preparativi

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La notte. L'ho sempre reputata affascinante. Ho sempre trovato sicurezza nella luna. Così come invece non l'ho trovata nel sole. Il sole splende ma la luna brilla. Il sole è gioioso ma la luna è saggia. Il sole è scontato mentre la luna è misteriosa. Quando tutto attorno e dentro di te è buio, la luna ti guida. Così come le stelle.

Per quanto amassi la notte, però, ciò che detestavo più di ogni altra cosa erano i sogni.

Non puoi decidere cosa sognare. Pensavo che se fossi riuscito a concentrarmi abastanza su una cosa, la sera, la notte l'avrei sognata. Ma ahimè non funziona così la magica arte dei sogni.
Durante il giorno puoi essere chi vuoi, nessuno si accontenta mai di ciò che è, tutti vogliono essere diversi da come sono. Come diceva Pirandello, tutti indossiamo delle maschere. E a quei tempi, soprattutto, avevamo le pareti tapezzate di maschere. Ma dopo un'intera giornata, passata a fingere di essere chi non si è, si sente tutta la pesantezza della maschera. Non si può andare a letto con la maschera. E quando te la levi dal viso, ti ritrovi solo con te stesso. I sogni non sono altro che la proiezione dei desideri, delle cose che tieni nascoste agli altri. Solo chi ha piena consapevolezza di sè, può avere piena consapevolezza dei sogni.

Io non ce l'avevo. Ero sempre stato il riflesso di ciò che gli altri vedevano in me. Secondo loro ero il bravo ragazzo studioso? Io lo diventavo. Non sapevo che altro fare. Ormai avevo dimenticato chi fosse davero Albus Silente. Ci è voluto Gellert per farmi riscoprire il vero me, Al.

Non ero però libero dalla maschera. Con lui la toglievo, e auguro davvero a tutti voi di incontrare qualcuno con cui liberarsi delle maschere. Ma anche se privo di maschere, non ero privo di segreti. Li tenevo nascosi a lui, li tenevo nascosti a me stesso.

E per questo, i sogni, come tutte le notti, erano incontrollabili. Vi erano due cose che mi tormentavano, passato e futuro.
C'erano notti in cui sognavo il gruppo di bulli che tormentava Ariana. Vedevo le loro espressioni cattive, la loro carne era verdastra e coperta di lividi scuri. Erano morti. Solo uno poteva vantare di essere ancora vivo. Il giorno in cui mio padre uccise quel gruppo di babbani, in mezzo a loro vi era anche un mago. Oliver Bloxam.
Puntavano il dito contro la nostra casa, contro di me. "Mostri, Assasini" continuavano ad urlare. E allora feci come faceva Ariana, mi tappai le orecchie e chiusi gli occhi. Il volume delle voci diminuì poco a poco e quando sparì del tutto riaprì gli occhi. Attorno a me era buio, avevo paura. Davanti a me si protesero della braccia, braccia muscolose, rigate da spesse vene. D'istinto afferai le mani che avevo davanti, lisce e pulite. Le strinsi, e chiusi gli occhi. Quando li riaprì vidi due occhi inconfondibili. Fù un lampo, subito sparirono, ma li riconobbi immediatamente. Uno cioccolato e uno ghiaccio.

Mi svegliai ansimando, mi alzai dal letto e mi diressi in bagno. Mi sciacquai la faccia. Poi mi guardai allo specchio e ancora stordito dal sonno vedetti i suoi occhi al posto dei miei. Sbattei le palpebre e tornarono entrambi marroni.

Scesi di sotto e trovai Ariana, già sveglia e piena di energia.
<<Buongiorno Albus>> fece un inchino. Non eravamo mai così formali. Poi ricordai: la festa.
La salutai con un cenno del capo, lo ritenne adatto perché sorrise.
Poi disse:
<<Bathilada, vuole che andiamo da lei a prepararci, potremo andare dopo pranzo. Purtroppo il povero Abeforth si è svegliato stamattina con un'atroce malditesta>> scoccai un'occhiata a mio fratello. Voleva mettermi alla prova.
<<Se alla signora Bath non dà fastidio la nostra presenza>>

Avevamo appena finito di sparecchiare, erano circa le tre del pomeriggio. Suonammo a casa Bath. Ad aprirci fu Batilda.
<<Era ora! Temevo vi foste scordati. Su veloci entrate, abbiamo poco tempo>> entrammo veloci, proprio come aveva detto lei.

<<Ari vai di sotto, ho preparato qualcosa per te. Albus, tesoro vai a chiamare Gellert, troverò qualcosa per entrambi>> salii le scale. Bussai. Lui venne ad aprire. Questa volta, era completamente vestito. Provai una punta di delusione e me ne vergognai immediatamente.

<<O no! è già ora?>>Il suo tono era scocciato ma sorrideva.
Io annuii, imitando la sua espressione. Chiuse la porta alle sue spalle. Mi afferrò il braccio e mi trascinò giù per le scale dove ci aspettava Bathilda. Sul divano erano stese due camicie. Una aveva le maniche leggermente a sbuffo, sopra, un gilet. L'altra, era accompagnata da una giacca. La prima era mia, la seconda di Gellert. Le afferammo poi risalimmo le scale.

Provavamo entrambi imbarazzo all'idea di cambiarci la camicia. Ma nessuno dei due aveva, però, intenzione di farlo vedere all'altro. Cercai di non guardarlo, lui però non si mise lo stesso problema. Sentivo formicolare, lì dove i suoi occhi mi guardavano. Alzai lo sguardo e nostri sguardi si incrociarono, con orgoglio notai che fu lui ad arrosire.

Avevo indossato la camicia, poi il gilet. Osservai lui e dopo quelle che sembravano ore finì di abbottonarsi tutti i bottoni. Poi venne la parte più difficile. Per lui Bathilda aveva pensato ad un bel foulard bianco. Abbottonai il gilet, alzai lo sguardo e trovai Gellert che faceva inutili tentativi con il fazzoletto. Allungai le mani incerto, lui mi lasciò fare. Afferrai le due estremità e l'annodai come mi aveva insegnato mio padre molto tempo prima. Lui aveva gli occhi fissi sulle mie dita. Poi strinsi leggermente. Le mia dita indugiarono un ancora sul suo petto. Lui me le afferrò, le spostò ma non le lasciò, mi tenne per mano e mi guidò verso lo specchio. Ci guardarmmo. Eravamo oggettivamente belli, Gellert sopratutto.
<<Le ragazze faranno la fila>> mi pentii immediatamente, lui trasalì, e lasciò la mia mano.

<<Albus, Gellert, avete finito?>>
<<Si, arriviamo>>
Scendemmo le scale, Bathilda ci guardò soddisfatta poi disse
<<Ecco a voi, la magnifica Ariana Silente>> non ero pronto, non ero pronto. Ariana era splendida, indossava uno splendido abito celeste, sembrava antico ma era ugualmente bello, il corpetto era più chiaro, mentre la gonna, era di tutti i toni dell'azzuro. Aveva un leggero ombretto dello stesso colore. Le sue labbra rosate. Era raggiante. Sorrideva, a me, ma sorrideva anche a Gellert.

Provai una punta di gelosia anche se  non so tuttora, nei confronti di chi.

Avanzai, verso Ari, le presi una mano e le feci fare una giravolta, lei era felicissima. Bathilda, frugò un attimo in un cassetto ed estrasse una macchina fotografica. CRAK ci fece una foto.

<<Era ora! non vedevo l'ora di provare questo aggeggio, su forza, facciamo qualche foto in giardino>> prese Ariana a bracetto e si diresse in giardino.
Io e Gellert le seguimmo.

Fece un'altra foto a me e Ari, poi anche con Gellert, tra pose e facce strane ne facemmo una ventina. Poi Ari disse che voleva provare anche lei. La macchina fotografica era incredibilmente grande.
Io e Gellert ci mettemmo uno affianco all'altro, lui leggermente più indietro.
Le nostre facce erano serie. Ari ci fece segno di avvicinarci, feci un passo verso di lui, le nostre mani si sfioravano involontariamente, alzai lo sguardo verso di lui, lui fece lo stesso. I suoi occhi brillavano di qualcosa alla quale allora non seppi dare un nome. Poi i nostri occhi si abbassarono sulle nostre dita. Lui allungò l'indice verso la mia mano, io rabrividi, questo bastò per farmi rendere conto della presenza di Ari. Mi allontanai e lui fece lo stesso.
Anni dopo rividi quelle foto e vidi allora come ci guardavamo. Se ce ne fossimo accorti, se ce ne fossimo accorti prima, avremo avuto più tempo per noi.

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora