che lei provava per me.

Al ritorno, non passai a casa Bath, tornai direttamente a casa e mi stesi sul letto.

***

Dopo due ore, mi svegliai, avevo dormito vestito, e morivo di caldo. Scesi le scale, e al piano di sotto trovai Bathilda, comodamente seduta al nostro tavolo da pranzo. Di lui, nessuna traccia.
<<Albus, ti sei svegliato! Che ne diresti se la prossima settimana organizzassimo una cena con quelle due splendide ragazze. Alice e Penelope>>
Quando, Bathilda cominciava la frase con "che ne diresti" significava che aveva già deciso tutto.
Una cena? Quando era stato deciso? Gellert lo sapeva?
Come se mi avesse letto nel pensiero Bathilda disse:
<<Pensavo che Gellert ti avesse informato>>

Fino a quel momento avevo sperato che lui non ne fosse a conoscenza. Avevo sperato che Bathilda avesse organizzato questa cena anche alle sue spalle. Avevo sperato che fossimo nella stessa barca: due ragazzi che cercavano di fuggire dalle catene della società. Ma capii di essere solo.
Niente può essere paragonato al dolore e alla tristezza che provai nell'istante in cui il mio cuore si spezzò.

Non lo avevo previsto, ancora non sapevo neanche che il mio cuore fosse suo. Lo capii allora, capii che i miei sentimenti, la mia sanità mentale dipendevano da lui. Capii che avrebbe potuto farmi di tutto, amarmi o infliggermi tutto il dolore del mondo.
Non era la maledizione cruciatus la peggiore delle maledizioni, era l'amore.

Ma nonostante tutto, non sarei mai riuscito ad allontanarmi da lui. Con piacere quel pomeriggio, scoprii che anche lui, non voleva stare lontano da me.

Ero sdraiato sul letto, a riflettere sul futuro, a riflettere su ciò che era bene per gli altri. Facevo sempre così, il mio benessere personale era insignificante e lo avrei sacrificato per un bene superiore, la mia famiglia.

Sentii bussare alla porta. Era lui.

<<Al...ti avrei detto della cena, solo, stavi male ed eri così felice>> stavo male? Era davvero quella la carta che voleva giocare?
<<Tranquillo, sono sicuro che sarà una cena meravigliosa>> lo dissi con più fredezza e rigidità di quanto avessi mai fatto e lui lo notò. La sua espressione si rabbuiò e lui non fece niente per nasconderla.
<<Hai...hai intenzioni serie con Alice?>> questa era la cosa che mi spiazzava più di ogni altra, sembrava interessarsi alla mia vita, sembrava interessarsi per poi sembrare indifferente.
<<Io...non lo so>> mi aveva colto impreparato, non ero certo io che avevo organizzato la cena, non ero io che avevo ballato tutta la sera.
<<Credo che sarebbe la cosa migliore per tutti!>>continuai alzando la voce.
<<Migliore per chi? Per te?>> Che cosa gli prendeva, non aveva il diritto di interferire nelle mie decisioni, non aveva il diritto di fare finta che gli importasse.
<<Si, meglio anche per me. Alice è una ragazza stupenda, non potrei sperare in una moglie migliore di lei>> era la verità, avevo riflettuto e credevo davvero che Alice sarebbe stata in grado di rendermi felice, credevo addirittura che sarebbe stata in grado di levarmi Gellert dalla testa.

<<Ma tu la ami?>> Amore? Parlavamo di questo ora? No, di certo non era un argomento di cui mi andava di discutere con lui. Lui lesse la confusione nel mio sguardo, la stessa confusione che lui stesso causava. Si avvicinò di più. <<Al, meriti di essere felice, meriti di sposarti per amore. La ami?>>
<<Se la amo? Cosa è l'amore Gellert? Quello che provi per Penny lo è?>> rigirare le domande a mio favore era sempre stato il mio scudo.
<<Credo che l'amore sia quella cosa in grado di sconvolgerti la vita. Quella cosa in grado di rivoluzionare le tue idee e di mutatre la tua lista delle priorità. Credo che quando vieni investito da tale sentimento, tutto ciò che credevi certo, diventa mutabile. Credo che l'amore sia rabbia, paura, gioia e tristezza messe insieme ma che allo stesso tempo sia in grado di spazzarle via tutte. Credo che sia quel sentimento che ti spinge a fare cose stupide, cose che non avresti mai creduto di fare. E soprattutto credo che l'amore sia quella cosa che ti perseguita e ti consuma piano piano fino a renderti debole. Credo che l'amore sia debolezza. Noi esseri umani siamo deboli di natura e l'amore è la natura che ci ricorda che siamo esseri umani. Ci prende alla sprovvista e fa di noi ciò che vuole.>> Non sapevo cosa dire, non avrei mai potuto dire niente dopo quel discorso, non avrei mai potuto dire niente perché ogni parola sarebbe risultata insignificante. Nessuna parola avrebbe mai potuto significare quello che avrei veramente voluto fargli capire. Nessuna. Così stetti zitto.

Ci guardavamo, come se non importasse altro che ciò che pensava l'altro. Guardare in basso avrebbe significato essere in imbarazzo, distogliere lo sguardo sarebbe stata una tortura, così rimanemmo ancorati uno allo sguardo dell'altro.

Fu lui ad avvicinarsi per primo, io tremavo dalla testa ai piedi preso dall'agitazione e dall'ecitazione. A mezzo centimetro dalle mie labbra esitò e sussurrò:
<<Non provo quelle cose per Penelope>>
Un altro brivido mi percorse la schiena. Deglutii, ma non mi spostaii, sarei rimasto così, anche se non fosse sucesso niente. Sarei rimasto così nonostante quel mezzo centimetro fosse una distanza incomparabile, nonostante quella distanza fosse una tortura. Sarei rimasto lì anche solo per osservare i suoi occhi eterocromi scintillare di desiderio e il tremore delle sue labbra, anche solo per sentire il suo profumo.

Si avvicinò ancora di più e le sue labbra si posarono sulla mia guancia. Ricordo quanto quel gesto fosse sembrato dolce e pure allo stesso tempo mi fece sentire un idiota. Un idiota, perché avevo sperato in chissà che cosa.
Eppure avevo visto i suoi occhi, avevo visto ciò che provava.
Gli stessi occhi che prima mi avevano guardato come fossero in grado di sbranarmi erano ora delusi, feriti ed infine vuoti.

Quasi non mi accorsi di quando uscì dalla stanza.

N.A💕🖋
Eccomi con un nuovo capitolo!!!
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a quì.
Fatemi sapere se la storia vi piace

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora