Estratto n. 10

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04 novembre 2015


«Hanna! Porca miseria, un po' di tatto! Sono solo le otto di mattina».

Katy la invitò inutilmente a darsi un contegno dopo averla sentita affibbiare a Karter una serie di insulti in rigoroso ordine alfabetico.

«Si è comportato da stronzo. Adopererò il tatto sulla sua faccia quando tornerà strisciando. Perché lo farà, Nora. Stanne certa!» e mi puntò contro un dito.

Per un attimo mi sollevò il pensiero che Karter sarebbe tornato davvero. Mi feci un breve film mentale in cui lui si faceva trovare sul campo e si scusava per avermi scaricato via messaggio.

Fu solo un attimo.

«Sarà anche uno stronzo, ma lo conosco e non sarebbe mai sparito così, con un SMS» risposi scocciata, recuperando la tracolla e riempiendola con il necessario per le lezioni.

«E se avesse una famiglia di cui ti ha tenuto all'oscuro?» ipotizzò Katy leggendo sullo schermo dello smartphone. «Si stima che il 60% dei trentenni americani di sesso maschile abbia già un divorzio alle spalle e almeno un figlio».

Non Karter. Non lui. Non era possibile, come non lo era che non fosse né tornato a Princeton né ricoverato in qualche ospedale.

«Wow, hai visto troppi thriller, Nora» commentò Hanna dopo che confessai i miei timori. «Sembri quella nonnina che porta sfiga. Quella scrittrice...»

Guardò verso l'alto mordendosi un labbro e sbattendo a terra la suola della scarpa.

«La Fletcher, la signora in giallo?» caldeggiò Katy.

«Proprio lei!» gridò schioccando le dita.

Esatto, mi aveva dato della vecchia iettatrice senza sapere che la adoravo e che Doukas mi prendeva in giro per questo.

Hanna e il suo tatto parte due. Fortunatamente Katy non le diede ulteriore corda e avanzò un'altra ipotesi inaccettabile. «Ti è passato per la testa che si sia semplicemente pentito di averti baciato e ora non voglia farsi trovare?».

Roteai gli occhi chiudendo la borsa e lei continuò imperterrita.

«Hai provato a controllare sui social?» domandò e io sbuffai, infastidita da una domanda tanto ovvia.

Non aveva alcun account. Ammiravo la sua scelta di privacy, ma in quel momento avrei preferito il contrario. Mi sarebbe stato più facile rintracciare altre persone che potessero conoscerlo.

«È strano forte... chi sta senza social network oggigiorno?» domandò, immagino retoricamente, Katy

«I serial killer e gli hippie strafatti di funghetti». Hanna stava dando il meglio di sé.

Arrivai alla conclusione che non aveva alcun senso continuare a parlare con loro di Karter e il suo comportamento anomalo. Per loro era l'ennesimo ragazzo deludente, per me no. Stavamo parlando di Karter, un ragazzo dolce e ligio al dovere, uno di quelli che non escono senza avvisare. Inoltre, avrebbe potuto lasciare me ma non avrebbe certo rischiato il suo posto di lavoro a Princeton.

Uscimmo dalla stanza e ci incamminammo verso le rispettive lezioni. Hanna non si fece fermare dal mio atteggiamento restio alla chiacchiera e, dopo aver sorseggiato il suo frullato, riprese a comportarsi come se nulla fosse.

«E tuo fratello?» si rivolse a me. «Ti ha detto perché non ha scelto me a Halloween? Ho dovuto accontentarmi di quel tizio... come si chiama?».

«Bernard?» nemmeno io ricordavo il suo nome. «Ho visto Jay puntarti».

Ne ero certa. Avevo visto Jacob travestito da Freddy Kruger scattare per accaparrarsi le labbra piene di filler di Hanna.

«Beh, non era lui sotto la maschera» ribatté mentre io corrugai la fronte.

Possibile che mi fossi sbagliata?

«Vorresti farmi credere che non ne avete parlato?» incalzò incessante. Scossi la testa poiché non lo vedevo da quella sera.

«Si è preso una sbronza epocale, credo. Sabato pomeriggio biascicava al telefono implorando per un flacone di aspirine e domenica sembrava sotto sedativi. Poi, tra lezioni e allenamenti, non siamo riusciti a vederci» spiegai.

Ad Hanna non piacque la mia risposta. La sua aspettativa riguardo al fatto che mio fratello potesse parlarmi di lei era palese.

Illusa.

Jay usava le ragazze. Non era un donnaiolo, ma nemmeno un santo. Non aveva mai avuto una relazione oltre il quarto appuntamento. Se non fossi stata sua sorella, avrei detto di essere io la sua ragazza visto che ero la sua relazione più duratura.

Camminai a sguardo basso e uno spintone di Katy mi fece trasalire.

«Com'è che tu non racconti nulla? Chi ti ha mangiato la lingua?» domandò maliziosa, alludendo alla festa.

«Nessuno». Risposi d'istinto.

«E questo nessuno si chiama inizia per "D" e finisce con "oukas"?»

«Non dire fesserie, Katy. Lo hanno visto con una Britney Spears fuori da camera sua» si intromise Hanna.

Non potei credere alle mie orecchie.

«E chi era?» chiesi cercando di trattenere le emozioni discordanti che mi soffocavano la bocca dello stomaco.

«Non saprei, era truccata come un puttanone... Chiedi a Doukas, no?» rispose Hanna sorseggiando il fondo del frullato.

La campanella risuonò nei corridoi.

Alle 08:15 di mercoledì quattro novembre Doukas aveva indirettamente lanciato il guanto di sfida dritto sulla mia faccia... Tuttavia, ben presto sarei stata colpita da qualcosa di gran lunga peggiore.

Se solo avessi saputo. Se solo avessi capito...

NANA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora