20. Cigarette Daydreams

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I can see you standin' next to me
In and out somewhere else right now
You sigh, look away
I can see it clear as day
Close your eyes, so afraid
Cage the Elephant


L'amore, per Cal Newell, era sempre stato qualcosa di complicato. Anche adesso, mentre porta a Dean Reed una tazza di caffè bollente, non riesce a non pensare a quanto possa essere sbagliato ciò che può provare nei confronti di una singola persona.
Sei un ingrato, lo sai? Cal sussurra un "" tra sé e sé, mentre da dietro il bancone guarda il ragazzo biondo e pallido tremare, scosso da uno dei suoi frequenti attacchi di panico e pensa a quanto sia bello, fragile che potrebbe romperlo se lo toccasse anche solo con un dito.

L'amore è complicato perché dalla prima volta che aveva visto Dean aveva capito di essersene perdutamente innamorato.
Nel modo più profondo possibile del termine.

L'aveva guardato giocare nel cortile davanti a casa in una mattina di sole, i capelli ancora castani tagliati a ciotola, le ginocchia sempre sbucciate e senza due dei denti incisivi, cosa che rendeva il suo sorriso particolare.
Dean non gli aveva parlato per un mese intero, nonostante lo vedesse ogni pomeriggio seduto sulle scale davanti alla propria porta di casa. Quando gli aveva rivolto la parola, era stato per ordinargli di giocare con lui a nascondino, perché non aveva nessuno con cui farlo.
A quel tempo Cal non era in grado di separare l'affetto dall'amore, un amico da un amante. Eppure ogni sera, da quel giorno, prima di addormentarsi pensava a lui.
Si era fatto crescere i capelli, per piacergli e aveva sopportato che lo chiamassero "femmina".

Si siede accanto a Dean e gli circonda le spalle con un braccio. Lo vede piangere in silenzio, scosso in continuazione da singhiozzi che cerca di reprimere senza grande successo.
-È colpa sua, non è vero?
Non c'è bisogno che venga esplicitato il soggetto. Entrambi sanno di chi stanno parlando.
Dean annuisce e basta, prendendo la tazza che trema in aria esattamente come le sue mani.
Oh, amore mio, quanta sofferenza porti nel cuore.
Così tanto dolore che deve per forza vomitarlo fuori, su chiunque gli stia accanto.

La vita di Cal Newell non era mai stata difficile, sotto ogni aspetto. La sua famiglia non gli aveva mai fatto mancare nulla e lui non si era mai lamentato di niente. Non aveva scuse per quella che poi era stata la sua adolescenza.
Ma l'essere catapultato senza preavviso nel mondo di Dean, fatto di incostanza, di risse, di azioni avventate e di puro caos, era stata una botta alla normalità della sua giovinezza. La sua unica colpa era quella di avere un carattere facilmente condizionabile, troppo determinato a impressionare un ragazzo che a malapena si accorgeva della sua esistenza. Aveva collezionato occhi neri, ossa rotte e lividi come se fossero trofei. A dimostrazione che per Dean avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Aveva capito troppo tardi che quello non voleva dire nulla per lui, Dean era un uragano che non si curava di chi travolgeva.

-Respira lentamente, come me.
Cal gli fa segno con le braccia di riempire i polmoni e di svuotarli poco dopo. È un qualcosa che ha imparato per esperienza, come gestire una crisi. Dean lo imita e in poco tempo il suo respiro diventa quasi regolare, intervallato da brividi e rari singhiozzi. Si lega i capelli bruni in una coda, per vedere meglio il viso del ragazzo accanto a lui. Dean non lo guarda, sta fissando le proprie mani strette attorno alla tazza come se volesse romperla in mille pezzi. Cal allunga la mano e gli accarezza una guancia, delicatamente. Vorrebbe prenderlo e stringerlo a sé. Non lo fa, anche se lo desidera con tutto se stesso, perché la sua vita è andata avanti nonostante il suo cuore si sia fermato quattro anni prima, nel momento in cui si erano detti addio.
Si è abituato a vivere con questo peso, con tutte le parole non dette che gli gravano sul petto come un macigno.
-Grazie.- mugola Dean.
Non risponde. Neanche si è accorto che ha parlato.

La pelle del ragazzo è pallida, in contrasto con quella di Cal, abbronzata come chi viene dalla Costa Occidentale. Sembra porcellana, poiché basta un niente per farlo sanguinare. Lo trova stupendo, nonostante l'aspetto generale sembri quello di un malato. O di qualcuno che non dorme da una settimana a causa delle crisi di astinenza.
Ha smesso di chiedergli come sta, di fargli vedere che si preoccupa per lui, perché non otteneva mai niente se non insulti in cambio della sua apprensione.
Sta lentamente iniziando a lasciarlo andare.

Distoglie lo sguardo.
Vuole ricordarlo come il ragazzino che lo portava a bere sui binari del treno, seduti sul freddo ferro che tremava quando si avvicinava il convoglio a tutta velocità, quasi a simboleggiare la fine del mondo.
Ed era veramente la fine del mondo, per Cal, vederlo ridere senza fiato a causa dello scatto fatto per evitare di essere schiacciati dai vagoni, appoggiati contro il muretto accanto alle scale di ferro della stazione.

Non vuole ricordarlo come è in questo momento, un cadavere che ancora non si rassegna a essere morto. Un fantasma che porta malinconia ovunque vada. È doloroso guardarlo mentre si distrugge con le sue stesse mani, ma Cal non ha più intenzione di farsi a pezzi per lui. È il lavoro di qualcun altro adesso.

-Finisci il caffè.
-Mi dispiace.
-Anche a me dispiace. Ora bevi e non pensarci.
Dean si asciuga le lacrime ed esegue in silenzio. Gli torna in mente il bambino che aveva imparato ad amare, che non aveva pianto neanche quando si era rotto la gamba cercando di scavalcare un muro.
-Non volevo chiamarti solo per questo.
-Lo so, non importa adesso.
-Mi puoi perdonare?

No.
Non lo dice, ma lo pensa. Lo pensa con tutto se stesso. Vorrebbe urlarglielo in faccia. Non lo perdona per niente di quello che gli ha fatto.
Non riesce neanche a perdonarsi per aver interrotto la relazione economica che c'era tra loro negli ultimi anni. Non avrebbe mai dovuto interessarsi nuovamente al casino della sua vita.

-Certo che ti perdono.

Una bugia come un'altra. Ormai non c'è più motivo per essere sinceri. Non lo è con Sam, non lo è stato mai con nessuno durante tutta la sua vita.
Si alza dal tavolo, l'aria si è fatta irrespirabile.
L'amore a poco a poco si trasforma in nausea.

-Ho una richiesta da farti, Dean.
Il ragazzo solleva lo sguardo, gli occhi gonfi e acquosi.
-Non siamo amici. Puoi stare qui quanto desideri, puoi portare Desirée e gli altri quando vuoi. Solamente, non cercare di ricostruire la nostra amicizia. Non c'è più.
Cal lo vede annuire in risposta.

Il peso sul petto non è più leggero mentre si allontana dal tavolo e torna dietro il bancone. Adesso, però, può pensare veramente di dimenticarlo. Può pensare di nuovo alla sua vita.
Gli dice addio senza pronunciare veramente quella parola. Non vuole renderla reale perché l'idea lo spaventa, ma imparerà a vivere senza di lui.
Sorride tra sé e sé.

Gli augura di trovare la pace.




💗Vi prego spero di non aver deluso nessuno con questo capitolo, ma mi serve che vi facciate un'idea di come le persone reagiscono in modo differente di fronte a relazioni non sane per loro stessi. Questo capitolo deve essere visto in paragone con quello di Martha, poiché il soggetto del sentimento è lo stesso ma i risultati dei ragionamenti sono completamente differenti. Inoltre mi serviva mettere a posto alcuni personaggi prima di iniziare con la seconda parte del romanzo.

B.

𝐀𝐏𝐎𝐋𝐎𝐆𝐈𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐀𝐔𝐒𝐄 𝐏𝐄𝐑𝐒𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora