Cap.41-Run away.

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#Emily

Presi la mia valigia dalle mani dell'hostess e scesi dal jet di mio padre, ringraziando il pilota per avermi accompagnato fino a Los Angeles in poco più di nove ore.

"Di nulla, signorina. Semplice dovere." Mi sorrise e io entrai nell'aeroporto, cercando con lo sguardo mio fratello. Quando lo vidi su una delle panchine metalliche vicino all'entrata gli andai incontro e lasciai cadere a terra il bagaglio, finendo tra le sue braccia aperte.

"Dio, piccolina mia.." Mi strinse e appoggiò il mento sulla mia testa. Rimanemmo così per un minuto intero, forse di più, forse di meno, con tutto l'affetto che provavamo l'uno per l'altra.

"Ho combinato un casino." Sussurrai, affondando il viso nel suo petto che sapeva di casa.

"Tutti ne facciamo, sbagliare è umano." Sentii gli occhi pizzicarmi e il petto pronto per dei singhiozzi soffocati, ma mi limitai a lasciare scendere le lacrime, in silenzio.

"Sono una cogliona." Michael sospirò e mi strinse di più, accarezzandomi la schiena.

"Sei pronta ad andare?" Mi chiese, guardandomi in faccia e asciugandomi con un pollice una lacrima che mi solcava la guancia. Io annuii e lui, presa la mia valigia, mi tenne stretta a sé, accompagnandomi fuori e avvicinandosi a una Mercedes con i finestrini oscurati. L'autista, che riuscii a riconoscere come quello che mi accompagnava a scuola quando ero più piccola, uscì fuori dalla macchina e prese la valigia dalle mani di mio fratello, caricandola poi nel bagagliaio. Io e Kol salimmo nei posti posteriori, dove una musica leggera faceva da sottofondo. "Non ci sono giornalisti, vero Dan?" Chiese mio fratello, appena l'uomo fu di nuovo al volante.

"No, signore. Credo che nessuno sapesse del ritorno improvviso di sua sorella." Rispose lui, mettendo in moto. Kol annuì guardando fuori e lasciò che io mi appoggiassi alla sua spalla. Viaggiammo per le strade caotiche di Los Angeles -dio, quanto mi era mancata casa mia- e il mio sguardo vagò su tutti i palazzi, i negozi, le strade affollate, tutto quello che mi ricordava la mia infanzia e le giornate passate a scorrazzare in moto per quelle strade.

Ma un cattivo ricordo mi fece rabbrividire improvvisamente. Moto e..Christian. Cazzo.

"Nessun'altro sa che sono qui, vero?" Gli chiesi, girandomi verso l'uomo al mio fianco.

"Direi di si, me l'hai detto solo qualche ora fa che volevi tornare. Però, lo sa Lucia perché era con me quando hai telefonato." Mi rispose.

"Ti prego, dimmi che mamma non lo sa." Lui mi guardò con un sopracciglio alzato.

"No, lei non lo sa..ma perché lei non può saperlo?" Io tirai un sospiro di sollievo e feci spallucce, tornando a guardare fuori. Lui mi guardò male e mi fece girare la testa nella sua direzione con una mano. "Perché?"

"A quanto pare..lei è rimasta in contatto con..Christian e non voglio che lui sappia che sono tornata." Michael si irrigidì e represse il moto di rabbia che, ne ero certa, gli aveva attraversato il cervello.

"Quel pezzo di merda non deve nemmeno azzardarsi ad avvicinarsi a te, o stavolta lo faccio fuori, con o senza rinforzi." Gli presi una mano e cercai di farlo calmare. Lui sospirò, poi si fece più vicino e mi abbracciò di slancio. "Non voglio che nessuno ti faccia del male, Emily." Ricambiai l'abbraccio, ma con un groppo in gola. Mi facevo del male da sola.

"Signore, siamo quasi sul vialetto della sua vecchia casa. Come procediamo?" Interruppe Dan, tenendo lo sguardo fisso sulla strada.

"Io starò ancora un po' con Emily, Dan. Tu sei libero di andare a casa, tornerò a piedi." L'uomo annuì e imbocco la strada della villetta che prima era di Michael. Quando si fermò davanti al garage, scese e andò verso il bagagliaio, mentre io e mio fratello lentamente aprivamo le portiere. Scesi e mi ritrovai davanti Dan, efficiente come sempre, con in mano la mia valigia. Mi sorrise, con quell'espressione paterna che aveva sempre avuto nei miei confronti, e me l'appoggiò ai piedi, guardandosi poi intorno per controllare se ci fossero paparazzi.

Your Love Is My Drug (Di Giulia_Choppers)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora