Prova non ammissibile

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Poiché registrata tramite apparecchi elettronici non autorizzati, lo stato del Texas non considera valida né attendibile la seguente trascrizione presentata a carico della sospettata Eleonora Marshall.

Dal colloquio con Patrick Marshall.

09 dicembre 2015


La notte del nove dicembre, Doukas Stawks varcò la soglia di villa Marshall senza suonare il campanello.

«Buonasera, signor Marshall». La voce baritonale e leggermente roca del ragazzo era inconfondibile, nonostante la sua presenza fosse occultata dalla penombra.

«Ciao, Stawks. Grazie di essere venuto subito».

Gli feci cenno di accomodarsi sulla panca di roccia del giardino sul retro. Lo avevo aspettato lì, nell'angolo più nascosto della casa, nonché il suo posto preferito. Da piccolo andava sempre su quella panca per studiare e, quando iniziò a fumare, divenne la sua area fumatori. Non ero suo padre, ma cercai comunque di farlo smettere. Ovviamente, non mi ascoltò e patteggiammo.

Lui non avrebbe fumato davanti a Nora e io non lo avrei sbattuto fuori di casa.

«Quanto è grave la situazione per Nora?» domandò, strofinandosi le mani sui jeans dopo essersi accomodato.

«Parecchio, ma sono riuscito a non farla riportare a New Haven. Rimarrà libera, per ora» e ne ero felice.

Se fosse tornata là, i detective l'avrebbero trattenuta e, a furia di interrogatori e domande tendenziose, sarebbero riusciti a estorcerle informazioni di natura ambigua, che poi loro stessi avrebbero tramutato in prove. Nora si sarebbe incolpata da sola e non lo avrei mai permesso.

«Non avevo dubbi».

Stawks sogghignò, sfilando il suo pacchetto di Davidoff dalla tasca.

«Vuole una sigaretta?» chiese portandosene una alla bocca.

Non fumavo da ventidue anni e mi ricordai di tutte le ramanzine che gli avevo fatto, ma quella sera fu una tentazione troppo forte.

Annuii.

«Nora vuole partire per il Texas» dissi godendo del primo tiro a pieni polmoni.

«Porca puttana» disse sbuffando fuori il fumo. Aveva capito cosa significasse.

«E io non posso impedirle di andarci o si insospettirà ancora di più» aggiunsi e Doukas mi guardò perplesso, chiedendo spiegazioni con lo sguardo. «Specialmente dopo che sono riuscito a ottenere i permessi per farle lasciare la città».

Sapeva anche lui che Nora non era mai stata una persona che molla la presa. Se sentiva puzza di segreto, di intrigo o mistero, diventava come un rottweiler con il suo osso. Bisognava giocare d'astuzia e nascondere i segreti alla luce del sole. Solo così non avrebbe ficcato il naso ovunque.

«Credo abbia sentito me ed Eloyse parlarne» continuai, ammettendo il mio sbaglio da principiante.

Seguirono alcuni attimi di silenzio rotti solo dal rumore del tabacco che si consumava insieme alla sottile carta della sigaretta.

«Quando devo partire?»

Doukas era un ragazzo molto sveglio e amava Nora. Sapeva quello che doveva fare e anche che era rischioso, ma non l'avrebbe mai lasciata. Nemmeno in tutti gli anni in cui non si erano parlati l'aveva lasciata. Chiedeva sempre di lei, andava a vedere le sue gare camuffandosi tra la folla e si premurava di ordinare sempre la sua torta preferita.

Il tutto pensando che io non ne fossi al corrente.

Non riceveva nulla in cambio, eppure faceva tutte quelle piccole cose a cui nemmeno suo fratello pensava.

Doukas la amava davvero e la trattava come se fosse la cosa più preziosa che lui potesse avere nella sua vita disgraziata.

«Agli inizi di gennaio. Passerai le vacanze con noi. Ti farò sistemare la dépendance degli ospiti entro le vacanze. Quando arriverai, niente rumore e niente contatti con Nora o Jacob fino alla vigilia. Dovrà sembrare che tu non sia qui. Tutto chiaro?».

«Certo».

La conversazione durò quanto la sigaretta. Una volta gettato ciò che ne restava, Doukas si dileguò tra le siepi.

E così come era venuto se ne andò.

Quel ragazzo aveva scoperto da tempo la verità, poco dopo il quindicesimo compleanno di Nora. Comprai il suo silenzio con una buona istruzione, un ottimo college, abiti costosi e qualsiasi apparecchio elettronico volesse. Gli offrii, inoltre, ospitalità e un certificato di affido.

Avrebbe accettato la proposta di Eloyse a prescindere da tutto quello, ma con degli incentivi sarebbe stato certamente più motivato a non rompere la promessa.

Io ed Eloyse abbiamo fatto di tutto per loro, i nostri figli, il sangue del nostro sangue.

La famiglia è tutto, viene prima di tutto, e questo è da sempre stato il motto dei Marshall. Mio padre, sul letto di morte, si premurò che lo mettessi in pratica.

Pace all'anima sua.

Non potevamo rinunciare a nessuno dei nostri figli e facemmo tutto il necessario, compreso mentire.

Mentimmo a chiunque, persino a noi stessi.

Scusami, Nora, perdonami.

NANA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora