𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 2.

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Siamo l'eterna lotta tra la consapevolezza del giusto e la voglia di tornare a sbagliare

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Siamo l'eterna lotta tra la
consapevolezza del giusto e
la voglia di tornare a sbagliare.








La mensa della scuola non è nient'altro che un posto gremito di studenti divisi in gruppi.
Raggiungo il tavolo dove siamo solite sederci io e Sarah, dove spesso ci raggiungono alcune ragazze di alcuni corsi che abbiamo in comune e ci perdiamo a chiacchierare mentre mangiamo giù il cibo – non buono, bensì commestibile – che ci offre la scuola.

Raya, una ragazza con cui frequento lo stesso corso di storia e con la quale ci lega una forte passione per la fotografia e le serie tv in stile crime, si unisce a noi, salutando entrambe con un sorriso luminoso e gentile sulle labbra.
Chiacchieriamo del più e del meno, occupate ad osservare le unghie nuove che si è fatta fare Sarah, quando proprio quest'ultima mi dà un calcetto da sotto il tavolo e mi invita a guardare alle mie spalle.

«Ragazze» esala, allargando i suoi occhi color nocciola dalla forma a mandorla. «Potrei avere un orgasmo anche solo guardandoli.»

Non faccio in tempo a dirle quanto sia esagerata la sua esclamazione che i miei occhi chiari si imbattono in una figura alta e filiforme.
La sua altezza imponente lo differenzia dal resto delle persone presenti nella grande sala.

Come se si sentisse osservato, il ragazzo dagli occhi neri e i capelli dalla sfumatura castana allunga lo sguardo spento verso di me e mi coglie in pieno a fissarlo. Quello che scorgo sul suo viso latteo è un accenno di un sorriso, troppo breve per essere considerato tale.

Accanto a lui, un altro ragazzo dai riccioli biondi e uno sguardo incuriosito sul viso anch'esso bianco cadaverico, attira l'attenzione di molte delle e degli adolescenti presenti.

«Devono essere nuovi... non li avevo mai visti a scuola.» commenta Raya, che a differenza di Sarah non sembra particolarmente emozionata o colpita dalla presenza dei nuovi arrivati. La nostra compagna si sistema l'hijab azzurro, che si abbina alla camicetta che sta indossando, prima di raccontarci qualcosa su una giornata che ha passato con la sua famiglia.

Il pranzo prosegue tranquillo, finché non arriva l'ora di tornare a lezione e proprio quando sto per entrare in classe, mi ricordo di non aver preso il libro dall'armadietto così chiedo a Sarah di aspettarmi in classe e di avvisare la professoressa nel caso facessi ritardo.

Sarà la fretta o l'agitazione di dover entrare in classe dopo la professoressa e sentirmi gli occhi di tutti addosso, che mi fa tremare leggermente le mani e non mi permette di riuscire ad aprire questo dannato armadietto.

«Serve una mano?» una voce maschile attira la mia attenzione.

Quando mi volto, riconosco il ragazzo nuovo, quello capace di suscitare l'interesse della maggior parte dei presenti in mensa e non solo.

I suoi occhi grandi e allungati, dal colore nero pece, osservano il mio viso, disteso in una smorfia infastidita a causa di uno stupido armadietto difettato.

Black as my soulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora