Presunzione

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Ellie mi aveva praticamente trascinata fuori casa, dopo essersi accordata con nonna Anna affinché rimanesse lei con Noah e papà.
Mi aveva anche portato un vestito dei suoi.
<Devi essere bellissima stasera, tutti avranno occhi solo per te.>
Mi ci sentivo, mi sentivo bellissima con quell’abito, Ellie aveva davvero buon gusto in fatto di moda.
Era un vestitino bianco con sopra disegnati tanti fiorellini lilla, mi stingeva in vita, incorniciava il mio seno e cadeva più morbido sotto, fino a fermarsi poco più in alto delle mie ginocchia. Ellie aveva acconciato i miei capelli in una morbida treccia che mi ricadeva sulla spalla e mi aveva leggermente truccata.
Guardandomi allo specchio sul mio viso si illuminò un sorriso, i miei occhi blu brillavano, i capelli castani si intonavano perfettamente al lilla dei fiori sul vestito.
<Sei stupenda scimmietta.>
Le parole di papà fecero allargare ancor di più il mio sorriso quando raggiunsi tutti in salotto per salutarli prima di andare.
Arrivate in auto Ellie era entusiasta, lei andava spesso alle feste, ma io non andavo mai con lei, non potevo. Anche se avessi potuto non l’avrei fatto, non ero tipo da feste, preferivo starmene a casa a leggere un buon libro, a scrivere o a guardare un film.
Una volta mi aveva portata con lei alla festa di sua cugina più grande, fu un disastro. Non riuscivo a lasciarmi andare come faceva Ellie, perciò mentre lei ballava accerchiata dai ragazzi io me ne stavo seduta in un angolo a bere Gin-lemon.
Alla fine ero così ubriaca che iniziai a ballare sul tavolo e a chiedere a degli sconosciuti di sposarmi, Ellie aveva faticato per riportarmi a casa. Dopo quella volta decisi di non bere mai più.
La festa era all’aperto, in un grande giardino con una grande piscina.
Stare in mezzo a tutta quella gente mi innervosiva ed Ellie lo notò subito.
<Stasera non pensiamo a niente okay? Dobbiamo solo divertirci, io e te, come i vecchi tempi.>
Le sorrisi.
<Chi ti ha invitata?>
<Un amico.>
Mi venne da ridere, con lei un ragazzo non era mai solo un amico, o ci andava a letto o voleva farlo.
<Un amico o uno dei tanti con cui vai a letto?>
<Diciamo che è un amico speciale. Vieni, andiamo a cercarlo.>
Girammo due volte la casa, bagni compresi, per cercare questo amico. Iniziavo a pensare che non esistesse.
<Ellie, piccola stronza, ti cerco da ore.>
Ci girammo entrambe verso la voce che arrivava dalle nostre spalle, Ellie si illuminò ed io capii che era lui “l’amico speciale”.
<Aly, lui è Liam.>
Liam era più basso di Ellie di qualche centimetro, capelli biondi e occhi marroni. Mi chiesi per un attimo come potesse piacerle, per me non era un granché, poi però vidi i muscoli. Ellie adorava i muscoli.
Dopo esserci presentati andammo a prendere da bere, decisi che potevo fare uno strappo alla mia regola da astemia quella sera, Ellie aveva detto che dovevamo divertirci. Mentre sorseggiavamo i nostri drink si stava creando un silenzio imbarazzante, finché Ellie non parlò.
<Liam, non ti avevo forse detto di portare un amico per Alya? Non hai mantenuto la parola.>
COSA? Un amico per me? Ma chi gliel’ha chiesto?
<Infatti l’ho fatto, piccola, sta giusto arrivando. Eccolo lì.>
Prima di girarci a guardare il punto in cui puntava il dito Liam guardai Ellie con uno sguardo assassino e le sussurrai all’orecchio:
<Ti ammazzo.>
Sorrise, poi si girò a guardare il ragazzo che veniva verso di noi.
<Aly è uno strafigo, se non lo vuoi tu lo prendo volentieri io.>
Prima di riuscire a vedere il ragazzo, vidi Liam che la fulminò con lo sguardo, poi riuscì a farmi spazio tra le loro teste e lo vidi.
Oh cavolo!
Occhi verdi.
Era lui.
Antipatia.
E veniva verso di noi.
Tornai a nascondermi di nuovo tra Ellie e Liam, cercando di pensare ad un modo per andarmene da lì più in fretta possibile.
Intanto lui arrivò, salutò Liam e si presentò ad Ellie, mentre io cercavo una via di fuga, invano.
<Allora amico, dov’è il bocconcino che mi hai promesso?>
Bocconcino? Sarei io il bocconcino?
Ellie si girò verso di me.
<Aly, che cavolo fai?>
Adesso mi guardavano tutti e tre, mentre io ero quasi accovacciata a terra con l’intento di non farmi vedere.
<Ma guarda un po'.>
Occhi verdi mi fissava, antipatici occhi verdi.
<Due volte in un giorno, mi stai pedinando stellina?>
Sentii le guance avvampare, le mani sudare, ma non potevo rimanere lì ferma.
<Perché dovrei pedinarti? Neanche ti conosco.>
<Giusto, sono Dylan, a proposito.>
<Voi due vi conoscete?> intervenne Ellie.
<Oh si, la tua amica fa ottimi caffè.>
Lei si girò verso di me con uno sguardo scioccato, per poi mimare con le labbra:
<è il figo del bar?>
Annuii, cercando di non farmi notare.
Ellie sembrò comprendere, mi afferrò per il braccio e disse:
<Noi andiamo a bere, ci vediamo dopo.>
Mi trascinò via, sorridendo, evidentemente la situazione la divertiva, non potevo dire lo stesso.
<Aly, amica mia, è davvero strafigo, devi assolutamente provarci.>
<Forse dimentichi che sia un gran imbecille.>
<Giuro, se non ci vai a letto ti licenzio dal ruolo di migliore amica.>
Scoppiammo a ridere, poi ordinò tanti shot, troppi per berli solo noi due.
Non volevo più pensare, volevo divertirmi con la mia migliore amica, era per lei che ero lì. Mi lasciai andare e iniziammo a bere gli shot.
Arrivate all’ultimo mi voltai, e tra la folla notai quei maledetti occhi verdi che mi fissavano. Se ne stava lì a guardarmi, quasi a sfidarmi.
Voleva giocare? Bene, giochiamo.
Buttai giù l’ultimo shot, e mentre l’alcol mi  bruciava la gola, afferrai Ellie per il braccio.
<Balliamo.>
Sentivo i suoi occhi seguirmi e ormai avevo in corpo la giusta dose di alcol.
Mi feci spazio tra la folla e mi fermai a qualche passo da lui.
I suoi occhi verdi mi fissavano ancora, ed i miei occhi blu lo sfidarono.
Iniziai a ballare, senza abbassare mai lo sguardo. Mi sentivo libera e bellissima, volevo farlo smettere, volevo fargli capire che non poteva prendersi gioco di me, che io non sarei caduta ai suoi piedi come tutte le altre.
Dopo un po' abbassò lo sguardo, poi se ne andò. Probabilmente aveva capito, probabilmente si era rassegnato. Continuai a ballare, stavolta guardando Ellie, ci stavamo divertendo come matte, ballavamo e cantavamo, non pensavo più a niente.
All’improvviso una mano mi spostò i capelli, qualcuno dietro di me, non feci in tempo a girarmi che delle labbra si avvicinarono al mio orecchio e dissero:
<Non mi sfidare, stellina.>
Quando mi girai dietro di me non c’era nessuno, ma io sapevo benissimo chi era, il mio piano non aveva funzionato.

In auto, mentre tornavamo a casa, Ellie non faceva che parlare di Liam. Le piaceva da morire, eppure io non ci avevo visto niente di che. Più che ascoltarla però, la mia mente vagava, nelle mie orecchie rimbombavano quelle stupide parole.
“Non mi sfidare.”
Che intendeva dire? E perché ci pensavo così tanto?
Quando arrivai a letto capii ben presto che sarebbe stata una notte insonne, per via dell’alcol, la mia stanza girava. Per di più, ogni volta che chiudevo gli occhi nella mia mente apparivano quei maledetti occhi verdi, il mio stomaco fece una smorfia quando realizzai che tra qualche ora sarei dovuta andare al lavoro, e probabilmente l’avrei rivisto.
Mi svegliai infastidita dai raggi di sole che entravano dalla finestra, in bocca ancora l’orribile sapore dell’alcol, pentendomi di aver fatto uno strappo alla mia regola.
Mi ero addormentata rimuginando, esausta.
Non ci volle molto per rendermi conto che la sera prima avevo dimenticato di attivare  la sveglia, era tardi, era estremamente tardi. Saltai giù dal letto e corsi in camera di Noah per svegliarlo, ma lui non c’era. Corsi in cucina, non c’era. Il panico mi assalì, ma mi ricordai che nonna Anna era rimasta qui ieri, perciò aveva sicuramente portato lei Noah a scuola. Menomale, avevo ancora tempo.
Una doccia rigenerante ed un caffè mi avevano aiutata a rimettermi in ordine, seppur un po' assonnata, ero piena di energie. In macchina cantavo, mi sentivo felice di andare al lavoro, e sorridevo ripensando alla bella serata che nonostante tutto avevo passato con Ellie. Ogni tanto però, più mi avvicinavo al bar, percepivo una strana sensazione allo stomaco.
FARFALLE.
Qualcosa mi innervosiva, qualcosa mi provocava ansia, ma cosa?
Arrivata al bar Bill mi accolse con il suo solito entusiasmo, io ricambiai.
Mi lasciò sola, come il giorno precedente, e la mia ansia aumentò, diventò più reale.
Dopo circa mezz’ora a non fare nulla sentii la porta aprirsi ed il mio cuore sobbalzò.
Era una signora, un po' anziana, che allargò un allegro sorriso quando mi vide.
La mia tensione calò, ma io continuavo a non capirne il perché.
La signora si avvicinò al bancone, mi chiese un tè e poi si accomodò in uno dei tavolini. Prese un piccolo libro dalla sua borsa ed iniziò a leggere.
Quando le portai il tè notai cosa stava leggendo, Orgoglio e Pregiudizio, uno dei miei romanzi preferiti in assoluto.
<L’hai letto?>
<Si, è uno dei miei preferiti.>
Sorrise, solare.
<Perché non ti siedi qui con me cara?>
Passammo forse ore a parlare del libro, mi disse che lo stava leggendo per la seconda volta, mi raccontò che c’era particolarmente legata perché era stato il primo regalo che le avesse fatto il marito. I suoi occhi luccicarono di lacrime mentre mi raccontava la loro storia d’amore. Il loro era un amore impossibile al principio, ma si amavano, così tanto da abbandonare tutto ciò che avevano per stare insieme. Lei era di famiglia benestante, lui un pastore che si guadagnava da vivere grazie alle sue mucche. Non potevano stare insieme, lei era già promessa, ma l’amore li travolse e lei abbandonò la sua famiglia per scappare con lui. Si sposarono ed ebbero tre figli, tra cui Elizabeth, l’ultima bambina nata dal loro amore in cui nessuno credeva.
<E tu sei innamorata cara?>
<Oh no, a me non interessa l’amore, mi piace stare da sola.>
Lei sorrise e rimase a fissarmi.
<Credimi bambina, un giorno ti innamorerai, non potrai farne a meno. E sarà bello, sarà così bello che rimpiangerai di non averlo provato prima. Ma fa attenzione, l’amore è tanto bello quanto doloroso. Proteggi il tuo cuore.>
Dopo queste parole lasciò i soldi sul tavolo, infilò nuovamente il libro dentro la borsa e se ne andò rivolgendomi un sorriso.
Rimasi lì seduta per non so quanti minuti ripensando a quelle parole, finché non sentii la porta aprirsi nuovamente. Dentro di me, un’altra volta, farfalle.
Era Bill, rimasi stupita rendendomi conto che era già ora di andare, non mi ero resa conto del tempo che era passato.
Dopo aver messo a posto, e averlo salutato, uscii dal bar.
Percepivo nuovamente una sensazione strana, come di delusione. Ma per cosa avrei dovuto essere delusa?
Mentre giravo l’angolo che conduceva al vicolo in un cui avevo parcheggiato l’auto, una voce mi fece trasalire dallo spavento.
<Ti sono mancato stamattina, stellina?>
Ed ecco di nuovo, farfalle.
<Cosa sei uno stalker?>
Cercai di mascherare il più possibile il mio nervosismo. Cosa ci faceva lì? Cercava di farmi impazzire? E poi perché cavolo continuava a chiamarmi “stellina”? È orribile.
<Può darsi. Dovresti denunciarmi, prima che io arrivi ad ucciderti.>
<Probabilmente lo farò.>
Gli passai davanti, continuando a camminare verso l’auto, cercando di convincermi che fosse solo un incontro casuale e che mi avrebbe lasciata in pace.
<Ti va di fare un giro?>
Un giro? Con lui? Era impazzito.
<No, non ti conosco.>
<Beh, magari se vieni a fare un giro poi mi conoscerai.>
<Non posso, io ho delle responsabilità. E in ogni caso non voglio fare nessun giro con te.>
<Responsabilità? Hai un figlio per caso?>
Mi scappò da ridere.
<Una cosa del genere, lasciami in pace.>
Nel frattempo ero salita in auto, sperando di poter andare via.
Stavo per chiudere la portiera quando la sua mano la fermò e me lo ritrovai davanti, i suoi occhi fissavano i miei, le sue labbra accennarono un sorrisetto compiaciuto.
<Sabato c’è una festa.>
<Dovrebbe interessarmi?>
<Si, dovrebbe. Ci sarà anche la tua amica, ed io mi impregnerò per farle prendere cattive decisioni se tu non verrai.>
Che cattive decisioni potrebbe mai far prendere uno come lui ad Ellie?
Dio, quanto mi innervosiva.
<Tu non vuoi questo, vero?>
<Togli la mano.>
<Per adesso la tolgo, ma ben presto mi pregherai di metterla da qualche altra parte.>
Lasciò la portiera ed io riuscii finalmente a chiuderla, misi in moto l’auto e me ne andai, mentre lui rimase lì a guardarmi andare via, sorridendo.
Mentre guidavo verso scuola di Noah non facevo che pensare a tutta la situazione, a lui, a quelle stupide parole. Era davvero presuntuoso se pensava che sarei caduta ai suoi piedi come probabilmente facevano tutte quelle che si portava a letto. Non avevo nessuna voglia di andare di nuovo ad una festa, soprattutto se c’era Mr. Antipatia, ma davvero avrei rischiato che facesse qualcosa ad Ellie?
Mancavano tre giorni a sabato, perciò decisi che potevo prendermi del tempo per rifletterci, o magari per parlarne con Ellie.

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