8.

170 9 2
                                    

6 novembre.
Vorrei che l'Olimpo portasse il suo nome.
Almeno così mi ci sentirei completamente a casa, lo conoscerei più di quanto vorrei, e smanierei per restarci per l'eternità, cosa che un dio a prescindere deve fare, ma magari col suo nome il soggiorno potrebbe essere più gradevole.
I miei pensieri farneticavano.
Mentre io farneticavo una risposta per la professoressa di storia. Si, quella con un cespuglio rosso in testa.
Siccome, come mio solito, ero con la testa tra le nuvole, non avevo sentito quello che stava spiegando, per cui quando mi chiamò perché io lo ripetessi, diciamo che ci mancò poco che fingessi di svenire.

"Apollo, vorrei conoscere il perché di tanta distrazione, è chiaro che non hai sentito nulla di quello che è stato spiegato" mi rimproverò pacatamente, ed io sprofondai nella sedia.
"Gran bella figura, Apollo" mi sussurrò Sharon da dietro.
"Chiudi il becco" non ci parlavo più da qualche giorno, esattamente da quando avevo avuto quell'ultima discussione con Theo, che alla fine era scomparso davvero. Ma glielo avevo chiesto io, quindi quel periodo di merda che stavo passando era solo colpa mia.
Avevo preso le distanze da quasi tutti: Merida neanche provavo a guardarla in faccia, nonostante lei più volte mi avesse chiesto scusa; stavo trovando il coraggio per affrontare Derek, che ultimamente stava studiando come un matto, quindi a prescindere ci saremmo visti poco; Sharon... beh, era Sharon, non ci parlavo neanche normalmente.
Quello che mi aveva sorpreso di più era stato Matt, credevo mi rifilasse le sue solite battutine astiose, invece provava a starmi il più vicino possibile, peccato che io non glielo permettessi più di tanto.
Invece Theo...
"Apollo! Basta chiacchiere, perché non vai a farti un giro fuori in corridoio?" forse avevo parlato con un tono di voce abbastanza alto senza accorgermene, poiché la professoressa mi aveva appena cacciato garbatamente dalla classe. Non protestai.

Erano le gambe, si, diedi la colpa alle mie gambe quando mi ritrovai di fronte al portone chiuso della palestra. Era chiuso a chiave. Io non avevo le chiavi. Ma Theo si.
Non mentivo quando dicevo che era scomparso, perché era letteralmente scomparso dai radar. Mi sentivo come se fossi tornato indietro nel tempo, nel momento in cui vivevo ignaro dell'esistenza di quel ragazzo avente i miei occhi, quando ancora ero proprietario del mio cuore, quando non avevo la testa impregnata dai suoi ricordi.
Mi stavo rendendo conto che la vita condotta prima di incontrarlo era priva di qualcosa, semplicemente avevo iniziato a vivere solo dopo di lui, solo con lui.
E adesso lui non era da nessuna parte, non lo vedevo più in giro e, le poche volte che avevo incontrato Andrew, il mio orgoglio non mi aveva permesso di chiedergli dove fosse. E ogni tanto odiavo Theo e lo incolpavo per non aver insistito con me, per non avermi mai cercato, e odiavo non sapere come stesse e se ero io l'unico a passarsela male. Probabilmente mi odiava anche lui. Peccato che io lo amassi.

"Apollo". No, non di nuovo, non lei, non adesso.
Mi voltai in tempo per scorgere una chioma bionda corrermi incontro, ma non abbastanza velocemente per potermela dare a gambe.
"Apollo"
"Che c'è"
"Possiamo parlare?"
"No" non volevo affrontare Merida perché ero un codardo.
"Apollo, ti scongiuro"
"Non sprecare il tuo tempo cercando di farti perdonare"
"Non sai quanto mi dispiace, io non lo sapevo... se l'avessi saputo..."
"Non lo sapevi? Non ti ricordi quello che ti ho detto prima di andare alla festa?"
"Si, ma non sapevo fosse lui!"
"E come avresti potuto?" era Theo quello che sapeva chi era lei, era Theo quello che si definiva fidanzato con un'altra persona, e guarda caso quel malcapitato ero io. Lasciai lì Merida e andai in bagno, speravo di trovare un po' di privacy.

Non trovai un po' di privacy.
Anzi, avrei voluto non mettere proprio piede in quel bagno. Non me lo aspettavo, non lo stavo cercando, però lui era lì.
Quante probabilità c'erano che ci incontrassimo casualmente, in uno stesso luogo nello stesso momento? Era poggiato al lavandino, le spalle curve mentre fissava il suo riflesso allo specchio. Senza guardarlo mi voltai e tentai di aprire la porta... il problema era che mi rimase in mano la maniglia.
"Che cazzo!" imprecai, e iniziai ad improvvisarmi fabbro. Una risata gutturale mi giunse alle spalle
"Tranquillo Pollon, non mordo mica".
Eh già, sembravo un disperato concentrato a fuggire da un cane rabbioso. Sempre continuando ad evitare il suo sguardo mi avvicinai alla finestra, che pur aprendosi si trovava al secondo piano, quindi saltare era fuori discussione (si, perché lo avevo seriamente preso in considerazione).

I wanna be yours ~ Apollo & TheoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora