Il mio cuore è tuo

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Mi svegliai sentendo il letto muoversi sotto di me, aprii gli occhi lentamente, guardando lo spazio vuoto di fianco a me. Spostai lo sguardo ai piedi del letto, mi misi seduta quando vidi Dylan lì in piedi a guardare in alto.
<Che cosa fai?>
Gli domandai, ancora assonnata.
<Ci sei mai salita?>
Stava osservando il lucernario, una piccola finestra sul tetto della mia camera. Ormai ne dimenticavo l’esistenza, ma quando ero bambina mi stendevo sul pavimento con una coperta e guardavo il cielo. La notte ci vedevo le stelle, di giorno vedevo un azzurro pastello che permetteva alla mia fantasia di approdare in luoghi magici. Guardare il cielo era una cosa che mi aveva sempre calmata, mi piaceva vedere i suoi colori cambiare, le nuvole galleggiare sul blu. Mi piaceva pensare che anche il cielo è in grado di provare emozioni, e che la pioggia significa che è triste, che si sta liberando dalle paure, lasciandole cadere come gocce. Che il sole e la luna sono i suoi amici fedeli, e che lui non sarà mai solo finché loro illumineranno i suoi colori.
Però io non ero più una bambina, e ormai neppure il cielo era in grado di donarmi la pace.
<No, non ci sono mai salita.>
<Andiamo.>
Si girò a guardarmi accennando un sorriso divertito.
<Ma come faremo a salire? E poi perché salire lassù quando qui c’è un letto comodo e caldo?>
Faticavo a capire perché volesse fare una cosa del genere.
<Ti fidi di me stellina?>
Una domanda stupida, pensai, mi fidavo di lui. Mi fidavo con ogni parte di me.
Non risposi, semplicemente gli sorrisi e scesi giù dal letto. Quando arrivai al suo fianco ricambiò il mio sorriso, poi prese la sedia dalla mia scrivania e la posizionò sotto il lucernario. Ci salì sopra, mentre io mi rendevo conto che a questo punto era alto abbastanza da arrivare alla finestra, la aprì e facendosi forza con le braccia si arrampicò e sparì fuori. Io rimasi lì a guardare in alto, entrando nel panico per un attimo, in fin dei conti non sapevo com’era fatto lì fuori. Dopo poco la sua testa sbucò dal lucernario e guardò giù sorridendo.
<Vieni.>
Allungò una mano verso di me.
Senza pensarci troppo a lungo salii sulla sedia e afferrai la sua mano, apparentemente senza il minimo sforzo alzò il mio corpo, ed io mi ritrovai con i piedi a penzolone mentre l’altra metà del mio corpo era già fuori. Mise una mano sul mio sedere e con un’altra spinta mi tirò su, finii sdraiata su di lui.
<Ce l’hai fatta.>
Mi diede una pacca sul sedere sorridendo ad un centimetro dalla mia bocca.
Mi misi a sedere, rendendomi conto che era quasi l’alba. Il vento freddo della mattina mi punzecchiò le guance, ma ero troppo meravigliata dalla vista per concentrarmi sul freddo. Sembrava di essere sul tetto del mondo, tutto sotto di noi sembrava piccolo ed insignificante. Mi persi ad ammirare il cielo, i colori scuri della notte che piano lasciavano spazio a quelli chiari del giorno, creando delle ombreggiature che si schiarivano. Mi sembrava di guardare una tavolozza di colori, c’erano tutti. C’era il blu, il nero, l’arancione chiaro e quello più scuro. C’era il verde degli alberi e dei giardini delle case sotto di noi, il giallo del sole che stava per sorgere. Si vedevano ancora alcune stelle, che resistevano alla luce del giorno in procinto di arrivare, pensai che forse non avevano ancora voglia di andare, volevano brillare ancora per un po'. E poi c’era lei, ancora lì, ancora lucente, ancora maestosa. La luna non era ancora pronta a lasciare il cielo al sole. Splendeva ancora, ed era stupenda, così bella che per un attimo desiderai essere lei. Perché lei, secondo me, non aveva paura di niente. Quasi invidiai la sua luce, perché la mia non splendeva più così.
<È bellissimo.>
Dissi ad un certo punto, ancora guardando il cielo.
<Lo so.>
Mi girai per guardare la sua espressione, immaginando nei suoi occhi la stessa meraviglia che risplendeva nei miei guardando quel panorama, ma non è ciò che vidi.
Perché lui quel cielo variopinto non lo stava neanche guardando, guardava solo me.
<Che c’è?>
Gli sorrisi, mentre le mie guance probabilmente si coloravano.
<È questo che mi piace di te.>
<Cosa?>
<Il fatto che ti meravigli davanti alle più piccole bellezze del mondo, tu lo guardi con occhi diversi, non lo dai per scontato.>
<Perché non lo è.>
Mi avvicinai a lui, sedendomi tra le sue gambe, poggiando la schiena al suo petto.
<Ogni cosa risplende di bellezza, bisogna solo saper guardare.>
Lo sentii muoversi sotto di me, poi mi posò un bacio leggero sulla testa.
<Dylan?>
<Si stellina?>
Non volevo rovinare quel momento magico, ma forse anch’io come il cielo avevo bisogno di liberarmi.
<Non voglio che picchi la gente in mio nome, non voglio la tua protezione come se fossi un cucciolo impaurito sul bordo di una strada.>
Lo buttai fuori in un fiato, mi pesava dentro già da troppo tempo.
Lo sentii sospirare, come se quel peso fosse anche suo.
<Aly io non sono un cazzo di principe azzurro che ti porta via dalla torre.>
Rimasi zitta a guardare il cielo colorarsi sempre di più davanti a noi, mentre sentivo il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi sotto di me. Capii che anche lui aveva bisogno di liberarsi.
<Se questa fosse una fiaba ed io fossi il buono, quando Harry ha cercato di infilarsi nelle tue mutande io ti avrei portata via riservando a lui solo qualche vaga minaccia. Se fossi il buono, avrei semplicemente detto a Theo di chiudere la bocca invece di chiudergliela io stesso quando ha osato parlare di te in mia presenza.>
Sospirò ancora, ogni volta sempre più forte.
<Se io fossi il buono, non proverei l'irresistibile istinto di spaccare la faccia ad Alex.>
Mi irrigidii dopo quelle parole, ma non mi mossi, né parlai.
<Io però non sono il buono, sono senza dubbio il male, il cattivo della fiaba. Se il mondo andasse a fuoco io lo lascerei bruciare se significasse impedire che tu ti bruci.>
Mise le mani sulle mie spalle e mi fece voltare per guardarlo negli occhi, io rimasi ancora immobile ad ascoltare.
<Non sono il buono perché a me non frega un cazzo di salvare il mondo, a me importa solo di salvare te, qualunque sia il prezzo da pagare.>
Delle lacrime minacciarono di scendere, mentre io mi rendevo conto dell’amore che si nascondeva dietro quelle parole. Mi resi conto che quel ragazzo avrebbe davvero fatto di tutto per me, come io l’avrei fatto per lui. Avrei voluto zittirlo con un bacio, dirgli che non serviva dire altro, che capivo ciò che provava perché lo provavo anch’io. Ma lo lasciai finire.
<Non mi importa se qualcuno dovrà farsi male per questo, non mi importa se mi guarderai per sempre come se fossi Lucifero in persona. Se essere il cattivo significa impedire che qualcuno ti faccia del male allora sarò il diavolo, e non mi scuserò per questo, né me ne pentirò.>
Senza dire niente gli presi il volto tra le mani e lo baciai delicatamente sulle labbra. Un bacio leggero, un bacio che sapeva di amore puro.
<Non potrei mai guardarti come se tu fossi il diavolo.>
I suoi occhi quasi si sgranarono, probabilmente stupito dalla mia reazione. Io invece, adesso, vedevo la sua armatura cadere. Adesso anche la sua anima era nuda davanti ai miei occhi, così come lo era la mia già da tempo.
<Tu non sei il cattivo della fiaba, ed io non sono la principessa da salvare.>
Mi guadava dritto negli occhi, mentre io tenevo ancora il suo viso tra le mie mani, e quasi mi sembrò di vedere i suoi occhi bagnarsi di lacrime.
<Anche io lascerei bruciare il mondo per te.>
E forse quella frase, valeva più di qualsiasi “ti amo”.
<Aly...>
<Si?>
<Il tuo cuore è buono, è prezioso.>
<Anche il tuo.>
Avvicinò una mano alla mia guancia e l’accarezzò piano con il pollice.
<Ti sbagli.>
Senza esitare presi le sue mani e ne posizionai una sul suo petto e una sul mio, proprio sul cuore.
<Lo senti? Battono allo stesso modo, sono rotti allo stesso modo, me l’hai detto tu. I nostri cuori sono uguali, sono come due metà separate, se unite diventano uno solo.>
Staccò le mani dai nostri cuori e mi prese il viso, poggiando la sua fronte sulla mia.
<Il tuo cuore Aly, io non lo merito.>
Poggiai anch’io le mie mani sul suo viso.
<Il mio cuore, Dylan...è tuo.>
Quell’istante si incise sul mio cuore, indelebile. Quel momento perfetto, in cui ci giurammo amore, mentre la notte faceva spazio al giorno, mentre la luna finalmente incontrava il suo sole. Con le stelle testimoni, io quel giorno gli donai il mio cuore. E suo sarebbe stato per sempre, anche se un giorno le nostre strade si sarebbero divise. Perché anche in quel caso, se avessi mai dovuto parlare d’amore, io avrei parlato di lui e di come il suo amore mi ha salvata.

Come amano le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora