𝐏𝐑𝐎𝐋𝐎𝐆𝐎

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la tragedia dell'esistenza;
I

Non è il nostro un eterno precipitare?
E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati?
Esiste ancora un alto e un basso?
Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla?
Non alita su di noi lo spazio vuoto?
Non si è fatto più freddo?
Non seguita a venire notte, sempre più notte?
Non dobbiamo accendere lanterne la mattina?
Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla?
Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione?
Anche gli dèi si decompongono!

(F. Nietzsche , "La gaia scienza")

APOLOGIA DELLE CAUSE PERSE

Baltimora, Stati Uniti

Un ragazzo sta in piedi sul tetto del palazzo. La pioggia batte sugli edifici e una brezza gelida proviene dal porto.
Tutto è incolore, opaco.

Il rumore di un accendino, il fumo di una sigaretta.
Le gocce gli bagnano il viso, si mischiano alle lacrime.
Chiude gli occhi e pensa di buttarsi.

Il vuoto non gli fa paura, non ha paura di cadere.
Stende un piede lasciando che sporga fuori dal limitare del tetto.
Nel profondo, spera invece di toccare il cielo, di essere più leggero del dolore che lo vincola a questa terra come un macigno legato ai suoi piedi.
Forse la morte è l'unica via d'uscita, il resto è momentaneo sollievo. Pensa che la morte sia qualcosa di bello.

Poco lontano, una ragazza guarda la finestra riempirsi di condensa, disegnando forme sul vetro col dito. L'aria nella stanza è calda e fuori soffia il vento invernale.
Posa la guancia sul davanzale di marmo freddo.

Il rumore di un accendino, il fumo di una sigaretta.
Sa che non dovrebbe fumare in casa, ma non c'è nessuno adesso a dirle cosa deve o non deve fare. Nessuno a picchiarla perché ha sbagliato.
È tutto silenzioso.
Una sensazione opprimente le stringe il petto, per qualche secondo non riesce più a respirare.
È triste, tremendamente triste.

La solitudine è la sua condanna.
Non è ancora morta, eppure sta marcendo.
Come una bambina, desidera solo essere amata.

Un ragazzo si sdraia in mezzo alla strada deserta, lasciando che la pioggia lo infradici fino alle ossa.
Nessun rumore attorno a lui, non sente più il gelo o l'angoscia.
Guarda l'infinita oscurità del cielo e sorride.
Se pure Dio piange, perché non può farlo anche lui?

Il rumore di un accendino, il fumo di una sigaretta.
È il Diavolo che gli parla, adesso che ha finito le lacrime. Gli sussurra all'orecchio di abbandonarsi a lui, con tono gentile.
È costretto a vivere, perché non sopporta l'idea di morire.
Urla per scacciare quella voce soave nella sua testa che continuamente lo invita ad ammazzarsi.
Nel buio della città, che inghiotte ogni cosa, il suo grido si perde, udito solo da ratti e vagabondi.

Così si presentano tre esistenze legate l'una con l'altra, volenti o nolenti, i protagonisti di questa tragedia.
Cause ormai perse che lottano, sgomitano e strepitano, benché siano destinate inevitabilmente alla sconfitta.

💗Lo so, è un grosso cambiamento da fare a praticamente metà romanzo, ma mi sono accorta che mancava qualcosa ai nostri cari protagonisti

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💗Lo so, è un grosso cambiamento da fare a praticamente metà romanzo, ma mi sono accorta che mancava qualcosa ai nostri cari protagonisti. Qualcosa come una sorta di introduzione, quindi eccola qui.
Ne vado molto fiera, quindi ditemi cosa ne pensate.

-B.

𝐀𝐏𝐎𝐋𝐎𝐆𝐈𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐂𝐀𝐔𝐒𝐄 𝐏𝐄𝐑𝐒𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora