43.

89 5 0
                                    

29 dicembre.
"Ha fatto incidente, ora è in ospedale e la stanno operando. A chiamarci è stato Jacob, ci ha detto che hanno avuto una discussione e Artemide è uscita di casa arrabbiata, si è messa sulla moto ed è partita. Più o meno un'ora dopo l'hanno chiamato dall'ospedale di Madrid" mia madre fu serafica nel raccontarmi cos'era accaduto. Io avevo il cervello sconnesso.
Sapevo solo che Jess stava tenendo i bambini in cucina, cercando di spiegare pacatamente a Dora cosa fosse successo, e Theo era lì, vicino a me.
Non credevo di star piangendo, ma sentii le lacrime bagnarmi le guance. Erano lacrime silenziose.
"Ma quindi si riprenderà?" fu la mia prima domanda, la prima preoccupazione, perché non potevo accettare un futuro in cui colei col quale ero cresciuto, con cui avevo fatto tutto sempre insieme, potesse non esserci più.
Era vero, in quell'ultimo periodo ci eravamo leggermente allontanati, ma solo per le circostanze e le realtà diverse che stavamo vivendo.
Lei comunque era, e sempre sarebbe stata, la mia gemella.

"Jacob ha detto che ci farà avere notizie il prima possibile, intanto io e tuo padre partiremo stasera per Madrid"
"Voglio venire anch'io" quasi urlai.
"Apollo" tentò di calmarmi mia madre.
"No! Devo... voglio... dannazione! Perché siamo ancora qui, mentre lei è in una sala operatoria? Che cosa le stanno facendo esattamente? Quanta probabilità c'è che lei... sopravviva? Noi partiamo adesso. Ed io prendo a pugni Jacob non appena lo vedo, perché se non fosse stato per la loro litigata adesso lei non sarebbe dentro una fottuta sala operatoria! Lo prendo a calci" gridai tutta la rabbia ed il dolore che avevo dentro.
"Apollo, cerca di respirare e calmarti. Tu rimarrai qui con Jess, noi partiamo e vi chiamiamo al più presto"
"Ed io picchierò Jacob anche per conto tuo" aggiunse mio padre, lo guardai e mi resi conto che mai l'avevo visto tanto sconvolto. Sul suo viso non c'erano lacrime, come sul mio o quello di mia madre, ma pura sofferenza e terrore.
La paura di perdere sua figlia.
Forse fu quello a farmi desistere, perché sapevo che Artemide sarebbe stata in buone mani e sarebbe stato più intelligente e comodo farmi rimanere qui.

"Artemide è una roccia, ce la farà, su questo non ho dubbi. La trasferiranno all'ospedale di Londra così potremo andarla a trovare tutti" disse mia nonna.
"Si, ma quando?" chiesi.
"Presto, Apollo, presto". In quel momento Dora uscì dalla cucina, aveva gli occhi rossi dal pianto. Mi alzai dal divano, andai da lei e la presi in braccio. Si abbandonò con la testolina nell'incavo del mio collo ed io mi avviai verso camera mia con Theo che ci seguiva. Non ero sicuro che avesse detto qualcosa ai miei genitori, ma mi pareva di aver sentito un 'ci penso io' nemmeno troppo sussurrato.

~~~

30 dicembre.
Era piccolo, il mondo esterno che riuscivo a scorgere dal sottile spazio lasciato libero dalla tenda di camera mia. Pioveva. Ero sul mio letto. Sentivo un peso sullo stomaco. Quando abbassai la testa, vidi Dora e Theo dormirmi addosso. E poi, come un treno in corsa, gli avvenimenti del giorno prima mi invasero la mente.
L'incidente di Artemide; l'operazione infinita; mamma e papà che venivano a salutarmi prima di partire. E l'incertezza di cosa sarebbe successo, dopo.
Mi districai dall'abbraccio di Theo e Dora e, attento a non svegliarli, scesi in cucina.

"Apollo"
"Buongiorno, nonna"
"Buone notizie"
"Artemide sta bene?"
"Si, è in gravi condizioni e le servirà qualche mese di riabilitazione, ma si riprenderà. Visto che domani è 31, hanno deciso di trasferirla direttamente dopo capodanno. La rivedrai" mi sorrise.
"La rivedremo tutti" a parlare fu Jess, che entrò in cucina con James in braccio e Georgy al seguito. Presi in braccio il mio fratellino e sorrisi, anche se già immaginavo quanto Artemide avrebbe sofferto la riabilitazione, essendo lei una persona che non era capace di stare un attimo ferma.

"Dora ed il tuo amico dormono ancora?" mi chiese nonna.
"Si. Papà ha picchiato Jacob?"
"Non è con la violenza che si risolvono le cose, e comunque quel ragazzo non ha nessuna colpa"
"Andiamo, ogni tanto un po' di violenza fa bene"
"No, Apollo". Sbuffai e misi giù Georgy.
"Posso chiamarla?" chiesi.
"Deve ancora svegliarsi bene dopo la lunga operazione di stanotte, ma si, puoi provare".
Non mi servì null'altro, bastarono quelle parole per farmi schizzare fuori dalla cucina a recuperare il telefono.

I wanna be yours ~ Apollo & TheoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora