12. Lie

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Stavo camminando per raggiungere l'appartamento di Jiho. Sentivo l'ansia crescere dentro al petto. Non avevo idea di cosa sarebbe successo, non mi ero prearato un discorso o cose simili.
Volevo solamente parlargli con estrema sincerità di come mi sentivo, di come lui mi faceva sentire e di tutto ciò che era successo.

Mi ero dato una sistemata, mi ero sforzato a fare una bella colazione per avere le energie che mi sarebbero servite, spinto dal coraggio di affrontare una situazione che rimandavo da troppo tempo.
E ovviamente, appena messo un piedi fuori casa, tutti i miei buoni propositi erano crollati, lasciando spazio solo alla preoccupazione e alla paura.
Avevamo già affrontato l'argomento, mi aveva convinto che fossero solo paturnie, che era tutto nella mia testa. Jiho non si rendeva conto di quello che passava nella mia testa, non credeva che le sue parole fossero così dure come suonavano nelle mie orecchie, non capiva come potessi prenderla ogni volta che mi urlava in faccia, che a lui suonava come una semplice frase e a me come un rimprovero bello e buono.
Ovviamente ogni volta avevamo chiuso l'argomento con la stessa velocità con cui lo avevamo aperto. E finivo sempre con i sensi di colpa ed un paio di notti tormentate.
Speravo davvero che questa volta sarebbe stato diverso.

Premetti l'indice sul campanello accanto al suo nome, e qualche secondo dopo il portone scattò permettendomi di entrare. "ce la posso fare..." Mi dissi inspirando. Le porte dell'ascensore si aprirono, mostrandomi Jiho, poggiato sulla porta, che mi stava aspettando.
A petto nudo.
Sicuramente quell'immagine mi avrebbe tormentato per giornate intere facendomi venire mille attacchi di calore improvvisi, fino alla settimana precedente, ma quel giorno mi metteva solo in imbarazzo.
Il suo corpo era bellissimo come sempre, addominali scolpiti, spalle large e gambe longilinee, una delizia, ma qualcosa in me era diverso.
"Hei." Lo salutai improvvisamente timido.
"Ce ne hai messo di tempo." Mi rispose con un ghigno.
"No-non sono in ritardo..." Gli feci notare, sempre più timido.
"Entra. Sto facendo il caffè, ne vuoi uno?" "Si, per favore." Entrare in quella casa mi faceva strano.
Non la sentivo più come il caldo posto accogliente che era prima, il nostro rifugio, mi sembrava più una trappola per topi, un cunicolo che ti intrappola e non ti permette più di uscirne.
Ed io, un piccolo e indifeso topolino, ci stavo entrando spontaneamente.

Mi sedetti intorno all'isola della cucina, accanto al lavabo, in un silenzio rotto solamente dal rumore della macchinetta del caffè che spremeva la miscela all'interno della tazza.
"Parla Hoseok, questo silenzio mi uccide." Mi spronò Jiho allungandomi il caffè appena preparato. Quello era il momento, era dunque arrivato.
"Oltre a quello che è successo l'altra sera-"
"Ti ho già detto che mi dispiace." Mi interruppe secco.
"Jiho, non puoi dirmi che ti dispiace a telefono e pensare che la cosa finisca così. Mi hai tirato uno schiaffo! Mi hai mentito, mi hai nascosto le cose..."
"Io non ti ho nascosto proprio niente Hoseok. Non iniziare di nuovo con questa storia." Stava accadendo di nuovo, dovevo restare calmo, perchè volevo delle risposte, questa volta le avrei ottenute.
"Possiamo parlarci normalmente? Io voglio solo capire cosa è successo..."
"Ti ascolto. Inizia, avanti." Mi ordinò bevendosi un sorso del suo caffè.

Dovetti prendermi qualche secondo per metabolizzare, non credevo che sarebbe andata così.
"Io ero con i miei amici, ti ho scritto più di un messaggio per dirti cosa stavamo facendo, ma non hai risposto e non potevo sapere che fossi anche tu a ballare, perchè a quanto ne sapevo, eri a Gangnam." Spiegai gesticolando un po troppo nella speranza di farmi capire meglio.
"Ora ti faccio una domanda Ji... Perchè non mi hai detto che saresti andato a ballare?" Volevo affrontare tutta la questione, un passo alla volta.
"Mi si era spento il telefono:" Questa cosa non era da lui. Era troppo preciso per rischiare di rimanere senza batteria, ma decisi di proseguire.
"Quando siamo saliti in terrazza, ti ho visto con gli altri, stavo per venire a salutarti ma poi è arrivata quella ragazza e... Ho visto il modo in cui la stavi abbracciando." I miei sforzi per mantenere la calma furono vani, quella parte faceva più male rispetto alle altre.
Il silenzio in cui era Jiho non mi piaceva, aveva sempre da ridire e non ero abituato a sentirlo zitto in momenti come questi.
"Dimmi la verità Jiho..." Lo supplicai con gli occhi pieni di dolore.
"Hoseok, io non so cosa tu abbia visto. Ma non è quello che pensi, perchè io so cosa stai pensando. Lei è la figlia del proprietario, e mia collega di corso. Quindi smettila subito con queste stronzate." La calma con cui pronunciò ogni parola mi fece ribaltare le viscere. "Quello non è il modo con cui si abbracciano gli amici di solito..." Gli feci notare pungente.
"Hoseok smettila con queste stronzate." Ripetè chiudendo gli occhi esasperato "Allora perchè hai voluto fare quella scenata se era solo un'amica? Come puoi pensare che io venga a controllarti?... Non pensi che questo modo di comportarti verso di m-"
"Ci risiamo? Ancora con questo discorso Hoseok?" Mi interruppe bruscamente. "Jiho, io voglio sentirmi amato, non puoi sempre rimproverarmi e sperare che mi senta bene!" Una maledettissima lacrima mi scivolò dalle ciglia finendo dritta sul tavolo sulla quale ero poggiato.
"Io ti amo Hoseok, se non ti senti così è un problema tuo. Non so più come fare a dimostrartelo!" Sbuffò ancora una volta appoggiando la schiena sul retro della sedia, mentre nella mia testa la confusione aumentava e ancora una volta finivo per accusare dei sensi di colpa che non mi appartenevano.

"Non ti stanca questa situazione?" Gli domandai riferendomi a tutte le volte in cui finivamo in questo modo. Urlarci in faccia senza riuscire a capirci, con lui che voleva impormi il suo essere ed io che cercavo di fargli capire come mi sentivo.
"Si Hoseok. Mi sfinisce." Rispose stropicciandosi gli occhi.
"Ti prego Jiho, prova a capirmi... Sono stanco di doverti sempre correre dietro. Volevo parlarti di questo. Vorrei davvero sentirmi capito, ti prego cerca di farlo." Lo supplicai asciugandomi gli occhi con il dorso della mano.
"Smettila di piangere, Lo sai che non mi piace. Mi impegnerò di più. Va bene?" Dichiarò puntandomi gli occhi dritti sul volto. Era incredibile come riuscisse a cambiare nel giro di pochi secondi, mi spiazzava sempre quando faceva così.
"Io sono stanco, e sai una cosa? Credo di essere arrivato al limite della sopportazione, vorrei che tu provassi a stare attento alle cose che fai, anzi... Avrei voluto che lo fossi stato.." A giudicare dal suo sguardo aveva capito benissimo ciò che stavo dicendo, lo stavo lasciando, per la prima volta stavo mettendo me stesso davanti a lui.
Si alzò, avvicinandosi al panchetto su cui ero seduto.
Mi squadrò durante tutto il percorso, esaminando ogni centimetro del mio corpo che riusciva a vedere. Mi afferrò il mento, costringendomi a guardarlo in faccia.
"Adesso basta, va bene?" Scansai le sue labbra con tutta la determinazione che avevo.
"Dammi solo modo di dimostrarti quanto ci tengo a te. Ti prego." Si gettò ancora una volta su di me e non riuscii a schivarlo e senza darmi neanche il tempo di rispondergli, iniziò a baciarmi, succhiando e mordendo il mio labbro inferiore.

Probabilmente ero pazzo, non avrei voluto credergli, sapevo quanto fosse sbagliato ma non riuscii a fermarmi, rigettando tutta la mia frustrazione, la mia speranza in quel bacio disperato.
Mi sollevò, intrecciando le mie gambe al suo bacino, camminando fino al divano, nella stanza accanto. Mi ci gettò sopra e, sorreggendosi sulle braccia, si sdraiò su di me, baciando e mordendo il mio collo e le clavicole che uscivano dalla felpa leggera che indossavo.
"Jiho, aspetta.." Sussurrai fra un gemito e l'altro.
"No Hoseok, non aspetto. Mi sei mancato troppo." Ringhiò sulla mia giugulare. Velocemente mi sfilò la felpa e posò le mani sui miei pantaloni stuzzicandomi fino allo stremo.
"Ah- Ji..." Li sfilò dopo qualche minuto, liberando la mia erezione.
Fece lo stesso con i suoi e mi spinse due dita in bocca mentre mi riempiva il petto di segni violacei e morsi. La mia testa aveva smesso di pensare a quel punto, contorcendomi sotto le attenzioni che stava dando al mio corpo.
Senza perdere altro tempo scivolò dentro di me non lasciandomi il tempo di abituarmi alla sua presenza.
Mi sentivo bruciare in ogni angolo delle mie parti intime, forzato e pieno della sua impazienza.
Le spinte aumentavano di intensità e velocità, sconnesse e possessive, fino a farlo arrivare al limite e venire dentro di me con un gemito rauco e le mani strette sui miei fianchi. Si stese accanto a me lasciandomi ancora tramortito da ciò che era successo, sapevo che quello era il suo modo di dimostrarmi quanto ci tenesse a me, quanto fosse dispiaciuto del nostro litigio.
Ma non riuscivo a sentirmi bene, nessun bacio, nessuna carezza, nessun contatto visivo che potesse esprimere un briciolo di affetto e premura.

Sapevo che il sesso non potesse risolvere i nostri problemi, mi sentivo quasi sbagliato per aver caeduto con così tanta facilità, ma aveva detto che si sarebbe impegnato e volevo crederci.
Dovevo.
Sentivo lo stomaco contrarsi, mi veniva da piangere e non sapevo neanche per quale motivo. Passammo molti minuti distesi uno accanto all'altro, senza toccarci, solo vicini, in silenzio.
"Dovresti andare a casa, fra poco inizierà a piovere, non voglio che ti bagni." Ruppe il silenzio Jiho. Dovetti prendermi qualche secondo per metabolizzare cosa intendesse con quella frase.
"Si, fra poco pioverà." Risposi impassibile senza voltarmi a guardarlo.
L'idea che non mi volesse li stava prendendo spazio nel mio cuore, la pootevo sentire mentre cresceva sempre di più. Speravo che lui dicesse qualcosa tipo ti accompagno a casa o se vuoi puoi rimanere da me, ma non disse niente. "Hoseok, so a cosa stai pensando... Cercherò di impegnarmi per capirti e non ferirti." Ingoiai un groppo di saliva. "Lo so..." Volevo urlargli in faccia che non aveva capito niente, che non aveva idea di cosa volesse dire ferirmi, perchè lo aveva appena fatto. Mi sforzai di guardarlo, sperando che questo gesto gli facesse cambiare idea.
"Jiho, posso restare con te?" Vidi i suoi occhi scattare velocemente nei miei e non capii se avessi percepito una scintilla di panico o di sorpresa.
"Hoseok, mi piacerebbe, ma devo andare in ospedale." Rispose schiarendosi la voce e tornando a fissare il soffitto.
"Dai, vestiti e torna a casa, che fra poco piove." Aprii la porta di casa qualche ora più tardi, mi ero preso un po di tempo per stare da solo e riflettere.

Non mi piaceva la piega che aveva preso la mattinata e dovevo in qualche modo cercare di convincermi che le parole di Jiho fossero sincere ed in buona fede. Ero andato da lui convinto di lasciarlo, di cambiare la mia vita e ne ero uscito ancora più distrutto, aggirato dalle sue parole, le sue false promesse alla quale avevo smesso di credere e dolorante per la sua abituale impazienza.
Mi detestavo.

Before of you.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora