Entrai in casa con le mani tremanti ed il cuore in gola.
Avrei voluto correre verso il lato opposto, scappare, nascondermi, tutto pur di non affrontare quella situazione. Ma dovevo.
Dovevo fare quel passo per me stessa, dovevo trovare il coraggio per affrontare i miei fantasmi, liberarmene. Dovevo fare quel primo passo, per cambiare la mia vita, per dimostrare al mondo che non avevo più paura.
Ma io avevo paura.
Avevo paura di quel primo passo e di tutti quelli successivi, avevo paura del mondo, avevo paura della paura stessa.
Mi guardai intorno, implorando al mio cuore di calmarsi, di aspettare, di resistere.
Supplicai alla mia volpe di darmi tregua, di tacere, almeno per quella volta, una sola volta. Ma lei non ne voleva sapere.
Bisbigliava e bisbigliava, la sua voce era intrisa di cattiveria, era lugubre e spaventosa.
Ed io, non appena trovai Ellie in mezzo alla folla, con Liam e Dylan, le diedi ascolto.
Lasciai che la voce della volpe si facesse più alta, quasi urlante, lasciai che penetrasse dentro di me, prendendo il sopravvento del mio corpo.
Iniziai a correre.
Corsi facendomi spazio tra la gente, sgomitando e spingendo, mentre il mio cuore accelerava sempre di più.
Salii al piano di sopra ed entrai nella prima camera che mi si presentò davanti una volta superate le scale, chiusi la porta alle mie spalle e sospirai.
Inspira ed espira, mi dissi, ed il mio cuore iniziò a rallentare, sentendosi al sicuro dentro quella stanza che conoscevo bene.
La camera di Alex non era cambiata affatto, tutto era ancora esattamente dove lo avevo visto l’ultima volta.
I trofei di Hockey ordinati sulla mensola sopra il letto, l’ampia finestra che si affaccia sul lago, la scrivania sotto di essa.
Mi persi un attimo a ricordare tutti i momenti trascorsi in quella camera, con lui, in quei fine settimana d’estate in cui scappavamo alla casa al lago per stare da soli.
Ripensai alla nostra prima volta su quel letto, quella prima volta che mi era sembrata magica, colma di amore e di tenerezza. Ricordai le sue mani che si muovevano premurose sul mio corpo, le sue dita che passavano fra i miei capelli, il mio cuore che batteva forte.
Ricordai quei ti amo sussurrati mentre i nostri corpi si univano, i suoi occhi che mi guardavano come se fossi la cosa più bella che avessero mai visto, i suoi baci delicati sul mio collo.
Mi era parso tutto perfetto, in quel momento. Mi era parso così perfetto da credere che quello fosse l’amore, che lui lo fosse, e che saremmo rimasti insieme per sempre.
Mentre mi perdevo tra le vie dei miei ricordi rimasti chiusi in quella stanza, la porta si aprì facendomi trasalire e strappandomi da essi.
<Aly...>
Mi voltai di scatto, pronta a correre via, ma invece mi immobilizzai.
<Alex...>
Il mio cuore riprese a correre veloce. Vederlo lì, in quella stanza, dopo che avevo ripensato a quel momento, mi provocò un nodo alla gola.
<Scusa io...>
Mi schiarì la voce.
<Non so come sia finita qui...io...è la tua camera...vado via...>
Mi sentii così stupida, stavo balbettando davanti a lui come se fossi ancora quella ragazzina, come se fossi ancora la migliore amica di sua sorella che entrava in camera sua di nascosto.
<Non preoccuparti.>
Disse, richiudendo la porta alle sue spalle.
<È tutto okay?>
Sapevo di dover andar via, sapevo che non era una buona idea rimanere lì con lui, ma non riuscii a muovermi.
Improvvisamente, lui non mi sembrava più il mio ex fidanzato tossico, ma solo Alex, il mio primo amore.
<Insomma.>
Risposi, mentre lo guardavo avvicinarsi al letto e sdraiarsi posizionando una mano dietro la testa.
<Ho sempre odiato quel quadro.>
Indicò con il mento il quadro alle mie spalle, la stampa di un tramonto sulla spiaggia.
<A me è sempre piaciuto.>
Quasi sorrisi, soffermando lo sguardo sul quadro.
<Lo so.>
Rispose da dietro di me, e per qualche motivo il mio stupido cuore accelerò.
<Ti fermavi sempre a guardarlo, da qui, dal letto. Dicevi che ti dava pace.>
<Te lo ricordi.>
Sorrisi appena, voltandomi verso di lui.
<Mi ricordo di tutto.>
Si alzò dal letto e venne verso di me, mentre io mi sentivo inchiodata al pavimento, il suo sguardo su di me.
<Ricordo ogni instante, ogni attimo.>
Si fermò davanti a me, così vicino che mi sarebbe bastato alzare una mano per toccarlo.
<Sei indelebile sul mio cuore Aly, lo sei sempre stata.>
Mi sentii improvvisamente nervosa, confusa.
<Io...è meglio che vada.>
Biascicai, facendo per andarmene, ma lui mi si piantò davanti impedendomi di passare.
<Io ti amavo.>
Il suo sguardo era di fuoco, mi entrò dentro e mi bruciò. Ma non era un fuoco benevolo, non era la fiamma dell’amore, era una fiamma spaventosa.
<Era tutto perfetto.>
Proseguì, impedendomi ancora di passare, le mie mani iniziarono a tremare.
<Ma poi tu hai deciso di rovinare tutto.>
Fece un passo in avanti costringendomi ad arretrare.
<Hai deciso di prendere quello che c’era tra noi e di buttarlo nel cesso.>
Un altro passo, ed io indietreggiai ancora.
<Sai, per molto tempo mi sono chiesto perché avessi deciso di farlo.>
Un altro passo, ed il mio respiro iniziò a farsi irregolare.
<Mi sono chiesto se fosse colpa mia, se avessi sbagliato qualcosa, se non ti avessi amata abbastanza.>
Un altro passo, e la mia gola diventò improvvisamente secca.
<Ma mi sono risposto di no. Io ti ho sempre dato tutto, non ti ho mai fatto mancare nulla, ti ho trattata come una regina.>
Non è così, stai mentendo.
Avrei voluto urlare, ma la mia bocca era incapace di parlare, mentre lui avanzava ancora ed io mi ritrovavo con le spalle al muro.
<Allora sai cosa ho capito? È tutta colpa tua.>
Si avvicinò al mio viso, il suo respiro caldo su di me. Mi girai, incapace di guardarlo mentre torreggiava su di me, schiacciandomi il più possibile contro la parete fredda.
<È colpa tua perché sei una schifosa puttana.>
La sua mano si alzò, avvicinandosi al mio petto, accarezzando il mio collo.
Tornai a quella notte, alla puzza d’alcol del suo alito, alla sua stretta intorno al mio collo, alle urla che non riuscivo a far uscire fuori.
<Sei una cazzo di puttana Alya, nessuno amerà mai una puttana.>
Non strinse il mio collo, ma l’aria abbandonò comunque i miei polmoni.
Tremavo, il mio cuore batteva veloce ed il petto mi faceva male.
Respira, mi dicevo, ma non c’era più aria per me.
<Guardati, sei così patetica, stai tremando come una foglia.>
Respira.
<Quelle come te meritano solo di essere piegate su un tavolo e poi scopate.>
Respira.
<È così che ti piace, non è vero? È così che vogliono essere trattate le cagne come te.>
La sua mano libera si poggiò sulla mia coscia, salendo piano fin sotto il vestito.
No, no, no
Non riuscivo a respirare, non riuscivo a smettere di tremare, a calmare il cuore.
Respira, respira.
Non ci riuscivo, non mentre la sua mano saliva fino a toccare l’elastico dei miei slip. Non mentre l’altra sua mano accarezzava il mio collo.
<Adesso ti scoperò come non ho mai fatto.>
No, no, no
La porta si aprì con un tonfo, portando Alex ad allontanarsi da me di scatto, mentre io cadevo a terra, inspirando con forza.
<Sei malato, cazzo.>
Una voce femminile parlò dalla porta, ma io non riuscivo a vedere niente, non riuscivo a riprendere fiato.
<Vattene.>
Disse la voce femminile, ed Alex le diede ascolto senza replicare.
La ragazza corse verso di me e si inginocchiò, mi prese il viso tra le mani, ma io non riuscivo a vederla, non riuscivo a vedere niente.
<Aly, guardami, respira.>
Non ci riuscivo, il petto mi faceva male, mi sentivo fuori dal mio corpo, incapace di reagire.
<Cazzo.>
La sentii imprecare, poi lasciò il mio viso e la sentii correre fuori dalla porta.
Cercai di riprendere il controllo, cerca di inspirare l’aria, ma non ci riuscii. Tutto intorno a me diventò nero, ed io sentii un masso poggiarsi sul mio petto.
Mentre cercavo disperatamente di prendere aria, sentii qualcuno correre nella stanza, inginocchiarsi davanti a me e prendermi il viso tra le mani.
<Aly.>
Una voce maschile chiamò il mio nome.
<Cazzo, stellina, guardami.>
Quella voce, quel soprannome solo mio, portarono il mio cuore a calmarsi appena. Iniziai a percepire il suo tocco sul mio viso, il suo profumo, la mia vista iniziò a schiarirsi.
<Ci sono io.>
Disse, prendendomi tra le braccia.
<Sono qui, non avere paura.>
La mia vista tornò limpida, ma ero ancora incapace di respirare mentre mi voltavo verso di lui e vedevo finalmente i suoi occhi verdi colmi di paura.
<Verde.>
Disse, ed io lo guardai confusa mentre ancora ansimavo in cerca d’aria.
<Indicami tutti gli oggetti verdi che vedi, fidati di me.>
Mi voltai ad ispezionare la stanza, credendo alle su parole, fidandomi di lui, e cercai il verde.
La lampada sul comodino.
La cornice di una fotografia sulla scrivania.
Una matita nel porta penne.
Un braccialetto abbandonato sul comò.
I suoi occhi su di me.
C’era più verde di quanto pensassi, e ad ogni oggetto che individuavo era un respiro in più. Piano, con calma, tornai a respirare.
Mi voltai verso di lui e senza dire una parola mi lanciai tra le sue braccia, stringendolo forte. Poi mi allontanai e lo guardai sorridendo.
<Verde?>
Finalmente sorrise lievemente anche lui, un sorriso colmo di sollievo.
<Un esercizio per calmare gli attacchi di panico, devo averlo letto da qualche parte.>
Lo strinsi forte un’altra volta, grata per avermi salvata da quel momento terribile.
Solo dopo essermi staccata da lui una seconda volta, notai la terza persona nella stanza.
Ellie mi fissava con uno sguardo preoccupato, triste, ed io ripensai a quella voce femminile che aveva mandato via Alex.
<Sei stata tu.>
Dissi, posizionandomi di fronte a lei.
<Lo hai mandato via tu, prima che...>
<Mi dispiace Aly.>
Rispose di getto, mentre i suoi occhi si bagnavano di lacrime.
<Mi dispiace per quello che ti ha fatto, mi dispiace che tu abbia dovuto vivere una cosa simile.>
Mi gettai al suo collo, abbracciandola forte mentre anche i miei occhi si bagnavano di lacrime.
<Hai chiamato Dylan.>
Le sussurrai vicino all’orecchio.
<Perché?>
Sciogliemmo l’abbraccio e ci guardammo negli occhi.
<Sono la tua migliore amica, davvero credevi che non l’avessi capito?>
<Capito cosa?>
<Che ti sei innamorata di lui.>
Sorrisi, sentendomi grata per tutto quello. Per la mia migliore amica, e per Dylan, che mi avevano salvata, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata.
<Andiamocene da qui.>
Dylan si alzò dal pavimento e mi tese la mano, io l’afferrai e mi alzai, mentre Ellie faceva lo stesso.
Scendemmo al piano di sotto mentre Dylan mi teneva per mano, Ellie al mio fianco.
La gente, ignorando quello che era appena successo al piano superiore, continuava a festeggiare, e noi ci facemmo spazio tra la folla.
Ad un certo punto sentii la stretta di Dylan farsi più forte, e quando alzai lo sguardo notai Alex davanti a noi, qualche amico al suo fianco che gli sussurrava all’orecchio.
Decisi di non pensarci, di non mostrarmi debole, alzai la testa e continuai a camminare.
<Ti sei fatta la guardia del corpo, Aly?>
Disse non appena fummo davanti a lui, mentre una risata si alzava intorno a noi.
Dylan si voltò di scatto, lo sguardo feroce. Strinsi la sua mano e lo strattonai.
<Andiamo.>
Gli dissi piano, senza farmi sentire da altri, ma lui continuò a fissare Alex.
Lasciò la mia mano così in fretta che quasi non me ne accorsi, si posizionò davanti a me, esattamente di fronte ad Alex.
<Guarda me amico, non lei.>
Disse, andandogli più vicino, mentre allungava una mano dietro di sé e mi faceva spostare di lato accanto ad Ellie.
<Sono io quello che ti ha preso a pugni.>
Ad Alex scappò una risata, mentre Dylan lo fissava dritto negli occhi, senza scomporsi nonostante il brusio della folla.
<Quale pugno? Forse te lo sei sognato, amico.>
Alex rise ancora, rimarcando la parola “amico”, i suoi amici lo imitarono ridendo con lui.
Dylan si mosse in fretta, ancora prima che Alex si rigirasse a guardarlo, alzò un braccio e con la grazia di un guerriero gli sferrò un pugno dritto sul naso che lo colse alla sprovvista. Alex cadde a terra, mentre la folla si disperdeva lasciando uno spazio intorno a lui.
Dylan si piegò sulle ginocchia, abbassandosi su Alex, mentre lui si premeva la mano sul naso che aveva iniziato a sanguinare.
<Non te l’hanno detto?>
Gli disse, con un sorriso beffardo.
<Prevedo il futuro.>
Si alzò vittorioso, voltandosi verso di me e prendendomi di nuovo per mano, mentre Alex si tratteneva dal piagnucolare.
<Aspetta.>
Dissi a Dylan, lasciando la sua mano. Mi avvicinai e mi piegai su Alex.
<Tanto perché tu lo sappia.>
Gli sussurrai, vicino al suo viso.
<Nessuno amerà mai un patetico finto uomo come te, tu l’amore non sai cos’è.>
Mi alzai e lo guardai dall’alto.
<E mai lo conoscerai.>
Mi voltai e me ne andai, con Dylan al mio seguito.
Camminai come una regina, una regina più forte di qualsiasi re.
Uscii da quella casa vittoriosa, in qualche modo.
Alex ci aveva provato ancora, ma neanche stavolta era riuscito a distruggermi. Mi aveva piegata, certo, ma non mi aveva spezzata, e mai l’avrebbe fatto.
Perché io avevo qualcosa che lui non ha mai avuto.
Io avevo l’amore dalla mia parte.
L’amore mi aveva salvata.

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Come amano le stelle
RomanceLa vita ha preso a calci Alya troppe volte, per troppo tempo. Le ha portato via la mamma troppo presto, lasciandola da sola a fare i conti con la malattia mentale del padre. Le cicatrici sul suo cuore sono troppo vecchie, troppo profonde, e Alya è...