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29 settembre.
Le parole si piegano alla volontà di una penna, una penna si piega alla volontà di una mano, che si piega alla volontà di un pensiero.
Non c'è un punto d'arrivo, perché anche un pensiero si prostra ai piedi di un'ideale.
Il mio, di ideale, rispecchiava Eraclito. Una personalità avversa, mai con i piedi per terra perché tutto scorre, un po' come Isaac Newton che fece una delle scoperte più fondamentali della storia grazie ad una mela cadutagli sulla testa.
Ci fossi stato io al posto suo, l'avrei mangiata quella mela.
E così osservavo l'acqua trasportata dalla corrente generata dall'acqua stessa, la stessa forza che combatte contro se stessa, e ancora non c'è un vincitore ed un vinto. Era azzurra, tutti mi dicevano sempre che anche i miei occhi erano azzurri, e io non li smentivo poiché quella era la realtà, ma nella mia fantasia erano scuri, talmente neri che non mi permettevano mai di captare con chiarezza la luce: un'eterno paio di occhiali da sole.

"...così Psiche è stata indotta con l'inganno dalle sorelle ad accendere una candela per vedere il suo amore silente, ovvero Eros" erano già dieci minuti che Sharon decantava le lodi di Eros e Psiche, tuttavia io sentii solo quell'ultima frase e, come al solito, protestai.
"Le sorelle c'entrano solo in parte. Se il suo amore era così forte come aveva fatto credere, Psiche non avrebbe ceduto alla curiosità conoscendo il rischio di perdere per sempre il suo compagno, il quale le aveva imposto di non farle vedere il proprio aspetto, altrimenti tra loro sarebbe finita"
"Apollo! Ma allora sei qui con noi! Temevamo stessi facendo un viaggetto mentale sull'Olimpo" ed effettivamente fino a poco prima stavo pensando a tutt'altro, ma non gliela diedi vinta tanto facilmente.
"Possiedi la stessa resistenza mentale di Psiche" la insultai alludendo a quella che era la debolezza maggiore di Psiche.
"Lo prendo come un complimento, hai dimenticato tutte le imprese che ha compiuto successivamente solo per riconquistare Eros? Per di più mente era incinta!"
"L'ha fatto solo per rimediare al proprio stupido sbaglio, e se non avesse avuto due delle più potenti dee ad affiancarla, sarebbe morta dopo cinque minuti!" mi rifilò una linguaccia mostrandomi il piercing rosa al centro della lingua, io alzai gli occhi al cielo.

"D'accordo, non ricominciate" si intromise Derek.
Allora Sharon si alzò dal pezzo di prato dove eravamo accomodati e mi rubò l'uscita di scena, sventolando quel suo caschetto bruno e aggiustandosi gli occhiali rosa sul naso.
"Merida, andiamo? Ho già sprecato troppo fiato a discutere con questi due" disse rivolgendosi all'amica bionda e silenziosa.
"Con questi due? Io che c'entro? Prenditela con Apollo" sbottò Derek, io sbuffai contrariato.
Non avevo idea del perché uscissimo con quell'arpia, oltre al fatto che Derek voleva portarsela a letto era insopportabile, e trattava Merida con sufficienza.
"Ci si vede" sventolò una mano inanellata e sparì, con al seguito l'amica.
Pensai e pregai che se davvero esisteva da qualche parte un dio che portava il mio nome, aveva il diritto sacrosanto di schiacciare l'antipatia di Sharon.

Poco dopo mi abbandonò anche Derek.
Ed io rimasi lì, come facevo dal primo giorno di quattro anni prima in cui ero arrivato in quel Liceo privato per ricchi sperduto nelle campagne a est di Londra.
L'acqua azzurra del ruscello continuava a scorrere, lei non si sarebbe mai fermata, così come il tempo.
E allora capii che il tempo e l'acqua non erano altro che due sinonimi, destinati a durare per sempre.
Che poi, cosa si intendeva con 'per sempre'?
La risposta a quella domanda la trovai dietro una caduta.

Eppure ero abbastanza sicuro di essere capace di camminare in equilibrio sulle mie gambe, infatti fu la gamba di qualcun altro a tagliarmi la strada e anche la vita. Perché probabilmente se non mi avesse fatto spaccare il naso, non l'avrei neanche mai notato.
"Merda!" imprecai massaggiandomi la parte colpita, quindi mi voltai e lo vidi.
Era appoggiato al tronco di un albero, con le lunghe gambe stese e accavallate, un libro aperto tra le mani e lo sguardo puntato su di me nonostante la testa fosse ancora inclinata verso il basso.
Non parlò, semplicemente continuò a fissarmi e io rimasi senza fiato perché quegli occhi erano i miei, erano neri come volevo che fossero i miei.
Poi mi accorsi di avere difficoltà a respirare anche perché il mio naso perdeva sangue.

I wanna be yours ~ Apollo & TheoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora