[CAPITOLO 13] - TONIGHT*

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«Sai vero che ci sono ragazze che pagherebbero per essere al tuo posto?» Choa parlava a raffica da più di mezz'ora senza riprendere fiato.

Distesa sul divano nel salotto del suo appartamento con le gambe sullo schienale e la testa a penzoloni, guardava di tanto in tanto la compagna che, distesa sul pavimento, si era persa nel contemplare il soffitto.

Seori si era presentata alla sua porta circa tre ore prima, con i vestiti completamente zuppi e il telefono scarico.

Le aveva chiesto asilo e si era sottoposta più o meno volontariamente al suo interrogatorio «Prima o poi dovrai dargli una risposta» ripeté.

La più piccola non rispose nuovamente, abbozzando un sorriso e chiudendo gli occhi.

Jungkook era l'argomento del giorno e sembrava che Choa provasse piacere nello spettegolare su ciò che lo riguardava.

Poteva essere definita un A.R.M.Y a tutti gli effetti. Aveva un intero scaffale della libreria del salotto ricoperto di gadget dei BTS senza contare gli album e le Army bomb.

Passava la maggior parte del suo tempo libero a guardare e riguardare le performance del gruppo urlando, di tanto intanto, per la felicità.

Seori trovava dolcissimo il suo modo di rapportarsi ai ragazzi ma a tratti lo detestava. Sembrava così facile eppure per lei, era uno sforzo immane.

Alla successiva domanda della maggiore, la mora sbuffò sonoramente «Se ti piacciono così tanto perché non mi hai mai chiesto di conoscerli meglio?» chiese stizzita.

Choa si ammutolì.

Scese le gambe dallo schienale del divano e tornò seduta in una posizione umana «Perché avrei dovuto? Non sono attrazioni turistiche».

Seori aprì le palpebre girando il capo verso la compagna con un'espressione leggermente confusa «Non ti chiederei mai di farmici stare insieme... Non che l'idea non mi abbia mai sfiorato assolutamente... Ma non mi sentirei a mio agio nel sapere che mi hanno conosciuta per un capriccio».

Le parole dell'amica la colpirono.

Era abituata ad ascoltare conversazioni in cui i suoi colleghi erano considerati "oggetti" più che persone e solo in quel momento si era resa conto di quanto, inconsciamente, lei e Choa avessero lo stesso punto di vista.

Si sedette con le gambe incrociate e poggiò i gomiti nell'eterno delle cosce sorreggendo con i palmi il capo «Sono sicura che vorrebbero conoscerti meglio» disse.

Non aveva mai fatto combaciare il lavoro con la vita privata per quanto, il confine tra i due, fosse terribilmente fine.

Forse includere Choa nel resto della sua vita, non sarebbe stato un danno così grande.

«Eh, se ti chiedessi di venire a casa con me un giorno?» propose titubante.

Choa la guardò seriamente interessata «Dici davvero?» e dopo aver avuto un assenso dalla compagna le saltò al collo abbracciandola «Ti concedo cinque secondi» le sussurrò l'altra sorridendo.

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«Più veloce sfaticata di una cameriera» l'uomo seduto al tavolo del bar, urlava a squarciagola in direzione della povera donna protagonista della sua attenzione.

Le sue colleghe la guardavano con pietà, evitando i suoi sguardi supplicanti non volendo trovarsi nel mezzo della situazione.

«FORZA CON QUELLA BIRRA!» urlò uno cliente.

«Choa muoviti!» ribadì il proprietario del locale, una volta risorto da dietro il bancone degli alcolici.

«CHOA MUOVITI!»

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