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Michael.
Mi risvegliai in galera,come ogni giorno da ormai due settimane,senza sapere cosa lei stesse facendo,con chi fosse o cosa pensasse e questo mi stava logorando dentro,mi stava uccidendo ogni giorno di più. John mi parlava privo di doppi fini di quanto probabilmente Finn le fosse vicino ora ed io lo sapevo, lo sapevo che era vero e che avevo effettivamente qualcosa da temere.Non che non mi fidassi di lei o cose del genere, e non vorrei cadere nel cliché dicendo la tipica frase' io mi fido di te, non mi fido degli altri' ma era proprio quello che provavo, potevo solo immaginare come lui si sentisse nel poterle stare così vicino, sicuramente come non aveva mai potuto fare prima per colpa mia o di John e la mia testa continuava a ripetermi che cosa avrei fatto io se fossi stato in quella situazione e il pensiero non mi aiutava, mi conosco, se fosse capitata a me un'occasione del genere probabilmente starei già cercando di farle cambiare idea sul suo ragazzo o magri me la starei scopando...come ho effettivamente fatto quando John era dovuto partire con Tommy ed Arthur. Sapevo che Finn non era me, infatti non ha neanche metà della mia stoffa, del mio carattere o del mio modo di fare eppure qualcosa in lui non riusciva a farmi stare tranquillo. D'altra parte se era riuscito a rimanere innamorato di lei per tanti anni nonostante, a differenza di John, non avesse mai avuto una possibilità con lei, significava che era un uomo dotato di molta tenacia o comunque che l'amava sinceramente. E probabilmente lui sarebbe stato anche meglio di me, è una brava persona non si sognerebbe mai di fare le cose che io ho fatto per lei e non in senso negativo, non sarebbe geloso se non ne avesse motivo e probabilmente con la sua spensieratezza la farebbe sentire leggera e libera. Eppure, riuscivo ad essere così egoista da fregarmene altamente di quanto lui potesse farla sentire bene, non avrei mai accettato che un altro uomo le facesse provare i sentimenti che lei provava per me...penso che preferirei morire piuttosto che lasciarla libera con qualcun altro.

"Stai ancora pensando a Corinne?" Mi chiese John dall'altra stanza

"Non è che io possa fare molto altro" mentii anche se avessi avuto tutte le distrazioni del mondo non avrei comunque mai smesso di pensare a lei, se non potevo sapere cosa stesse facendo il pensiero di lei mi avrebbe ossessionato, era una cosa a cui ero stato condannato dal primo momento in cui l'avevo vista e la mia mente era scesa a patti con questo.

"Devi stare calmo guarda che probabilmente non sta facendo proprio niente" John non era il massimo nel calmare le persone però non potevo negare che ci provasse con tutto se stesso

"Saranno tutti sorpresi dal fatto che non ci prendiamo più a parole ogni volta che siamo più vicini di mezzo metro" mi disse poi

"Anche se con me sei stato un vero stronzo" aggiunse e io sorrisi nel ricordarmi tutto quello che effettivamente gli avevo combinato per averla

"Cazzo sì" confermai

"Non ti preoccupare...E' passato tutto, eh le donne ti fanno fare cose che non ti aspetteresti" disse

"Soprattutto se sono come Corinne, ancora mi ricordo la prima volta che l'ho vista intimo non per farti sentire male,ma mi viene duro solo a pensarci ancora oggi"

"Smettila" lo avvisai

"Capirai, che cosa vuoi fare rompere le sbarre?" Rise, ma la sua voglia di ridere venne brutalmente stroncata dai passi di quella che sembrava una guardia

"Shelby avanti" mormorò l'uomo entrando nella cella di John, e presto un altro raggiunse la mia

"Andiamo, cammina" mi intimò obbligandomi ad alzarmi in piedi

"Guarda che manca ancora tempo al processo, non potete fare questo" parlai ma lui mi ignorò completamente e mi costrinse a camminare al suo stesso ritmo verso una stanza e fu lì che vedemmo per la prima volta dopo diverso tempo Arthur che sembrava veramente malmesso, le porte di questa stanza si aprirono e rivelarono tre cappi ed io mi sentii mancare la terra sotto ai piedi; Sarei morto, l'avrei persa.
Il mio cervello continuava a ripetermi questa evidenza ricordandomi che non sarei mai più potuto tornare a casa, che non avevo potuto salutarla,darle un ultimo bacio o dirle quanto l'amassi

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