Trascrizione audio n. 35/2106

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17 novembre 2015

Tardo pomeriggio

Dall'interrogatorio di Eloyse Marshall presso la stazione di polizia di Trenton.


«Ci parli di sua figlia, signora Marshall. Ha mai sofferto di qualche disturbo?»

«Nora? No». Eloyse lasciò trapelare offesa e turbamento nello scuotere freneticamente la testa.

«Nora era il mio fiore più bello. Sono sempre stata appassionata di fiori. Un giorno la portai al parco Rockefeller. Ne visitammo anche la serra e lei fu immotivatamente e irrimediabilmente attratta da alcuni magnifici esemplari di pervinca del Madagascar.

Mi chiese cosa li rendesse così belli e perché avessero un nastro delimitante l'area attorno a essi. Le dissi che quei fiori erano tanto belli quanto velenosi e allucinogeni. Lei non conosceva ancora il significato della parola, così le spiegai in modo semplice che avevano effetti negativi sul corpo di chi li toccava e di conseguenza ingeriva parte delle loro sostanze chimiche.

Nora li annusò e con l'innocenza tipica dei bambini disse che non mi credeva. Non concepiva l'idea che qualcosa di così bello potesse anche essere nocivo. Non credeva fosse possibile.

Quando entrò a Yale mi chiamò per dirmi che anche lì c'erano. Mi raccontò dello sviluppo verticale ideato dai giardinieri per creare dei rigogliosi cespugli. Ne era estasiata».

La signora Marshall si fermò persa nei ricordi di quella giornata e di ciò che era appena accaduto.

«La mia Nora» sospirò sull'orlo del pianto.

«Ha mai mostrato segnali di un'indole violenta? Ha mai avuto scatti d'ira?»

«Mai. Nora non ha mai avuto bisogno della violenza. Lei è sempre stata ricoperta di attenzioni. Era la più piccola dell'intera famiglia Marshall e tutti la viziavano. Crescendo capì che il modo migliore per ottenere ciò che voleva non era urlare e scalciare. Capì che le bastava parlare e fare gli occhi languidi. A volte otteneva persino ciò che desiderava restando in silenzio. Nel corso degli anni, soprattutto nell'adolescenza, affinò il suo linguaggio e la sua tecnica di persuasione. Riuscì a farsi regalare un auto da suo padre all'età di quindici anni, senza nemmeno avere la patente.

A volte mi spaventava per questa sua abilità, ma pensai sempre che sarebbe stata un ottimo avvocato. D'altra parte era riuscita a convincere Patrick Marshall, l'avvocato penalista degli assassini. Lo chiamate così nel vostro ambiente, giusto?».

Il Detective Ross inspirò rumorosamente di fronte a quella provocazione. «Suo marito sapeva di sua figlia e Karter Johnson?»

«Lo aveva scoperto grazie a degli investigatori».

«Intendo se sapeva che Karter Johnson era allenatore a Princeton, la stessa università che frequentava Eleonora» precisò.

La signora Marshall sembrò cadere dal pero: «Io non ne avevo idea. Nora non lo ha mai nominato».

«E che aveva una relazione con sua figlia? Ci hanno riferito che hanno avuto un momento un po' intimo in mezzo al cortile».

Silenzio.
A smuovere l'aria c'era solo il mento tremante di Eloyse. Nemmeno le ciglia avevano il coraggio di muoversi, come se potessero provocare un uragano dall'altra parte del mondo tanto dal dolore che trattenevano.

La signora Marshall accennò una negazione con il capo, comprendendo il perché della chiamata ricevuta da Nora in cui si lamentava dell'iperprotettività del fratello.

«Mi descrive, ora, il rapporto tra Eleonora e Jacob?»

«Erano inseparabili. Lui la adorava e lei faceva lo stesso».

Al termine dell'interrogatorio, il detective Ross ordinò all'agente vicino alla porta di accompagnare la signora Marshall a casa. Quando se ne andarono, si allungò sulla sedia e una donna entrò nella stanza.

«Hai visto tutto?» le chiese stiracchiandosi.

«Sì» rispose. Lei era dietro lo specchio a una via ogni volta, per assistere a tutti gli interrogatori che conduceva il detective Ross.

«Che idea ti sei fatta?». Ross aveva già una sua idea, ma voleva capire se la detective Costa fosse davvero così in gamba come la descrivevano.

«Che nasconde qualcosa. Ha risposto senza nemmeno chiedere di poter visionare il fascicolo di sua figlia. Alla domanda riguardo agli scatti d'ira ha persino dato alla figlia della manipolatrice».

«Quindi qual è il prossimo passo?»

«Ci sto ancora pensando, detective Ross. Se sbagliamo, saremo noi a essere sottoposti a interrogatorio e Patrick Marshall farà in modo di farci licenziare».

«Cosa pensi di Doukas Stawks?» chiese, cercando di farle vagliare tutte le possibili spiegazioni alla scomparsa di Karter Johnson.

«Penso che sia davvero innamorato di Eleonora e credo che sia capace di causare la dipartita di un rivale amoroso. Senza Johnson avrebbe avuto la strada spianata».

«Allora direi di interrogare l'amante delle pervinche» suggerì Ross sollevando la testa.

«Eleonora Marshall? È azzardato» lo redarguì.

«Non se siamo fortunati e troviamo un cadavere».

«Invio un avviso di arruolamento nelle città limitrofe per la ricerca».

Il telefono del detective Ross squillò. Vedendo il numero sullo schermo, rispose subito alla chiamata. Corrugò la fronte e sbatté con forza il pugno sul tavolo. La chiamata era durata sessanta secondi in tutto e il detective non aveva detto nemmeno una parola.

«Abbiamo un cadavere».

«Siamo già sicuri che sia il nostro uomo?» chiese l'apprendista detective Costa, una donna affatto attraente ma con finissime abilità investigative.

«La moglie sta andando lì per il riconoscimento. Prendi le tue cose, Costa. Vieni con me a East Rock».

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