29 dicembre.
Non ero solito frequentare cimiteri.
Le uniche persone della mia famiglia sepolte lì erano i miei nonni materni e mio nonno paterno. Ma i primi due erano morti di vecchiaia prima che io nascessi, erano già di età avanzata quando avevano avuto mia madre, figlia unica, per questo lei si era ostinata a sfornare figli sin da giovane, non voleva finire come i suoi genitori. Anche mio padre era figlio unico, questo spiegava il perché avessero avuto il desiderio comune di procreare tanto.
Il marito di nonna Kora, invece, l'aveva conosciuto solo Jess, io ed Artemide avevamo due anni quando era morto d'infarto, per cui non ce lo ricordavamo.Seguivo Theo avvolto nel giubbino. Non mi era mancata l'aria fredda di Londra, men che meno quella pioggerella fine che esisteva solo per darmi fastidio.
Se proprio doveva piovere, che piovesse come si deve!
Quella mattina avevamo preso il primo volo per Londra, al nostro arrivo Jess ci aspettava all'aeroporto, tuttavia prima di andare a casa per pranzare avevamo fatto una tappa al cimitero. Theo sarebbe venuto a stare da noi visto che non voleva in alcun modo vedere la madre, non che vivere sotto lo stesso tetto di mio padre fosse stato tanto meglio, ma Artemide non c'era ed io pretendevo compagnia.
Il mio stomaco cominciò a brontolare quando arrivammo di fronte la lapide di Hector Robinson. Rimanemmo fermi lì, nel dolore di Theo. Finché non diedi voce ai miei dubbi."Theo"
"Cosa"
"Tu non hai mai sospettato nulla su una nostra possibile parentela?"
"Da sempre, per me, la mia vera famiglia ha compreso solamente mio nonno, tanto da non portarmi a farmi alcun tipo di domande. E quando ho visto i tuoi occhi così simili ai suoi, ho pensato fosse solo una coincidenza o, più stupidamente, destino. Oggi è 29"
"Lo so, Theo. Mi ricordo che questo numero, come il 18, l'abbiamo sempre ritenuto nostro"
"Io, non tu"
"Anche io!"
"Ma se il mese dopo il nostro primo incontro non te lo ricordavi neanche! Se non ci fossi stato io, il 29 sarebbe andato nel dimenticatoio" mi rimproverò ricordandomi di quel lontano 29 ottobre in cui mi aveva spinto nel ruscello della tenuta del nostro liceo."Leo"
"Cosa"
"Ti ricordi quando sei inciampato sulla mia gamba ed io non ho fatto altro se non fissarti?"
"Come potrei scordarlo? Ammetto che mi hai messo in soggezione, il tuo atteggiamento sprizzava fastidio e menefreghismo, oltre che altezzosità e rimprovero"
"Wow, è stata questa la prima impressione che hai avuto di me?"
"Si, Theo, almeno per i primi due secondi. Perché poi ho ritrovato i miei occhi nei tuoi occhi ed ho capito di essere ufficialmente fottuto"
"Non era altezzosità quella con cui ti guardavo. Era l'azzurro dei tuoi occhi che mi ricordavano casa, perché fino a quel momento l'unica casa che conoscevo era mio nonno. Per questo, quando settimane dopo sul tetto della scuola mi hai chiesto quale fosse il mio colore preferito, io ho risposto con 'azzurro'. L'azzurro è mio nonno, è mio fratello, sei tu". Non risposi, perché non potevo sporcare quella confessione con altre parole, perché neanche tutte le parole del mondo, in tutte le lingue del mondo, sarebbero bastate."Comunque, anche il tuo sguardo non è stato dei migliori" continuò.
"In che senso?"
"Non l'ho dato a vedere, ma la rabbia con cui mi hai guardato mi ha fatto provare una paura non da poco, oltre a farmelo venire duro"
"Ti sei eccitato perché ti ho guardato furioso?"
"Si, ed anche per il tuo naso mezzo rotto. Eri buffo"
"Buffo!? Ho passato i dieci minuti peggiori della mia vita!"
"Quindi, se potessi farlo, cambieresti il modo in cui ci siamo incontrati?"
"Oh no, a costo di rompermi il naso altre mille volte"
"Non ti ho mai rotto il naso! E, tecnicamente, non è stata colpa mia se sei caduto, eri con la testa tra le nuvole"
"Ciò non toglie che la tua gamba era lì in mezzo. Se non fossi stato così concentrato a leggere il tuo Wilde, giurerei che l'avresti anche fatto apposta" fu la sua risposta mancata, insieme al suo sguardo che iniziò a vagare ovunque pur di non incontrare il mio, che mi inculcò il dubbio."Perché tu non l'hai fatto apposta, vero Theo?". Cominciò persino a fischiettare, il bastardo.
"Theo"
"Sai perché ti dicevo sempre che eri un ragazzo ingenuo?"
"Illuminami"
"Non vedevi più in là del tuo naso e a volte ti si dovevano spiegare cose evidenti, perché te ne accorgessi"
"Non ti seguo"
"Quello non è stato il primo giorno in cui io ho visto te"
"Cosa!?" ero incredulo, confuso, e mi sentivo un completo stupido.
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I wanna be yours ~ Apollo & Theo
RomansaÈ un gioco di sguardi. Uno scambio di anime e cuori. La storia di un amore serafico, l'amore di Apollo. Silenzio, ecco che cos'è, cosa sono. Perché inizia quando meno te lo aspetti. E, nonostante ci si prepara, non si è comunque pronti alla sua fin...