Una lacrima

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<Aly...>
Non mi occorreva alzare lo sguardo per sapere chi fosse. Una parte di me avrebbe voluto non farlo, avrebbe voluto mandarlo via, rimanere sola con il mio dolore.
Non volevo guardarlo, non volevo parlargli, non volevo rivivere momenti che a lungo avevo sperato di non vivere mai più.
Ma dovevo, non potevo starmene lì zitta a piangere.
Alzai lo sguardo, quello che vidi mi provocò brividi lungo la schiena.
Lui in piedi di fronte a me, mentre io accovacciata a terra mi sentivo piccola come una formica. Teneva i pugni chiusi, le nocche macchiate di sangue, livide e spaccate. Gli occhi spenti, quel verde non brillava più.
<Perché l’hai fatto?>
Soffocai i singhiozzi, cercando di non scoppiare di nuovo a piangere.
<Non ho potuto evitarlo.>
<Certo...che ha fatto di così grave? Ha ferito il tuo smisurato ego?>
Il suo sguardo si indurì, mentre io cercavo di non distogliere il mio da lui.
<Non ho voglia di ripetere ciò che ha detto.>
<Allora non farlo, non mi importa.>
Si inginocchiò di fronte a me, ancora l’uno di fronte gli occhi dell’altra.
<Ti prego non guardarmi così.>
<E come dovrei guardarti dopo che ti ho visto massacrare un ragazzo senza un apparente motivo valido?>
Anche il mio sguardo si indurì, ma il suo cambiò. Mi parse di leggere della tristezza, del rimpianto.
<Il motivo era valido, almeno per me, è solo che tu...>
<Io cosa? Non capirei? Ti sbagli, ho già capito tutto.>
<Aly...>
Si avvicinò a me, poggiando la sua mano sulla mia. D’istinto la ritrassi, allontanandomi dal suo tocco, mentre il suo sguardo si rattristava ancora, come se il mio fosse una spada intenta a trafiggergli il cuore.
<Ti prego non trattarmi così.>
Le lacrime si riversarono di nuovo nei miei occhi, e quella tristezza che leggevo nei suoi adesso era anche mia. Mi sentivo assalita da mille emozioni, delusione, rabbia, disgusto, paura. Mi sentivo sommersa, soffocata, avevo bisogno di lasciare andare.
<Sei come lui.>
Si scostò di scatto, alzandosi in piedi, mentre il peso di quelle parole che avevo appena pronunciato pesava sul mio cuore.
<Non farlo Aly...>
Mi alzai anch’io in piedi, ormai esausta, consapevole del fatto che era troppo tardi per tornare indietro.
<Fare cosa?>
Sbottai, lo sguardo puntato su di lui, i suoi occhi tristi come non li avevo mai visti.
<Non paragonarmi a lui.>
Sembrava un cucciolo abbandonato per strada, gli stessi occhi di chi è stato tradito dalla persona che più amava.
<Non paragonarmi a quel pezzo di merda, cazzo non farlo.>
Anche il suo tono di voce si fece più alto, ed io sperai che nessuno stesse ascoltando quella conversazione. Eravamo ormai a un punto di non ritorno, qualcosa si era rotto, tra noi e dentro di me, ma si leggeva ancora l’amore nei nostri occhi.
Abbassai lo sguardo, a fissare il vuoto sotto di me, ormai senza forze per sorreggere ancora il suo.
<Io non ti farei mai del male.>
<Questo non ti rende migliore di lui però.>
Lo guardai di nuovo, ma nessuno di noi due si mosse. Mi ci volle un attimo per capire che quelle mie parole avevano colpito in profondità, avevano già formato una ferita.
Il suoi occhi cambiarono un’altra volta, stavolta leggevo solo rabbia.
<Che avrei dovuto fare?>
Fece un passo verso di me, i pugni ancora chiusi.
<Rimanere fermo e zitto mentre lui...>
Si bloccò, e stavolta fui io a fare un passo verso di lui, ma la distanza era ancora troppa tra di noi.
<Mentre lui cosa?>
<Mentre lui ti immaginava nuda nel suo letto.>
Avanzò ancora verso di me.
<Mentre raccontava le sue fantasie su di te.>
Un altro passo.
<Mentre immaginava i tuoi seni tra le sue mani.>
Ancora un altro.
<Mentre si domandava come deve essere stare dentro di te.>
Eccolo, davanti a me, così vicino che potevo sentire il suo profumo, il calore del suo corpo.
<Basta.>
<Che avrei dovuto fare Aly? Starmene a guardare mentre uno stronzo immaginava il tuo corpo nudo?>
<Ho detto basta.>
<Dovevo starmene zitto mentre immaginava di toccare qualcosa di mio e usava parole che io fatico addirittura a ripetere?>
<Basta Dylan!>
Sbottai un’altra volta, voltandomi, dandogli le spalle, incapace di sopportare ancora quella sua vicinanza.
<Questo non ti giustifica, nulla ti giustifica.>
Tirai un lungo respiro, preparandomi alle parole che stavo per pronunciare, sperando di non pentirmene.
<Vattene.>
Dissi decisa, ancora di spalle.
<Non vuoi davvero che io me ne vada.>
Mi girai di scatto, adesso ero io a pesare su di lui con la mia vicinanza.
<Ho detto vattene Dylan.>
<Aly...>
<Vattene, va’ via.>
Urlai, incapace di riconoscere me stessa. Lui non parlò più. Mi voltò le spalle e sparì, se ne andò girando l’angolo di quel vicolo che ci aveva visto amarci e poi distruggerci.
Ma per un attimo, per un frammento di secondo, prima che mi voltasse le spalle, io la vidi.
Una piccola, limpida, luccicante lacrima scivolò sul suo volto. Ed io mi sentii vuota.
Quando mi calmai, ripresi fiato ed asciugai le lacrime, tornai dentro.
Ellie e Liam erano seduti al bancone, Liam aveva del ghiaccio sullo zigomo, Ellie lo guardava come lo guarderebbe una madre. Non vedevo Theo, non capii se la cosa mi sollevasse o mi preoccupasse. Mi avvicinai ad Ellie e Liam, stordita, senza ben sapere cosa dire.
<Aly, dov’eri finita?>
<A prendere aria.>
Risposi senza battere ciglio, senza preoccuparmi di inventare una scusa che impedisse ad Ellie di capire qualcosa.
<Volevo venire a cercarti, ma Liam si è fatto male durante la rissa, non volevo lasciarlo.>
<Non preoccuparti, com’è successo?>
Indicai Liam ed il ghiaccio che teneva sul viso.
<Ho cercato di separarli, ma è servito solo a procurarmi una gomitata.>
<Theo dov’è? Sta bene?>
<George l’ha accompagnato al pronto soccorso, è un po' ammaccato ma starà bene. Ho visto Dylan fare a botte parecchie volte, ci è andato leggero stavolta, l’ho visto fare di peggio. Una volta...>
Il mio cuore perse un battito sentendo il suo nome, ancor più dopo aver compreso che era in grado di fare di peggio.
<Lascia stare amore.>
Ellie interruppe il racconto di Liam, ma io non stavo neanche più ascoltando. Scese dal suo sgabello, dopo aver bisbigliato qualcosa a Liam ed avergli posato un bacio sulla fronte, mi prese per mano ed io mi lasciai guidare a qualche passo lontano da lui.
<Aly, io devo chiedertelo...>
Non risposi, sapevo già cosa volesse chiedermi.
<C’è qualcosa tra te e Dylan?>
Rimasi ancora zitta, domandandomi se fosse il caso di rispondere con il cuore oppure con il cervello.
<No. Non c’è niente tra noi.>
<Liam ha detto che Theo stava parlando di te prima che Dylan lo aggredisse, deve essere per questo che è impazzito.>
Improvvisamente, come se un velo di apatia mi si fosse posato sul viso, non sentivo più niente. Non mi importava più.
<Non so che problema abbia Dylan.>
<Si ma...>
<Non c’è niente tra noi, e mai ci sarà.>
Mi sentivo ormai priva di emozioni, inespressiva, vuota. Non provavo più niente. La rabbia era svanita, la tristezza era svanita, la delusione era svanita. C’ero solo io, come una scatola vuota, un armadio vuoto. Ero un foglio bianco, un libro senza titolo, non sentivo più niente. Dentro di me, la voce poteva rimbombare come dentro una stanza senza mobili, sarebbe rimasto solo l’eco. C’era silenzio, buio, non c’era più niente.
Non si sentiva più neppure il battito del mio cuore, ed io iniziai quasi a pensare che non battesse più.

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