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15 gennaio.
Era il non vederlo più sul tetto della scuola la mattina.
Era l'impossibilità di raggiungerlo quando avevo bisogno di un suo abbraccio.
Era il tempo vuoto di lui che trascorrevo sotto il nostro albero, leggendo Oscar Wilde.
Era l'assenza sua al mio risveglio.
Erano i miei silenzi privi dei suoi silenzi; era la sua mano lontana dalla mia; eravamo coppia in un ballo dettato dalla distanza; era il mio corpo senza la vicinanza del suo.
Era.

Eppure c'era, eppure continuava ad essere totalizzante amarlo. Continuavo a donargli amore ogni secondo, perché se pensavo anche ad altre cose, pensavo comunque a lui. Perché prima di amare col corpo, amavo col cuore.
E a tratti era mancanza, a tratti io che contemplavo il cielo fantasticando su Theo che magari stava guardando lo stesso punto, nello stesso istante, seppure a chilometri di distanza.
Perché lo spazio non era privo di lui, ma privo solamente della sua concretezza.
Ed io, in sua assenza, non ero privo di lui, ma privo di me.

"Ti dico che la risposta giusta era la 'a'!"
"No! Era la 'c'!" per la prima volta nella mia vita, stavo provando l'impulso di picchiare una donna.
"Volete smetterla? Tanto ormai l'avete già fatto il compito" sbuffò Derek.
"Scommettiamo" propose Sharon.
"Va bene, scommettiamo. Se la risposta giusta è la 'c', cambierai sezione" ero crudele, lo sapevo, ma iniziavo davvero a non sopportarla più nemmeno in classe, e l'antipatia era reciproca e non facevano niente per nasconderlo.
"Vaffanculo, Apollo. Se ho ragione io, invece, non solo rimarrò in classe con te, ma ci siederemo anche vicini" mi fece una linguaccia mostrandomi il piercing rosa.
"Avete finito?" si intromise Derek entrando nel bar dove ci stavano aspettando gli altri.
"Si" rispondemmo all'unisono fulminandoci subito dopo con lo sguardo.

Salutai Emily al bancone e presi posto al tavolo vicino a Matt.
"Com'è andato il compito?" chiese.
"No ti prego, hanno appena smesso di litigare, non ricacciare l'argomento" si lamentò Derek accasciandosi sul tavolo. Il fatto era che stavamo tutti impazzendo, in quel periodo non avevamo tempo nemmeno di respirare per quante cose avevamo da studiare, ed un po' mi andava bene, perché studiare mi distraeva dai costanti pensieri che affollavano la mia testa.
Feci scivolare lo sguardo sui miei amici. Sharon che si era messa a parlare con Merida, ed Andrew che sorrideva con... chi era quel tizio?
Lo guardai, capelli scuri brizzolati ed un paio di occhi verde acceso come due fanali, aveva una cicatrice sulla guancia sinistra che partiva da sotto l'occhio ed arrivava all'altezza della bocca. Sembrava una lacrima. Quando sorrise il piercing all'angolo delle labbra si tese, solo dopo mi accorsi che stava sorridendo a me.

"Bene, adesso che ci siamo tutti, vorrei presentarvi Nathanyel, il mio nuovo compagno di stanza. L'ho conosciuto quando siamo rientrati dalle vacanze" disse Andrew.
Non l'avevo mai visto prima. O, più semplicemente, non mi ero mai accorto di lui. Il mio essere distratto iniziava a preoccuparmi.
Strinse la mano a tutti, notai Merida e Sharon guardarlo con occhi adoranti, finché non arrivò a me.
"Apollo" mi presentai.
"Come quel cartone di qualche anno fa, com'è che si chiamava? Pollon! Tu puoi chiamarmi Nate, se vuoi". No, non volevo, decisamente non volevo. Lottai per non alzarmi e prenderlo a schiaffi. Solo una persona poteva chiamarmi come quello stupido cartone animato.

"Solo io non conosco questo cartone?" disse Matt.
"Neanch'io l'ho mai sentito" si aggregò Derek.
"È un anime giapponese, nato da un manga, da quello che mi ricordo c'è solo una stagione ed è stato doppiato in vari paesi". Iniziarono una conversazione sui manga. Io fissai Nathanyel.
Chi era? Da dove usciva fuori? Perché aveva una mascella tanto perfetta? Mio malgrado mi soffermai sulla sua cicatrice, la mia curiosità prima o poi mi avrebbe ucciso. Tirai una gomitata a Matt per attirare la sua attenzione.
"Da dove sbuca?" chiesi facendo un cenno con la testa verso il nuovo ragazzo dagli occhi verdi.
"Dalla vagina di sua madre, suppongo"
"Matt! Parlo seriamente"
"Ne so quanto te, Apollo. In questi giorni l'ho incrociato qualche volta nel corridoio, non passa quasi mai il tempo nella stanza con Andrew. Come dire, è alquanto... sfuggevole" sussurrò.
Sfuggevole? La situazione non mi piaceva, e non capivo perché non mi piacesse. Forse non sopportavo vedere il nostro gruppo aprirsi con la prima persona che gli capita sottomano. Imprecai ed andai in bagno, dovevo calmarmi.
Chiusomi la porta alle spalle, poggiai le mani sul bordo del lavandino e fissai il mio riflesso.
Theo.
Non dovevo piangere.
Dov'era? Perché non era qui? Perché ci doveva essere un altro ragazzo lì dove c'era sempre stato lui?

I wanna be yours ~ Apollo & TheoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora