Dichiarazione scritta pt. 2

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Avevo una relazione con Karter Johnson.

Lo conobbi in un bar e poco dopo divenne il mio preparatore atletico, passò qualche settimana e venne assunto da mio padre, tramite regolare contratto, come mio allenatore privato.

Ero al corrente che avesse una famiglia ma continuai lo stesso a frequentarlo.

Ne ero i̶n̶n̶a̶m̶o̶r̶a̶t̶a̶ ossessionata al punto che avrei rinunciato a Yale, il sogno e l'obbligo di ogni Marshall, per lui.

Era dolce, premuroso e sempre gentile, ma non potevo sopportare di saperlo tornare a casa da sua moglie dopo aver fatto l'amore con me.

Al solo pensiero che avrebbero condiviso il letto, mi ribolliva il sangue. Lui era mio, solo mio.

Il ventinove ottobre arrivò a Yale e pensai che volesse lasciare sua moglie, per stare con me.

Subito dopo la gara, mi baciò davanti a tutti e io me ne convinsi.

Ecco perché il pomeriggio successivo, dopo essere passata al negozio di costumi andai nell'albergo dove alloggiava, il Colton Heaven Hotel stanza 107.

Erano le 15:00 e rimasi con lui fino alle 16:45 circa.

Facemmo l'amore, poi lui uscì in fretta e furia per sbrigare una commissione importante. Non mi disse cosa dovesse fare, andò e basta.

Mi rivestii e uscii anche io. Avrei voluto seguirlo, ma dovevo tornare al campus da Hanna Leighton e Katy Crowley.

Ci preparammo per la serata e poco dopo le 21:00 ricevetti un messaggio di Karter.

«Dobbiamo parlare».

Diceva così e io andai nel panico.

Pensai mi volesse lasciare per tornare da sua moglie.

Non mi sbagliavo.

Con la scusa di aver lasciato la borsetta in camera, mi allontanai dalle mie amiche.

Loro proseguirono verso la confraternita e io andai nella direzione opposta, deviando verso l'area transennata del campus.

Karter mi strattonò dietro i cespugli e mi disse che voleva lasciarmi. Che il bacio del giorno prima e le acrobazie del giorno stesso erano stati un errore.

Lo implorai di non dire sciocchezze e di prendersi altro tempo per riflettere.

Provai a baciarlo. Se mi avesse baciata, avrebbe capito che amava me e non lei.

Lui mi respinse in malo modo, spintonandomi. Riprovai ad avvicinarmi ma mi allontanò di nuovo.

All'ennesimo tentativo, lui mi bloccò per le braccia intimandomi di smetterla.

«È finita Nora!» gridò ringhiando. «Ho una moglie e la amo. Tu non sei nulla, se non un errore madornale».

Le sue parole mi colpirono dritto al cuore. I battiti accelerarono di colpo e poi rallentarono fino a fermarsi.

Raggiunsi una pace mai provata prima.

Presi le cesoie che i giardinieri avevano scordato il pomeriggio prima e le conficcai nella sua coscia s̶i̶n̶i̶s̶t̶r̶a̶ destra.

Gli impedii di scappare.

Se non potevo averlo io, nessun'altra lo avrebbe avuto.

Tentò di indietreggiare, ma inciampò e cadde. Fu allora che lo colpii alla testa con il manico delle cesoie.

Era la sera di Halloween e gli studenti si erano riversati per i sentieri del campus. C'erano diverse feste e tutti erano ubriachi, truccati come fossero morti o feriti, gridavano facendosi scherzi. Era la sera ideale per ammazzarlo.

Nonostante fossero tutti in giro, nessuno diede importanza alle sue urla e ai suoi rantoli. Agii indisturbata.

Pensavo con lucidità. Sapevo di dover fare sparire l'arma del delitto e occultare il corpo fino a che non avessi trovato la soluzione migliore per disfarmene, così lo feci rotolare in una buca scavata quel giorno stesso per l'impianto dell'ennesima fontana.

Prima di coprirlo con il telo giallo di teflon, sfilai il telefono dalla sua giacca e lo portai con me.

A quel punto avevo bisogno di un alibi: la festa.

Mi feci vedere da tutti e poi mi inviai il messaggio di addio. Doveva sembrare che se ne fosse andato sulle sue gambe.

Mi finsi sconvolta e passai del tempo con Doukas Stawks.

Verso la 01:00 di notte, mi allontanai dalla festa senza salutare.

Avrebbero pensato che ero nel pieno del gioco bacia, scopa e scappa.

Dopo pochi minuti ero di nuovo a bordo della buca. Pensai che l'unico modo per depistare le indagini, fosse quello di gettarlo in acqua.

Doukas Stawks mi aveva seguita e vide il cadavere.

Mi aiutò a trascinarlo fino all'ingresso del campus. Era avvolto nel teflon giallo.

Alcuni ragazzi si complimentarono per la resa dei costumi e della scena.

Non avevano capito che era un vero cadavere.

Lo trascinammo fino fino all'auto di Stawks. Gli erano rimasti dei teli in plastica da quando aveva aiutato suo zio a imbiancare qualche giorno prima e li abbiamo usati per avvolgere il corpo.

Poi caricammo il cadavere e guidammo fino al Mill River a East Rock.

All'altezza di Willow Street, lo gettammo nel fiume insieme alle cesoie.

La corrente avrebbe fatto il resto, trascinando il corpo nell'oceano e cancellando le impronte sull'arma.

I nostri calcoli furono evidentemente scorretti.

Doukas Stawks mi aiutò perché era innamorato e penso che fosse convinto che, diventando mio complice, io lo avrei amato tanto quanto amavo Karter.

Doukas Stawks era facile da manipolare.

Io ero la piccola di casa, viziata e coccolata da tutti. Sapevo benissimo come fare sentire speciale qualcuno per portarlo ad amarmi e difendermi.

E̶r̶o̶ Sono maestra nell'arte della psicologia nera.

NANA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora