6. Whalien 52

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I giorni passavano lenti, fra un libro e l'altro. Dovevo concentrarmi sullo studio o non avrei passato gli esami di settembre. Ormai mancava davvero poco, un paio di settimane e sarebbe iniziata l'ultima parte della sessione estiva.
Nonostante la stanchezza, avrei dovuto preparare le uniche materie che mi erano rimaste per essere in pari con il corso, e anche se erano quelle che più mi annoiavano ed infastidivano, non avrei permesso che mi rovinassero la media che avevo costruito con tanti sacrifici.

Avrei preferito di gran lunga uscire con i miei amici, più tosto che stare inchiodato a quella maledetta scrivania per giornate intere. Eravamo riusciti a vederci solo un paio di volte da quando ero tornato da Jeju, o meglio quella che sarebbe dovuta essere la mia vacanza, che poi si è trasformata in un supplizio.
Dovevo immergermi nei libri per preparare al meglio meccanica delle strutture e analisi, a malincuore. Non era facile, dato che a peggiorare il tutto ci si era messo anche Jiho.

Ancora una volta le nostre discussioni erano aumentate, impadronendosi delle mie energie e dei miei pensieri. Avevo provato a capire cosa fosse andato storto in vacanza, dato il suo comportamento, finendo per litigare ancora una volta.
Mi ripeteva che ero un bambino, che mi facevo troppi problemi su cose che non esistevano, che le nostre discussioni erano il frutto del mio comportamento infantile. La causa ero ancora una volta io.
Che fastidio infinito.
Poi, cercando di passare oltre, gli avevo detto che mi sarebbe piaciuto tingermi i capelli o tagliarli in modo più particolare. Inutile dire come fosse andata a finire... Mi portava allo stremo delle forze. Non credevo che questi fossero argomenti validi per intavolare una litigata come quella che stavamo avendo da giorni, ormai.

Evidentemente mi sbagliavo.

Cercavo di sfruttare lo studio per distrarmi, per non pensarci, per evitare di fissarmi sulle mie insicurezze. Cercavo un modo per fuggire, una scappatoia, o semplicemente una distrazione, ma quella volta non sembrava funzionare. Mi risuonavano in testa le parole di Jiho, e ogni volta che provavo a concentrarmi lo sentivo.
Non dire stronzate, non ho niente che non va.
Sei tu quello che ha sempre mille paranoie. Sei patetico.
Dovresti smettere di pensare solo a te e iniziare a pensare a chi ti deve stare intorno.
Non sei neanche in grado di studiare per bene, leva quel cazzo di telefono.
Smetti di parlare con quegli scemi dei tuoi amici e concentrati.
Certo, con i capelli colorati saresti perfetto per il prossimo spettacolo al circo che allestiranno ad ottobre. Dovresti mandargli un curriculum, magari ti prendono.

L'odio con cui mi parlava, la sua freddezza, le sue continue critiche, proprio non riuscivo a capirlo. Non gli avevo fatto niente di male e non aveva davvero motivo di rispondermi con così tanta durezza.
Mi portava davvero a dubitare di me stesso, finendo per chiedermi se il problema non fossi realmente io, forse non ero in grado di pormi, di chiedere le cose, o semplicemente di parlargli.

"Aaah, fanculo, mi serve aria fresca." Mi alzai in piedi, passandomi una mano fra i capelli. Gli occhi mi bruciavano e sentivo friggermi le tempie, avevo davvero bisogno di fare qualcosa di diverso. Decisi di vestirmi, avrei passato un paio di ore fuori casa, magari andando in quel parco che mi consigliò Taehyung qualche settimana prima. Li sicuramente avrei trovato un po di pace.
Mi coprii il petto con una Tshirt senza neanche guardarla e mi infilai le prime scarpe che trovai.
Avevo bisogno di camminare, di staccare la mente e respirare un po del vento che muoveva le foglie degli alberi sopra la mia testa. I miei piedi iniziarono a muoversi per raggiungere il parco, sicuri che lo avrebbero trovato, mentre la mia mente si arrovellava ancora sui mille pensieri che la invadevano.
Perchè non riuscivo a far capire a Jiho che alcuni suoi modi di fare mi ferivano? Io ero cambiato tanto nel corso della nostra relazione, andando in contro ai suoi gusti, alle sue esigenze.
Non guardavamo neanche un film che piacesse a me, solo quelli che piacevano a lui, non facevamo niente insieme di quello che proponevo io, avevo cambiato tante cose di me, compreso il mio modo di vestire. Avevo cercato di dare uno scopo alla mia vita, per lui. Odiavo quando mi sminuiva o mi prendeva in giro in quel modo strafottente, non riusciva mai a capire quando lo scherzo diventava pesante, quando superava quel limite e sfociava in cattiveria gratuita.
E tutte le volte in cui provavo a dirgli qualcosa, invece che ascoltarmi, sminuiva il mio dolore dicendomi di crescere e di farla finita con tutte queste stronzate da ragazzina con gli ormoni impazziti.

Forse Seokjin aveva ragione, forse l'amore era qualcosa di diverso rispetto a quello che stava vivendo con Jiho, forse i sentimenti dovevano andare oltre all'aspetto esteriore, e forse, in una relazione serena, ci si doveva preoccupare di stare bene e far star bene l'altro.
La verità era che ogni volta che tentavo di far stare bene lui, finivo per stare male io, nudo e dolorante, sfregiato dai suoi modi bruschi, o con l'anima spezzata da un senso di inadeguatezza che mi opprimeva.
Scavai in ogni angolo della mente, riflettendo su quanto era accaduto negli ultimi mesi, cercando ogni singolo momento in cui ero stato felice con Jiho. Tentai di aggrapparmi con tutto se stesso a quelle immagini, ma mi arresi dopo qualche minuto, alzando lo sguardo dall'asfalto, pensando che ormai sarei dovuto essere arrivato.

Rimasi completamente spiazzato vedendo dove ero finito. Ero davanti al museo di arte contemporanea e moderna, completamente da un'altra parte rispetto a dove volevo andare, lontanissimo da casa.
Come diavolo avevo fatto ad arrivare fino a li senza che me ne accorgessi? Mi ero perso nei miei pensieri talmente tanto da non rendermi conto di dove stessi andando.
Sbuffai sempre più nervoso, pronto a girarmi per tornare indietro, ma un dettaglio catturò la mia attenzione. Nel centro del giardino all'ingresso del museo era stato montato un cartellone che annunciava l'installazione di alcune opere di Nariko Mori. Una fra i miei artisti giapponesi preferiti in assoluto. Non sapevo neanche che ci sarebbe stata una sua mostra.
Maledetto studio, mi ero immerso così tanto nella preparazione dell'esame da essermi perso tutto quello che mi circondava. L'amore per quest'artista era troppo forte, non potevo ignorare il fatto che mi trovassi proprio li, con solo un biglietto a separarmi da tutta la bellezza che esprimeva. Mi convinsi che, ormai che c'ero, avrei potuto godermi almeno un paio di sale, male non mi avrebbe fatto e forse mi avrebbe aiutato ad abbandonare i pensieri su Jiho e tutto il disastro che circondava la nostra relazione.

Entrai, pagando l'ingresso, pronto a godermi quel meraviglioso mondo che mi attendeva.
Le sue installazioni erano famose per essere dei veri e propri viaggi, dentro la quale si riesce a seguire una linea continua che porta fino dentro a noi stessi. Non vedevo l'ora di immergermici. Rimasi a bocca aperta entrando nella prima sala. Alcune sculture enormi, lucide e sinuose riempivano l'intera area, il bianco rifletteva le luci disposte intorno ad esse accecandomi e creando un alone sfumato che le avvolgeva delicatamente, contribuendo ad esaltarne la figura. Passai da una all'altra, seguendo il percorso preciso con cui erano state posizionate. Iniziai a seguirle, fino a che mi condussero nella sala successiva, sovrastata da un'unica installazione. Un solo guscio metallico, liscio e avvolgente, completamente cavo all'interno. Sembrava un uovo disposto orizzontalmente.
Avvicinandomi iniziai a desiderare di poterci entrare e potermici rinchiudere dentro, sparendo per qualche ora, o qualche giorno. Sarei stato curioso di sapere se Jiho avrebbe notato la mia assenza o meno... Ma forse non avrei voluto conoscere la risposta a quella domanda.

Mi scrollai le spalle lasciando andare un sospiro e proseguii lungo la linea temporale con cui erano state installate le opere,
Mi ritrovai catturato dalla terza sala, un percorso formato da grandi mattonelle bianche, si estendeva da una parte all'altra di essa. Ognuna aveva una forma propria, diversa da qualunque altra, ma tutte si incastravano perfettamente, creando una magica armonia. Iniziai a seguirle passo dopo passo, lasciandomi condurre in un angolo in cui erano riunite alcune lastre più vicine fra loro e più piccole. La dimensione e la densità diminuivano man mano che si avvicinavano al centro del cerchio, dentro la quale era posizionata una piccola statua in vetro opaco. La rinascita era il tema guida che aveva ispirato Nariko Mori, il rapporto fra la natura e l'uomo, esaltando l'uguaglianza che univa ogni essere vivente. Ogni concetto, ogni singolo pensiero che avesse potuto avere l'artista, lo vivevo vivido nella mia mente, come se ne facessi parte. Anche io credevo nell'uguaglianza fra gli esseri viventi, anche io amavo la natura, tanto da renderla protagonista della mia vita, anche io, come lei, volevo rinascere, ne avevo bisogno, avendo cura di tutto ciò che mi circondava.

"Hei... Tutto bene?" Una voce giunse alle mie orecchie, facendomi sobbalzare. Mi voltai, trovando davanti a me la figura di un ragazzo biondissimo, poco più basso di me.

Before of you.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora