cena 1/2

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Erano passati sette giorni, sette giorni in cui l'unico obbiettivo era arrivare vivo alla sera. Sette giorni in cui la mia vita era scandita dalle stupide azioni di routine, alzarsi, vestirsi, mangiare e dormire. Sette giorni senza senso, sette giorni senza Gellert.

Erano passati sette giorni da quello che io chiamavo "il nostro momento". Da allora non mi aveva più cercato e io nemmeno. Ero andato a casa sua, qualche giorno prima, ma lui non era in casa. Sospettavo che lo facesse apposta, sapeva cosa amavo fare, sapeva i luoghi che visitavo durante il giorno e ne stava alla larga. Io non mi lamentavo, non vederlo era insopportabile ma rincontrarlo e rivedere la stessa espressione di sette giorni prima sarebbe stata una pugnalata al petto.

Sapevo tuttavia di non poter scampare a tale delitto, avrei dovuto partecipare a quella dannata cena, avrei dovuto comportarmi come una persona normale. Avrei dovuto far finta di niente, mi sarei dovuto comportare come sempre. Dovevo essere il migliore amico di Gellert, magari il possibile testimone non di certo il possibile amante.

Quella sera lo avrei rivisto, l'avrei rivisto vestito di tutto punto per accogliere la sua spasimante per la quale mi aveva confidato di non provare niente. E avrei rivisto anche Alice non che fosse qualcosa di inaspettato, da quando non vedevo più Gellert avevo molto tempo libero e amavo passarlo con Alice o con Ariana, talvolta anche insieme, erano diventate Ali e Ari, ma in due non avrebbero mai potuto riempire  il vuoto lasciato da Gel.

Tra me e Alice non era mai sucesso niente di lontanamente romantico, eravamo due amici che si divertivano insieme. Agli occhi degli altri però non era così ed ero sicuro che dopo la cena di quella sera i pettegolezzi sarebbero volati come proiettili senza controllo colpendo Ali e me.

E ora ero lì, vestito come alla festa di Penny, in ansia come se mi fossi dovuto esibire. In un certo senso era così, avrei dovuto interpretare un ruolo, avrei dovuto essere felice e collaborativo verso il matrimonio del mio amico. Una sola battuta sbagliata e avrei mandato all'aria lo spettacolo, il matrimonio. Bathilda non me lo avrebbe mai perdonato.

Ma non ero l'unico, Gellert era il miglior attore che avessi mai visto, non si faceva problemi a fingere con Penelope o con me. Era così bravo che ancora non avevo capito con chi dei due fingesse.
Se era con me che fingeva allora il "nostro momento" sarebbe stato intenso solo per me.
Ma se era con Pennelope che fingeva allora sicuramente si era pentito.
In entrambi i casi, sarebbe stato imbarazzante.

<<Albus muoviti! Arriverai in ritardo!>> La voce di Ari mi risvegliò dai miei pensieri, avevo preso in considerazione di fingermi malato, ma Ariana avrebbe scoperto il mio inganno e non volevo dover dare spiegazioni.
<<Arrivoooo!>>

Ari mi accompagnò fino alla porta e da lì arrivai da solo fino a casa Bath. Ad aprirmi fu Batilda.
<<Albus caro, ben arrivato, non ti vedo da un pezzo. Problemi con Ariana?>> era ovvio che si sarebbe insospettita, io e Gellert eravamo inseparabili e da un momento all'altro non potevamo neanche incontrarci.
<<Tutto bene a casa. Sono stato impegnato>>
<<Non è che mio n...>>
<<E tutto ok>>
Lei annuì e mi fece entrare.

Penelope era già arrivata e si era già accomodata sul divano, accanto a lei Gellert sorrideva raccontandogli qualcosa. Appena mi vide si zittì all'istante, i suoi occhi si spensero e il sorriso sparì. Ed eccola là, l'espressione che aveva regnato nei miei incubi le 6 notti precedenti.
Fu Penelope a interrompere il momento.
<<Albus, parlavamo proprio di te, Gellert mi raccontava di quando...>>
Sentì bussare alla porta
<<Albus, deve essere Alice, vai ad aprire perfavore>> feci come detto da Bathilda.

Lei era splendida, indossava uno splendido vestito rosa che si intonava perfettamente con i suoi capelli neri.
La scollatura era  profonda, ma non esageratamente provocante, non mi faceva nessun effetto.
A farmi effetto era invece l'abbigliamento di Gellert, era coperta dalla giacca ma avrei potuto giurare che quella che portava era la MIA camicia, quella che gli avevo dato il giorno che pioveva. Stronzo ipocrita, aveva indossato la mia camicia proprio a quella cena, sentii la rabbia montare dentro di me, l'avrei volentieri preso a pugni, o baciato davanti a tutti.

<<Al, mi fai entrare?>> come mi aveva chiamato? No no no, non avrei sopportato sentirmi chiamare così da lei.
<<Ad Albus non piacciono i soprannomi, dovresti saperlo>> solo ora mi accorsi della sua presenza dietro di me. Cosa stava facendo? Io non facevo scenate di gelosia davanti a Pen!
<<scusa>> mi guardò e nel suoi occhi vidi che le scuse, non erano dettate dal vero rimorso, ma dalla fredezza del tono di Gellert.

<<Ali!>> ed eccola lì, Penelope, che correva ad abbracciare l'amica. Altro che la scollatura di Alice, quella di Pen era al limite della decenza.
<<ma che ci facciamo tutti all'ingresso?>> rise con gusto dopo essersi stacata da Alice. Vedendo che nessuno rideva, prese il braccio di Gellert e disse:
<<Dai Gel, torniamo in salotto...>>
<<Ti ho detto decine di volte di non chiamarmi così!>>non potei fare a meno di sorridere.

Presi a bracetto Alice e la condussi in salotto. Gellert e Penole ci seguirono.
Ci accomodammo tutti e quattro sul divano, Alice e Penny ai bordi e io e Gellert al centro. Il divano era grande, ma le gonne delle due ragazze erano voluminose e costringevano me e Gellert a stringerci. I nostri corpi si toccavano ed entrambi evitavamo di guardarci.

Fu Alice ad iniziare la conversazione.
<<Come vi siete conosciuti?>> chiese.
Non avevo nessuna voglia di ricordare ciò che eravamo prima, ma entrambe le ragazze erano decise a sentire la storia.
Sentii il suo sguardo spostarsi su di me, ma non avevo la forza di guardarlo negli occhi.
<<...eravamo al cimitero, ho qualche parente lì, era mattina presto, non c'era nessuno apparte lui. Quando arrivò ero già lì, dapprima lo ignorai ma poi lo rividi intento a guardarmi. Fu allora che lo riconobbi, mia zia me l'aveva descritto, non poteva che essere lui, capelli rossicci e ribelli e occhi azzurri da perdere il fiato. "Tu sei Albus Silente giusto?" Gli chiesi. Lui all'inizio era un po' incerto ma poi mi chiese se ero il pronipote di Batilda e allora capii che mia zia gli aveva parlato di me. Facemmo qualche battuta su Godric's Hollow e mi portò a fare un giro, ricordo di aver pensato di non aver mai incontrato nessuno di così gentile.>> io non intervenni, rimasi con gli occhi fissi sul pavimento mentre lui parlava del nostro primo incontro come un ricordo che nonostante facesse male ricordare avrebbe tenuto per sempre.

Finita la storiella, come la definì Bathilda ci alzammo per sederci a tavola, solo allora alzai gli occhi su di lui e come un lampo, vidi il suo vero sguardo ed era distrutto, tanto quanto il mio.

Ovviamente a tavola eravamo seduti vicini e le ragazze difronte a noi. Le sedie erano comode, proprio come l'ultima volta che ero stato a cena lì, ma l'atmosfera era più tesa, lo percepivano tutti.

Non sarebbe stata una piacevole e tranquilla cena, fu chiaro appena ci guardammo negli occhi.

Grindeldore: I Tuoi Occhi Nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora