18 novembre 2015
Dopo una nottata in viaggio, Ross e Costa tornarono nel Connecticut, a East Rock.
La moglie di Karter Johnson aveva riconosciuto il corpo tra grida di disperazione e singhiozzi irrefrenabili. L'avevano dovuta allontanare con la forza e un agente aveva provveduto poi a riaccompagnarla a casa, rimanendo a sorvegliarla fino all'arrivo della sorella.
Il cadavere di Karter Johnson era stato ritrovato nel fiume che percorre East Rock, cittadina a pochi chilometri da New Haven.
"Un corpo mummificato riemerso da Atlantide" fu la segnalazione arrivata da un senzatetto, a cui mancava qualche lunedì. Ad ascoltarlo per primi erano stati alcuni agenti di ronda. Era stata quella la bizzarra storiella con cui i detective erano stati accolti nell'obitorio di East Rock.
«Clive!» urlò Ross, seguito dalla sua fedele apprendista.
L'uomo, che indossava il camice monouso azzurro e gli occhiali spessi, si voltò e riconobbe il suo ormai vecchio amico, comparso all'inizio del corridoio appena fuori dall'ascensore.
Le luci al neon evidenziavano qualsiasi difetto, comprese le rughe che iniziavano a formarsi sul viso del detective. Lavorava e pensava troppo, ecco il perché di quei solchi verticali tra le sopracciglia e quelli orizzontali sulla fronte.
«Oh, Ross! Ti ostini a incarnare alla perfezione lo stereotipo dell'investigatore».
Ed era proprio vero: un bicchiere da asporto traboccante di caffè, un trench colore cammello e capelli arruffati. Non aveva cura di sé da quando la moglie aveva chiesto il divorzio.
Il Detective Ivan Lewis Ross era un cliché.
Forse perché aveva visto troppe puntate del Tenente Colombo, o forse perché credeva che la divisa alla Walker Texas Ranger non gli avrebbe donato. Fatto sta che viveva di caffè e cibo spazzatura, del quale nascondeva gli effetti sotto una camicia stropicciata e leggermente larga.
«È dura, ma qualcuno deve pur farlo» rispose, mentre faceva cenno a Costa di seguirlo.
Con un abbraccio frettoloso e una leggera pacca sulla schiena, i convenevoli terminarono e si passò subito al dunque.
«Dimmi cos'hai scoperto» non fu una domanda. Non aveva bisogno di sapere se Clive Wilson avesse scoperto qualcosa, quello era certo. Si trattava di capire cosa.
Entrarono in sala settoria e l'odore pungente invase le narici del Detective Costa causandole un conato di vomito.
«Ti ci abituerai.» Clive rise. Prese un barattolo dal suo armadietto sopra il PC e lo porse a Costa. «Mettilo sotto il naso, aiuta».
Ross scoppiò in un risolino beffardo, sorvolando sul particolare che anche lui aveva reagito così alla sua prima autopsia.
Il dottor Wilson prese una cartelletta, verificò il numero della cella e poi ne estrasse il cadavere. Era chiuso in una busta di plastica, circostanza che non si verificava per tutti i cadaveri.
«Non è facile maneggiare organi quasi liquefatti. Se dovete vomitare, prendete il cestino con il sacchetto di plastica, non quello di alluminio forato».
Costa non si era ancora ripresa dal conato precedente e si affrettò a impossessarsene, pur mantenendo le distanze dal cadavere sul tavolo d'acciaio.
«L'arteria femorale è stata recisa con una lama ricurva infilzata con molta violenza, vedi il livido attorno alla ferita?. La larghezza della ferita farebbe escludere la possibilità di un serramanico. Chiunque lo abbia aggredito, sapeva il fatto suo.
Oltre alla ferita, ha subito un trauma al cranio. A giudicare dal danno riportato, direi che era qualcosa di pesante ma per nulla affilato o spigoloso».
«E quale sarebbe la causa del decesso?» chiede Ross con tono incalzante.
«Nessuno dei due traumi». La risposta del patologo sbigottì entrambi gli investigatori.
«Abbiamo riscontrato la presenza di acqua nei polmoni» continuò Clive, indicando loro di guardare all'interno del campione prelevato dal cadavere.
«Karter Johnson è morto annegato».
«Mi stai dicendo che era ancora vivo quando è stato buttato in acqua?».
Il detective ne aveva viste di tutti i colori, ma rimaneva ancora turbato di fronte alla crudeltà umana.
«Esatto. Probabilmente è rimasto incosciente per il colpo alla tempia e per la quantità di sangue persa. Ma c'è un'altra cosa molto interessante».
Il dottor Wilson si spostò e attirò l'attenzione dei detective. Dal ripiano della scrivania estrasse dei fogli su cui era appiccicato un post it arancione con la scritta '' Ivan''.
«Dall'esame tossicologico è risultata presenza di vincristina, vinblastina e vindesina. La cosa strana è che in qualche modo non sono entrate in circolo. Sono, infatti, presenti solo nella ferita alla gamba. Nel sangue prelevato dal braccio e dal collo non ve n'è alcuna traccia», puntualizzò, mostrando gli esiti consegnati dal laboratorio.
«Sembra una contaminazione da contatto perché la recisione di un'arteria non ne ha consentito la messa in circolo».
«Vin... Che sostanze sono? Una nuova droga?».
«Ho già fatto il lavoro al posto tuo» sbuffò Clive, come offeso dalla sottostima da parte di Ross.
«Si tratta di veleno di pervinca. Sono sostanze che, se ingerite o se come in questo caso entrano in contatto con liquidi biologici, possono causare tossicità sistemica con sintomi che vanno da lievi crampi addominali fino a complicazioni cardiache».
«In sintesi, è stato ferito, colpito alla testa, avvelenato e infine gettato vivo in acqua e lasciato annegare» disse Ross, lanciando gli esami sul carrello degli strumenti per poi ingoiare rumorosamente qualche sorso di caffè.
«Terribile, ma purtroppo è esatto. E niente battute scomode su Rasputin, ci hanno già pensato i miei assistenti».
Ross aggrottò la fronte e iniziò a pensare. Clive lo capì perché il detective stringeva le labbra e si mordeva una pellicina quando era sul punto di ipotizzare il colpevole o la dinamica del delitto.
«Poniamo il caso: una ragazzina di un metro e settanta sarebbe stata in grado di spostarlo?».
«Direi proprio di no, a meno che non sia una di quelle fissate con il fitness o abbia avuto un complice».
«Ma se fosse un'atleta, molto arrabbiata e motivata, avrebbe avuto la forza di farlo. Ma come?».
«Io ho fatto la mia parte, il come e il chi spetta a voi» commentò il patologo gettando via i guanti in lattice e lavandosene le mani, letteralmente. Non si sarebbe preso la responsabilità di quella risposta.
Il Detective Ross agitò l'indice come a dire hai ragione.
La suoneria dell'antiquato BlackBerry riecheggiò nella sala settoria. «Ross» rispose identificandosi, come se dall'altra parte del telefono non sapessero chi avrebbe risposto.
«Detective, abbiamo una pista. Un filmato del Colton Heaven Hotel mostra Eleonora Marshall entrare alle 15:04 del venerdì 30 ottobre».
Ross fece un breve ragionamento e sfoderò dalla tasca il taccuino di pelle nera, girò alcune pagine e ne lesse una.
Lo richiuse con un gesto secco e si voltò di scatto verso l'anatomopatologo.
«Clive, dimmi quando è morto».
«Presumibilmente tra il trenta ottobre e il tre novembre. Non posso essere più preciso per colpa del deterioramento alterato dall'acqua».
Per il detective era sufficiente: avevano un possibile movente, una possibile indiziata, ma non un luogo del delitto. Per il momento.
«Costa, vai a ritirare la busta degli effetti personali ritrovati sul cadavere. Li analizzeremo a New Haven».
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NANA.
Misterio / Suspenso🏆WATTYS 2022 mistero/thriller «Ho sempre amato tutto di lei. Anche ciò che non comprendevo. Avrei voluto amarla più a lungo, avrei voluto fare amicizia con i suoi demoni molto prima». Lei era solo una bambina quando incontrò il diavolo per la prima...