L'avevo fatto di nuovo, ero fuggito rintanandomi nell'unico posto in cui sarei stato davvero solo.
Era metà novembre, faceva freddo e mi era crollato il mondo addosso un'altra volta, il mio mondo, quello che cercavo di costruire da ormai troppi anni, quello in cui iniziavo a credere solo da qualche settimana.
Spazzato via come se fosse un ramoscello secco in mezzo ad una tempesta. Mi sentivo vuoto, ancora una volta.Annullato completamente.
Assopito da sentimenti che non riuscivo a controllare.
Rotto da qualcosa che era palesemente più forte di me.
Dilaniato ancora una volta nell'anima.
Ci ero cascato ancora. Io, il mio peggior nemico.
Avevo passato la notte in bianco, avevo spento il telefono, mi ero rifugiato nel mio segreto più grande.
Volevo solo stare da solo.
Riusciva a far male anche quando non mi importava.
Riusciva a ferirmi anche quando non avrei voluto permetterglielo.
Apriva le vecchie ferite e ne creava di nuove come se fossi un pupazzo, una stupida bambola di pezza, una cavia in un laboratorio.
Se voleva vedere quale fosse l'effetto delle sue azioni gli sarebbe bastato guardarmi in quel preciso istante.
Seduto su un tronco bagnato, stretto sulle ginocchia mentre silenziose lacrime mi solcavano il viso.
Avrei preferito affogarci in quelle lacrime piuttosto che sentirle scorrere insulse e furibonde sul mio volto.
Sopra di me non c'era una distesa infinita di cielo coperta dalle foglie degli alberi.No, niente di tutto ciò che amavo.
C'era un misero tettuccio scortecciato che fingeva di coprirmi dalla fitta pioggia che stava cadendo mentre la solitudine si impadroniva della mia anima rendendomi parte integrante del triste paesaggio che mi circondava.
Erano giorni che pioveva solo per qualche minuto, ma quel giorno il destino aveva giocato di nuovo con il mio umore facendolo combaciare con il clima.
Era bastata una manciata di minuti per farmi sprofondare di nuovo nella parte più desolata di me stesso, per farmi rivivere la vita che vivevo prima che la risollevassi, prima di lui.
Una manciata di minuti in cui avevo perso il controllo della situazione, ed era sparito tutto.Sporco.
Rotto.
Dolore.
Erano le uniche sensazioni che provavo.
Avrei voluto strapparmi la pelle.
Mi sarei voluto fondere davvero con quel vecchio tronco su cui ero seduto, sperando che nessuno mi trovasse.
Il mio corpo veniva scosso da tremiti continui, a causa del freddo e della paura.Mani che mi afferravano, che stringevano, che violavano.
Ad un tratto, con gli occhi chiusi immaginai dei lineamenti morbidi, occhi affilati, poi spalancati, labbra screpolate che mimavano il mio nome con forza.
Capelli biondi gocciolanti di pioggia e paura.
Il buio.
Salvami.
Aprii lentamente gli occhi, sentendo la testa che bruciava, così come il resto del mio corpo. Cercai di portarmi la mano sugli occhi per coprire lo spiraglio di luce che entrava dalla finestra accanto a me. Ma io non avevo una finestra accanto al letto.
Mi alzai di scatto terrorizzato e una voce che conoscevo bene mi fermò.
"Hei Hobi, Hobi, fermo. Non ti agitare, tranquillo stai bene." Intravidi la figura snella ed alta di Seokjin accanto a me con gli occhi pieni di lacrime pronte ad esplodere.
La paura ancora viva sul mio volto riflessa nella freddezza della mia voce.
"Hyung, cos'è successo? Dove siamo?" Farfugliai colto da una fitta di dolore alle tempie.
"Siamo a casa di Nam. Yoongi ti ha trovato in un giardino vicino alla Kyobo. Hai la febbre alta, non ti agitare." Improvvisamente venni colpito da un fulmine a ciel sereno.
Ricordai tutto.La chiamata di Jiho, la discussione, le sue mani, la mia fuga. Ogni singola immagine scorreva veloce nella mia testa, catapultandomi in un mondo che avevo sperato di aver solamente sognato.
Istintivamente mi portai una mano sul labbro inferiore toccando il piccolo taglio che ero sicuro di avere.
"Vuoi raccontarmi cosa è accaduto?" Mi chiese Seokjin preoccupato e pieno di compassione.
"Yoongi dov'è?" l'unica cosa di cui mi importava in quel momento. ironico come lui fosse il mio pensiero fisso.
Lo volevo vedere.
Dopo ciò che era successo sentivo di dovermi scusare, sentivo di dovergli delle spiegazioni. Non osavo neanche immaginare quanto fosse arrabbiato, quanto fosse stato in pensiero, per quanto tempo mi avesse cercato.
"Adesso è a lavoro, tornerà fra un paio di ore."
"Per quanto tempo ho dormito?" Chiesi confuso.
"Ti ha trovato ieri pomeriggio. Adesso sono le 7 di sera." Avevo dormito per più di 24 ore. Ero completamente frastornato dai dolori, la febbre alta che mi stringeva un cerchio intorno alla testa, bruciandomi la pelle scossa da tremiti di freddo.
"Hyung, portami dell'acqua per favore..." Implorai con la poca voce che avevo.
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Before of you.
FanfictionQuando tutto ció che ti succede intorno ti schiaccia e ti opprime, fino ad annullarti, hai solo due opzioni. Lasciarti travolgere e schiacciare da chi ci vuol fare sentire un inetto oppure riscattarti e vivere la tua vita allontanando il dolore. E H...