29. Hallelujah

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Now I've done my best, I know it wasn't much
I couldn't feel, so I tried to touch
[...]
And even thought it all went wrong
I'll stand right there before the Lord of song
With nothing on my tongue but Hallelujah
Leonard Cohen

Non c'è altro che il vuoto davanti a lei, una profonda voragine che la chiama a sé con la stessa apprensione di una madre che vuole stringere al grembo un'ultima volta un figlio che andrà via di casa.
È forse questo, Dio?
È forse questa la chiamata che lei tanto aveva aspettato?
Le sta dicendo di lasciar perdere tutto, che il suo compito sulla terra è finito. La sua missione resterà incompiuta per sempre.
Per lei è difficile da gestire, non aveva mai provato qualcosa di simile alla sensazione di angoscia che adesso sembra consumarla da dentro, le stringe le viscere e le provoca nausea.

Un giorno e tre ore senza avere alcuna notizia di Dean, da quando ha trovato la sua lettera.

Si inginocchia sul pavimento freddo della chiesa, la lunga gonna nera che le arriva fin sopra le caviglie evita che il contatto prolungato con la dura pietra le faccia troppo male. Unisce le mani e le posa sulle labbra, sollevando gli occhi chiari già lucidi. Ha i lunghi capelli castani raccolti in uno chignon, alcune ciocche le cadono sulle spalle. Normalmente non si sarebbe vergognata, ma il suo poco contegno, in quel momento, la mette a disagio.

Il grosso crocefisso di legno la guarda da sopra l'altare, la giudica per i suoi errori e per la sua debolezza. La ferita dipinta sulle coste, vicino al cuore, spicca di un rosso vermiglio e le sembra che stia sanguinando veramente. Non distoglie lo sguardo, attratta da quello che sembra un lento gocciolare.
Morte, un concetto che in quei giorni le è passato spesso per la testa. Dean ha rischiato di morire più volte, quando stavano insieme, ma è sempre stato salvato dal Signore. Eppure, sembra non aver ancora imparato la lezione.
Perché adesso Dean ha causato dolore conoscendo molto bene quello stesso?
La morte è qualcosa che la spaventa profondamente. Un terrore ancestrale e terribile la attanaglia ogni volta che ci pensa.
Non comprenderà mai il motivo delle azioni di Dean.
Il Cristo, però, lo capisce. Anche lui ha provato quel dolore.

Lei non è altro che un'anima costretta in un corpo che nessuno comprende.
Lei, peccatrice che non ha mai cercato il perdono, si accorge di averne bisogno. Vuole essere redenta per aver fallito nel suo unico incarico.

-Dio, padre onnipotente, dimmi cosa devo fare.
La voce di Martha Withlow trema, gli occhi le si riempiono nuovamente di lacrime, che questa volta scendono lungo le sue guance, una dopo l'altra in una lenta processione.
La grande sala è vuota, le pareti spoglie di affreschi o quadri le rimandano l'eco dei suoi pensieri.
Con le mani ancora giunte si china tanto da appoggiare la fronte sul pavimento. Sente solo freddo. Si toglie il rosario dal collo e lo stringe con forza.
-Dammi un segno, devo lasciarlo perdere? Devo continuare a insistere per la sua salvezza?
Vede con la coda dell'occhio la luce delle candele votive affievolirsi. Le ombre danzano sul muro di pietra a ritmo di una musica a lei ignota.

-Dio, padre onnipotente, abbi pietà di me.

La testa le gira come una trottola. Il volto del Cristo diventa sempre più cupo man mano che lei sussurra la sua preghiera.
Sente di star per svenire, il colletto troppo stretto della camicia non la lascia respirare.
-Dimmi cosa devo fare!— urla, con voce tremante, chiudendo gli occhi di colpo per paura di essere uccisa all'istante dallo sguardo inquisitore del Cristo appeso.
Una folata di vento spegne le candele e lei viene circondata dall'ombra gelida e opprimente delle pietre. Un senso di colpa la attanaglia all'improvviso, il suo cuore sa di essere colpevole, ma sa di essere appena stata perdonata.
Ha gridato e la risposta è un lungo silenzio assordante. Ma l'assenza della risposta è ciò che la rende così chiara per lei.

Una sensazione di calore improvvisa le colpisce il petto, ci posa sopra una mano, quasi spaventata. La sua pelle brucia, un fuoco purificatore.

Si alza in piedi, le gambe la reggono a stento. Apre le braccia, come se volesse abbracciare la scultura davanti a lei, la vista ancora offuscata dal pianto.
-Grazie, Signore, finalmente ho capito. La mia missione è appena cominciata e io, come una stupida, credevo fosse già finita.— Martha sorride, le guance rosse e le mani appiccicose per il sudore.

Sua madre aveva ragione, Dio l'ha mandata sulla terra per alleviare il dolore delle persone. Sia questo aiuto l'offrire il suo corpo a qualcuno di solo, sia il sopportare gli insulti o che sia l'umiliarsi per riavere indietro il suo Dean e salvarlo, lei è disposta a farlo. La bellezza è un dono di Dio, un bene effimero che le è stato concesso.
Il suo peccato è la sua redenzione, il suo fallimento è parte del processo.

Quando esce dal portone e scende barcollando le scale di pietra, sente di avere il cuore più leggero.
Si sente una stupida per aver dubitato del suo amore per Dean e del suo per lei.

Qualche ora dopo si trova davanti al portone della villetta, indecisa se bussare o meno. Ha di nuovo paura, perché la vista di Ezra non la lascia indifferente. Stringe il pugno, decisa e fa un passo in avanti.
Prima che possa fare qualsiasi altro movimento, una voce la sorprende facendola sobbalzare.
-Cosa ci fai qui? Non sai che non ci si presenta non invitati?
Si volta di scatto e vede Ezra Meyer fermo dietro di lei, le braccia incrociate sul petto in attesa di una risposta.
-Devo parlarti. Dov'eri?
-A fare una passeggiata.
Martha sente subito l'odore pungente di sigaretta nell'aria tiepida del pomeriggio. In quel momento Ezra butta la cicca sul vialetto, pestandola con la suola della scarpa.
-Sei stata in chiesa, vero?— aggiunge il ragazzo moro poco dopo.
-Sì, ho pregato per Dean e per te.
Sul viso di Ezra si fa strada un sorriso beffardo.
-Non lo sai che Dean è fottuto? Non basterà una preghiera.
-Con una preghiera alla persona giusta, sì.
-E sarei io?
La ragazza alza le spalle. Il ghigno di Ezra si tramuta in una risata.

Martha prende un profondo respiro.
-È stato preso dalla polizia, non è vero?
Il ragazzo annuisce.
-Come fai a saperlo?
-Un angelo me lo ha detto, in sogno.
-Perché sei qui, Martha? Cosa vuoi da me?
-Ti prego, Ezra, aiutami a salvarlo.
Ezra schiocca la lingua contro il palato, la guarda negli occhi e Martha riconosce il suo sguardo. Sa benissimo cosa le sta per chiedere.

-E, se io ipoteticamente ti aiutassi, cosa riceverei in cambio?
Un prezzo che è disposta a pagare, l'ha già fatto in passato, per Dean.
La ragazza si guarda velocemente intorno, poi sussurra con voce spezzata:
-Possiamo parlarne in privato?
-Sei sempre la stessa, Martha.
Lei abbassa lo sguardo, i capelli ormai cadono sulle sue spalle tutti scombinati a causa delle del vento che soffia da diverse ore.
-Pensi mi farà commuovere?— continua, superandola per aprire la porta di casa. Lei scuote la testa, entrando nel salotto. Si volta, iniziando a sbottonarsi lentamente la camicia bianca.
-Aiutami, ti prego.
Sente la grossa mano di Ezra afferrarle il mento e costringerla a guardarlo negli occhi. Una lacrima solitaria si fa strada sulla sua guancia rossa per l'imbarazzo. Il ragazzo finisce di aprire i bottoni e scopre il suo seno senza distogliere lo sguardo dal suo viso.

-Piangi, piccola, pregami in ginocchio e deciderò se ascoltare la tua supplica.

𝐀𝐏𝐎𝐋𝐎𝐆𝐈𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐀𝐔𝐒𝐄 𝐏𝐄𝐑𝐒𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora