Freccette sul cuore

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Quella notte passò lentamente, tra qualche minuto di sonno e qualche ora di insonnia. Faticai a dormire, la mia mente vagava ancora tra quei ricordi. Tentai di cacciarli via, ma fu impossibile. Avevo cercato di nasconderli dentro di me, a me stessa, agli altri, ma quella notte tornarono a galla. Adesso Dylan sapeva tutto, seppur in minima parte, non gli avevo raccontato delle mani di Alex che soffocavano ogni mio respiro, così come non l’avevo mai raccontato ad Ellie o alla mia famiglia. Uno schiaffo, è questo che dicevo. Avevo raccontato a tutti la stessa storia, solo uno schiaffo, niente di più. Mi domandavo ancora perché non avessi mai trovato il coraggio di raccontare tutta la verità, forse perché non volevo essere compatita, perché non volevo essere guardata come si guarda un piccolo uccellino ferito. Ma in realtà, forse, non l’avevo fatto perché nonostante tutto volevo proteggerlo. Non si dovrebbe proteggere una persona che ti ha tolto l’aria dai polmoni, ma per quanto io volessi odiarlo il mio amore per Alex era rimasto. Era cambiato, si era affievolito, ma era ancora lì. Quando ci lasciammo io l’amavo ancora, è per questo che ho comunque deciso di proteggerlo. Ormai però quel sentimento era passato, se n’era andato con lui e con tutti i miei ricordi, avrei potuto raccontare a Dylan la verità. Eppure avevo deciso di non farlo, l’avevo protetto di nuovo. Il mio era stato un amore adolescenziale, mi ero aggrappata ad Alex perché era stata l’unica persona a tendermi la mano, non era lo stesso amore che adesso provavo per Dylan. Eppure lui aveva ancora questo potere su di me. Nonostante tutto una parte di me voleva ancora proteggere quel ragazzo scontroso che mi aveva aiutata a gestire i miei attacchi di panico. In ogni caso, non avrei più rivisto Alex, perciò non era necessario raccontare tutta la verità. Quel segreto sarebbe rimasto nascosto dentro di me, dov’è sempre stato.
Quella mattina dormii fino a tardi, era sabato e non dovevo andare al lavoro, né accompagnare Noah a scuola, papà molto probabilmente non si sarebbe alzato.
Perciò, data la notte turbolenta in cui a stento avevo chiuso occhio, me lo concessi.
Quando mi svegliai, la prima cosa che vidi furono due meravigliosi occhi verdi illuminati da un raggio di sole.
<Finalmente, iniziavo a pensare che fossi entrata in coma.>
Sorrisi.
<Buon giorno.>
<Buon giorno, stellina.>
Mi posò un bacio leggero sulle labbra, ricambiando il mio sorriso, poi si mise seduto sul letto e prese il telefono, lo vidi leggere un messaggio.
<Che impegni hai per questa sera?>
<Mmh fammi pensare...nessuno.>
Mi misi seduta anch’io, di fronte a lui, poggiandogli le mani sulle ginocchia.
<Andiamo ad una festa, allora.>
Non era la proposta che mi aspettavo, sapeva che le circostanze non mi permettevano di uscire quando volevo, in più non ero affatto dell’umore giusto per una festa.
<No,io...>
Posò il cellulare e mi prese il viso fra le mani.
<Ehi, guardami.>
Alzai lo sguardo ed incontrai il suo, mi persi in mezzo a tutto quel verde. Mi aveva già vergognosamente convinta, ahimè.
<Ti farà bene, fidati di me, saremo insieme.>
<Dimentichi che non potremo baciarci o toccarci. Anche solo guardarci sarebbe rischioso.>
<Mi sottovaluti stellina, troverò sempre il modo di baciarti o di toccarti, e i miei occhi non guarderanno altro che te.>
Avvicinò il mio viso al suo e mi baciò, mentre io nascondevo un sorriso. Mi aveva convinta anche più di prima.
<Ti ho convinta o devo impegnarmi di più?>
Con uno scatto mi avvicinò a sé, tirandomi per i fianchi, mi ritrovai su di lui mentre mi posava baci leggeri sul collo. Con le mani accarezzava la mia schiena da sotto la mia maglietta, ed io iniziai a desiderare che non si fermasse.
<Per quanto io sia curiosa di sapere che metodi useresti per convincermi, devo purtroppo accontentarmi delle ragioni precedentemente elencate. Noah si sveglierà a momenti, dovresti andare.>
Sbuffò, appoggiando la testa sul mio petto.
<Però mi hai convinta, magari dopo la festa puoi mostrarmi alcuni di quei metodi per far si che io non mi penta di questa decisione.>
Alzò la testa di scatto, sorridendo con sguardo divertito.
<Tu si che sai come rendere felice un uomo.>
Scoppiai a ridere, quasi lusingata. Mi alzò dalle sue ginocchia e mi sdraiò sul letto con la schiena, posizionandosi sopra di me.
<Allora preparati stellina, stasera dimenticherai cosa significa pentirsi.>
Ridacchiai ancora, lui mi baciò intensamente, poi si alzò. Raccolse le sue cose e dopo avermi baciata un’altra volta, in un batter d’occhio, era già saltato giù dalla mia finestra mentre io tornavo alla realtà. Deludente e triste realtà.
Anche la mia giornata fu triste e deludente, papà non si alzò per tutto il giorno. Io preparai il pranzo, la cena, la merenda, aiutai Noah a fare i compiti e giocammo a memory. Però lui non si alzò mai. Neppure quando gli portai il pranzo e la cena, neppure quando feci capolino dalla porta per controllare se aveva mangiato, neppure quando Noah si infilò nel suo letto di nascosto.
Volevo solo abbracciarlo per qualche minuto, per farlo stare meglio.
Questo aveva detto quando lo avevo trovato abbracciato a papà, e sul mio cuore si era aggiunta un’altra crepa.
Prima di cena chiamai la nonna, per quanto mi pesasse farla venire qui per badare a Noah e a papà ogni volta che dovevo uscire, era l’unico modo che avevo. Lei, come sempre, non rifiutò. Quando arrivò ed io andai a prepararmi per la festa, non facevo altro che chiedermi se fosse la cosa giusta. Papà in quelle condizioni, Noah e dover disturbare continuamente la nonna facendola venire sempre fino a qui, forse non erano le giuste condizioni per andare ad una festa. Però volevo fidarmi di Dylan, mi avrebbe fatto bene, o almeno lo speravo. In realtà, la cosa che più mi rallegrava, era poter stare con lui. Anche se non potevamo baciarci, toccarci o comportarci come una normale coppia, solo stare nella sua stessa stanza mi faceva stare bene. Questo bastava. Come avevo previsto, Ellie mi aveva chiamata nel pomeriggio per dirmi della festa, non sarei mai potuta andare se lei non mi avesse invitata, di certo non potevo dirle che mi aveva invitata Dylan.
A momenti sarebbe arrivata, ed io mi stavo dando un’ultima occhiata allo specchio. Avevo lasciato sciolti i miei riccioli bruni e avevo un po' osato con un rossetto rosso. Indossavo un pantalone beige e una camicia nera con dei fiorellini rossi e le maniche a sbuffo, non ero pienamente soddisfatta, ma poco importava. Non mi importava farmi vedere, e Dylan mi aveva già vista in condizioni peggiori. Quando Ellie arrivò dovetti smettere di fissare il mio riflesso, scesi a salutare la famiglia come sempre, con qualche protesta di Noah. Poi uscii. Quando salii in auto e guardai Ellie mi resi conto che non passavamo del tempo insieme da un po', dalla festa a casa di Liam per l’esattezza. Ero corsa via dopo aver saputo dell’incidente di Dylan, con tutto quello che era successo dopo con papà avevo dimenticato di chiamarla.
<Ciao.>
Dissi, non appena tutti quei ricordi riaffiorarono nelle mia memoria, senza ombra di dubbio era arrabbiata con me.
<Che ti è successo? L’ultima volta sei scappata da casa di Liam, non ti sei più fatta viva.>
<Lo so Ellie, scusami, è che...>
<Non dirmelo, lo so già.>
Sa che cosa? Che sono scappata per correre da Dylan dopo aver saputo del suo incidente?
<Sentire dell’incidente di Dylan ti ha sconvolta, lo capisco, non avrei dovuto lasciare che ascoltassi. Ti ha provocato un attacco di panico, vero?>
Sempre meglio della verità, direi.
<Esatto, proprio così. Mi dispiace essere scappata via.>
<Non preoccuparti, è normale considerato quello che hai passato, non pensiamoci più.>
Con mio grande sollievo quella conversazione terminò, Ellie mise in moto e partimmo.
A differenza di tutte le altre feste in cui ero stata finora, questa non era in casa, bensì in un pub. Più che festa io l’avrei considerata una semplice uscita tra amici, ma forse non ero abbastanza esperta in materia. Almeno, data la location, non mi sentivo a disagio per il mio abbigliamento. Se fosse stata una festa come le precedenti a cui avevo partecipato di sicuro le altre ragazze non avrebbero indossato pantaloni come i miei. Quando entrammo e trovammo il nostro tavolo, Liam e altri ragazzi erano già lì ad aspettarci. Alcuni li conoscevo, erano i soliti ragazzi che avevo conosciuto al compleanno di Ellie, ormai avevo anche imparato i loro nomi. C’erano Phil, Teddy, Vanessa e Ivy. C’erano anche altri due ragazzi che non conoscevo, si chiamavano Theo e George, si presentarono con un grosso sorriso sulla faccia. Dylan però non c’era. Per un attimo il panico mi assalii, non volevo stare lì senza di lui, ma pensai che probabilmente doveva ancora arrivare. Quando il cameriere si avvicinò per prendere le nostre ordinazioni ordinai un Margarita per tenere a bada i nervi e stemperare la tensione. Come previsto quando iniziai a sorseggiare il mio drink iniziai a sentirmi più a mio agio, infondo si trattava solo di qualche drink con degli amici e qualche chiacchiera. Dopo non so quanto tempo, mentre Ellie parlava con Ivy e Vanessa di scarpe e borsette, iniziai a sentirmi un po' annoiata. Una parte di me avrebbe voluto tornare già a casa, l’altra voleva aspettare l’arrivo di Dylan. Quasi iniziai a pensare che non sarebbe venuto, ma lui mi aveva invitata alla festa, non avrei mai accettato altrimenti. Mentre ero immersa nei miei pensieri, domandandomi che fine avesse fatto e promettendo a me stessa che me l’avrebbe pagata, una voce richiamò la mia attenzione, strappandomi da quei pensieri che mi stavano già facendo impazzire.
<Non ti diverti?>
Era il ragazzo che si era presentato come Theo. Era di carnagione mulatta, con morbidi capelli neri che gli ricadevano sulla fronte. Solo in quel momento notai che aveva gli occhi della stessa tonalità di blu dei miei e un grazioso neo vicino all’occhio.
<È solo che non sono molto dell’umore stasera.>
Accennai un sorriso, imbarazzata ma felice che qualcuno finalmente mi parlasse, almeno potevo evitare di pensare a Dylan e ai vari modi che avevo in mente per fargliela pagare.
<Fammi indovinare, sei una a cui piace leggere sotto le coperte piuttosto che uscire. Ho ragione?>
Sorrisi di più, stavolta solo per l’imbarazzo. Era così evidente che fossi quel tipo di ragazza?
<Beccata.>
Sorrise anche lui e prese un sorso della sua birra, leccandosi poi la schiuma che gli era rimasta sul labbro superiore.
<Allora come può una come te essere amica di Ellie? Siete l’opposto l’una dell’altra.>
<È vero, ma infondo sono gli opposti che si attraggono.>
<Vi conoscete da molto?>
<Quasi tutta la vita direi, sarei persa senza di lei.>
Mi persi per un attimo tra i ricordi, ripensando a quelle due bambine che ormai non esistevano più, ma che stavano ancora mantenendo la promessa fatta in quarta elementare. Amiche per sempre.
<Mi piace Ellie, sono felice che Liam abbia trovato una ragazza come lei.>
Mi girai a guardarli, sorridendo lievemente. Anche se entrambi erano impegnati in conversazioni diverse, con persone diverse, le loro mani sul tavolo non avevano mai smesso di stringersi. Per un attimo desiderai tutto questo anche per me e Dylan, stare insieme dentro un pub circondati da tante persone, la mia mano dentro la sua. Liberi, senza nascondersi, mostrando al mondo il nostro amore. Ma non era possibile, non ancora. Non volevo ancora dirlo al mondo, e infondo non sapevo neanch’io il perché. Forse volevo solo essere sicura che fosse reale prima, o forse volevo solo tenerlo per me, far si che fosse una cosa solo mia. Così era più speciale.
Mentre quei pensieri inondavano la mia mente, decisi che forse era meglio chiamarlo. Magari gli era successo qualcosa, doveva avere un buon motivo per essere in ritardo, o peggio non venire lasciandomi ad una festa a cui non volevo neanche partecipare.
<Scusami un momento, devo fare una telefonata, torno subito.>
<Nessun problema.>
Uscii dal pub, fermandomi davanti la porta d’ingresso, composi il numero e aspettai di sentire la sua voce dopo gli infiniti squilli.
<Ciao stellina.>
Finalmente.
<Ciao,io ehm...si ecco...dove sei? Sono venuta qui solo perché ma l’hai chiesto tu e sarebbe davvero scorretto da parte tua non venire. Sappi che ritiro la mia richiesta riguardo il mostrarmi quei metodi dopo la festa.>
<Ehi calmati, chi ti ha detto che non verrò?>
<Sono qui da oltre un’ora e non ho ancora visto quei tuoi arroganti occhi verdi, o non sapevi a che ora fosse l’appuntamento oppure non verrai.>
<Sai che sei ancora più bella quando ti arrabbi?>
Cosa?
<Okay, punto uno questo non puoi saperlo dato che non sei qui a costatare se sono bella o meno, punto due non sono arrabbiata, e punto tre non sei qui.>
<Da qui sembri proprio arrabbiata, e bellissima.>
<Da qui dove?>
<Guardi sempre dalla parte sbagliata stellina.>
Stavo fissando le auto sfrecciare sulla strada di fronte a me, ma dopo quella sua affermazione mi resi conto che in effetti non mi ero mai guardata intorno. Mi girai alla mia destra e vidi solo l’insegna dal pub e una coppietta che si sbaciucchiava su una panchina, guardai alla mia sinistra ed eccoli là. Due meravigliosi, arroganti, fastidiosissimi occhi verdi.
Mi avvicinai a lui riagganciando la chiamata, lui mi prese per i fianchi e mi spinse sul vicoletto all’angolo del bar, facendomi appoggiare con la schiena sul muro in cui prima era appoggiato lui.
<Da quanto sei qui?>
<Abbastanza da poter costatare che sei più bella quando ti arrabbi.>
<Io non...>
<Eri decisamente arrabbiata.>
Sorrisi, incrociandogli le braccia intorno al collo.
<D’accordo forse un po'.>
Si avvicinò a me e mi baciò, un bacio che desideravo già da troppo tempo. E considerando l’ardore con cui lo fece, era così anche per lui.
<Te l’ho detto che trovo sempre un modo per baciarti.>
Sorrisi ancora, sentendomi finalmente di nuovo viva, di nuovo completa.
<Giochiamo?>
<Vorrai dire fingiamo.>
<No, volevo dire esattamente giochiamo.>
Si staccò da me, sorridendomi, poi girò l’angolo ed entrò nel pub.
<D’accordo, giochiamo.>
Sapevo perfettamente cosa intendeva, dovevamo giocare a fingere di non amarci. E ormai, quello era il mio gioco preferito.
Quando rientrai, poco dopo Dylan, lo trovai già seduto con una birra in mano. Il suo sguardo si posò immediatamente su di me, mentre gli altri ragazzi gli ponevano domande che non riuscii a sentire. Anche lo sguardo di Ellie fu presto su di me, come se mi stesse aspettando.
<Aly eccoti, giochiamo a freccette, ti va?>
<Certo!>
Io ed Ellie eravamo campionesse indiscusse di quel gioco, ci giocavamo sempre quando io stavo con Alex e lei si divertiva con un ragazzo di cui non rammentavo neanche più il nome. Noi vincevamo sempre, loro piagnucolavano come bambini.
<Freccette? Gioco anch’io.>
Liam si alzò dal tavolo subito dopo Ellie, sorridente, poggiandole una mano sul fianco.
<Okay ma ti avverto, io e Alya siamo imbattibili.>
Lei gli rispose fiera, consapevole del nostro potenziale dovuto a numerose partite vinte in cui gli avversari finivano per essere umiliati.
<Ah si? Allora facciamo una sfida.>
<Non ti conviene amore.>
Sorrisi di sottecchi sentendo Ellie riservare quel nomignolo a Liam.
<Io e Dylan contro te e Alya, vedremo chi sono i veri campioni.>
Ellie mi guardò complice, leggevo la sfida nei suoi occhi. Era sempre stata competitiva ed io sapevo che non avrebbe mai accettato una sconfitta.
<Fatevi sotto maschietti!>
Dopo esserci scambiate un sorriso carico di determinazione ci avvicinammo al bersaglio. Gli altri si avvicinarono con noi e si sedettero su delle sedie lì vicino, pronti a fare il tifo e godersi lo spettacolo. Io e Dylan ci scambiammo uno sguardo, da quando era iniziato tutto tra noi eravamo sempre stati in vena di sfide, quella si aggiungeva solo alla nostra lista. Sapevo che anche lui era competitivo quasi quanto Ellie, ma sapevo anche che potevamo batterli, non vedevo l’ora di leggere la sconfitta sul suo volto.
<Iniziate voi, per galanteria.>
<Oh voglio vedere quanto sarai galante dopo che vi avremo stracciati.>
<Pensa a tirare ciambellina, il resto lo vedremo a fine partita.>
Liam aveva appena chiamato Ellie ciambellina? Mi veniva troppo da ridere.
Senza curarsene Ellie tirò la prima freccetta, dando così inizio alla partita.
Dopo forse mezz’ora la tensione si percepiva anche a distanza. Giocammo tutti senza battere ciglio, quasi fosse una questione di vita o di morte. Arrivati all’ultimo tiro, dipendeva tutto da me. I ragazzi erano in vantaggio, ma se fossi riuscita a colpire il centro del bersaglio la vittoria sarebbe stata nostra. Qualche gocciolina di sudore scese sulla mia fronte, mentre mi giravo e rigiravo nervosamente la freccetta tra le mani.
<Dylan, va a prendere della birra per festeggiare la nostra vittoria.>
<Aspetta a cantare vittoria tesoro.>
Mi venne di nuovo da ridere sentendo Ellie chiamare Liam in quel modo, ma non potevo in quelle circostanze, dovevo concentrarmi.
<Non riuscirà mai a fare centro, la vittoria è nostra. Ma se preferite possiamo chiuderla qui e fingere che sia un pareggio.>
<Chiudi la bocca Liam.>
Dylan lo zittì in un attimo, mentre io per istinto mi girai a guardarlo. Mi sorrise lievemente, il giusto affinché io potessi vederlo e gli altri non accorgersene neppure. Liam si sentiva già la vittoria in tasca, ma Dylan credeva in me.
Mi concentrai di nuovo sul bersaglio, continuando a rigirarmi la freccetta tra le mani ormai sudate. Presi un lungo respiro e mi misi in posizione per tirare.
Okay Aly, concentrati. Tre, due, uno…
Tirai non appena l’istinto mi disse di farlo, e senza accorgermene chiusi gli occhi mentre la freccetta lasciava le mie mani puntando al bersaglio.
<Cazzo.>
Sentii Liam esclamare, poi aprii gli occhi e la vidi. La freccetta quasi luccicava infilzata nel bersaglio. Ed era lì, nell’esatto punto in cui doveva essere, perfettamente al centro.
Mi girai verso Ellie, mentre un sorriso si allargava sul mio volto, la vidi sorridere a sua volta e battere le mani.
<Va a prendere la birra Liam, per festeggiare la nostra di vittoria però.>
Scoppiamo tutti a ridere, mentre l’espressione di Liam cambiava, e affranto si allontanava verso il bancone. Ellie mi si avvicinò e mi gettò le braccia al collo, avvolgendomi in un abbraccio. In quel momento mi resi conto di quanto tempo era passato dall’ultima volta che ci eravamo abbracciate così, capii che mi era mancato il suo abbraccio solo nel momento in cui mi scaldava di nuovo. Ricambiai quel suo gesto, stringendola a me.
<Siamo ancora le migliori.>
Disse staccandosi.
<Lo saremo sempre.>
Le sorrisi e lei ricambiò, complici, come eravamo sempre state.
Vidi Dylan rivolgermi uno sguardo e poi entrare in una porta alle sue spalle, capii che voleva che lo seguissi.
<Torno subito.>
<Ma dove vai?>
<Ehm… in bagno. Prendi la birra anche per me.>
Quando fui certa che Ellie non mi stesse più seguendo con lo sguardo e si fosse allontanata, entrai nella porta in cui avevo visto sparire Dylan.
C’era un buio pesto, e mi resi conto abbastanza presto che quella stanza era più piccola di quanto avessi immaginato. Mentre camminavo con le mani avanti per paura di sbattere da qualche parte, qualcosa di scivoloso incontrò il mio piede, facendomi perdere l’equilibrio. Mi preparavo a raggiungere il pavimento, certa che l’impatto non sarebbe stato piacevole. Ma quell’impatto non arrivò mai, il mio sedere non toccò mai il freddo pavimento, due mani forti mi afferrarono appena in tempo.
<Attenta stellina, si scivola.>
Non riuscivo neppure a vederlo in faccia, ma a quanto pare lui doveva essere dotato di una super vista per aver notato che stavo per schiantarmi sul pavimento.
<Avresti potuto avvisarmi prima.>
<Se l’avessi fatto non avrei potuto salvarti rendendo questo incontro più romantico.>
Sorrisi, sperando che la sua vista non fosse poi così super da notare il sorriso sul mio volto. Mi tirò su, rimettendomi in piedi sulle mie gambe ma senza mai staccare le sue mani da me. Anche le mie mani si poggiarono sul suo petto, dato il buio intorno a me almeno potevo affidarmi al tatto.
<Che ci facciamo qui?>
<Volevo congratularmi per la vittoria.>
Le sue mani si spostarono su i miei fianchi ed iniziarono ad accarezzarli con delicatezza da sopra il tessuto dei miei vestiti.
<Quanto fa male la sconfitta?>
Scherzai, iniziando anch’io ad accarezzare il suo petto da sopra la sua maglietta.
<Neanche un po' se sei tu a vincere. Il tuo sorriso è l’unico premio che desidero.>
Senza pensarci due volte mi alzai in punta di piedi e cercai le sue labbra al buio, basandomi solo sulla mia memoria riguardo il suo viso. Quando le trovai, le nostre labbra si incastrarono e le nostre lingue danzarono, regalandomi un momento speciale che sapevo avrei ricordato per sempre.
<Non adesso stellina, avrò modo più tardi di mostrarti quanto io sia fiero di te per aver vinto la più importante gara di freccette della storia.>
Sghignazzai. Per quanto mi dispiacesse ammetterlo, aveva ragione, non poteva esserci nient’altro che un focoso bacio dentro quel buio stanzino.
Quando riuscimmo a staccarci, dopo qualche minuto, uscii per prima da quella stanza. Raggiunsi gli altri che erano al bancone, tutti con un bicchiere di birra in mano, sorridenti e felici.
<Eccoti, compagna di squadra.>
Ellie sprizzava gioia, era evidente che si stesse divertendo da matti, e con mia sorpresa era così anche per me.
<Ecco la tua birra, ma aspetta a berla.>
Si girò verso il barista e gli fece segno con la mano, dopo qualche minuto ci posò davanti quattro shot.
<Due per me e due per te, dobbiamo festeggiare dopo tutto.>
Non avevo molta voglia di bere, ma non avevo neanche voglia di rovinare il buon umore di Ellie, perciò mi feci coraggio e dopo aver brindato buttammo giù i nostri shot.
<Adesso balliamo.>
Senza neanche darmi il tempo di ragionare mi prese per il braccio e mi trascinò verso un angolo del pub in cui un gruppo di persone ballavano a ritmo della musica che rimbombava in tutto il locale. Quando Ellie prese posto in mezzo alla folla ed iniziò a ballare io notai che proprio di fronte a noi, in prima fila con un ottima vista, c’erano Dylan e Liam. Accanto a loro c’erano anche Theo e George. Gli ultimi due chiacchieravano tra loro, Liam e Dylan però stavano girati nella nostra direzione, senza distogliere lo sguardo. Liam guardava Ellie ballare, ed io riconobbi subito lo sguardo innamorato. Dylan invece guardava me. Non saprei dire se il suo era lo stesso sguardo con cui Liam guardava Ellie, ma le farfalle svolazzarono comunque nel mio stomaco. Decisi di non fissarmi troppo sul suo sguardo su di me, o almeno dovevo dargli qualcosa per cui valeva la pena guardare. Iniziai a muovermi seguendo la musica, i miei capelli ondeggiavano e con loro anche i miei fianchi. Mi sentivo sensuale ma allo stesso tempo mi divertivo, ballando con Ellie mentre ci scambiavamo sguardi complici e ci godevamo ogni frammento di quella serata. Gli effetti dell’alcol iniziavano a sentirsi, e nelle mie orecchie rimbombava ormai solo la musica, non sentivo nient’altro, finché Ellie non mi fece uscire dalla mia bolla.
<Ma che succede?>
La vidi guardare alle mie spalle, con gli occhi sgranati, ancor prima di voltarmi il mio cuore batteva già all’impazzata. Quando mi voltavi vidi un agglomerato di persone addossate una sull’altra, nel punto esatto da cui pochi istanti prima Dylan e Liam ci stavano guardando. Senza dire una parola io ed Ellie ci precipitammo lì, iniziammo a farci spazio tra la gente mentre Ellie urlava il nome di Liam per trovarlo tra la folla. Io non potevo urlare il nome di Dylan, ma il mio cuore desiderava solo di trovare la sua mano in mezzo a tutta quella gente.
Quando finalmente riuscimmo a farci spazio e ad arrivare al nucleo di quella folla, riuscendo finalmente a vedere cosa l’avesse provocata, quello che vidi mi lasciò senza respiro.
Theo, il ragazzo mulatto che a inizio serata era stato gentile con me, distraendomi dai miei pensieri e salvandomi dalla noia, era disteso per terra. Un taglio sul suo sopracciglio sanguinava, potevo già vedere i suoi occhi che piano si stavano gonfiando a causa dei pugni che il ragazzo a cavalcioni sopra di lui gli stava scagliando.
Quel ragazzo era Dylan.
Non avrei mai voluto vedere una scena simile. Non sembrava lui, sembrava una bestia assetata di sangue intenta ad uccidere la sua preda.
Quella scena mi riportò alla mente vecchi ricordi che avevo invano cercato di dimenticare.
Mentre le mie orecchie iniziavano a fischiare, il mio respiro iniziava a farsi irregolare e le lacrime bagnavano già il mio viso, lui si girò.
I suoi occhi verdi incontrarono i miei occhi blu ormai sommersi dalle lacrime, ed il tempo si fermò, il mondo cessò di girare.
Lo vidi cambiare espressione dopo essersi reso conto che stavo assistendo a quella scena deplorevole, mentre io capivo che avevo visto abbastanza.
Corsi via, spintonando le persone intorno a me, facendomi spazio in cerca d’aria.
Quando finalmente raggiunsi l’uscita, tirai un lungo respiro lasciando che l’aria fresca entrasse finalmente nei miei polmoni. Raggiunsi il vicoletto accanto al pub, quello in cui qualche ora prima io e Dylan ci eravamo baciati. Mi accovacciai a terra, la testa fra le mani, le lacrime che non smettevano di scendere. Piansi ripensando a quella scena, ripensando al rumore che avevo sentito provenire dal mio cuore dopo averla vista. Si era spezzato, un’altra volta, un po' di più.

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