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24 dicembre.
Clitemmestra era una donna forte, capace di guidare una città per dieci lunghi anni mentre il marito Agamennone era in guerra contro i Troiani, per cui lontano da casa.
Clitemmestra era una donna ricca di sete di vendetta da quando il marito aveva sacrificato la loro figlia maggiore, Ifigenia, per propiziarsi le divinità affinché facessero partire ed arrivare gli Achei sulle coste di Troia.
Clitemmestra era una donna innamorata, poiché da quando Agamennone l'aveva lasciata facendole attendere il proprio ritorno, lei si era avvicinata ed invaghita di un altro uomo: Egisto.
Infine, Clitemmestra era solamente una mortale che si trovò costretta a dover sorreggere un peso più grande di lei. Quando Agamennone tornò dalla guerra, lo uccise insieme alla sua nuova concubina Cassandra, schiava di guerra e figlia del re di Troia sconfitto. A suo volta, tuttavia, Clitemmestra venne uccisa dal suo stesso figlio Oreste, poiché quest'ultimo, interrogando l'oracolo di Delfi, aveva ricevuto ordine di vendicare il padre Agamennone.
Così si conclude la vita intensa e oltremodo sfigata di Clitemmestra.
O forse no.

La prima cosa che pensai quando cominciai a svegliarmi, fu che ero stretto.
Letteralmente.
Non potevo muovermi, mi sentivo soffocare e, cosa molto strana dato il mese di dicembre, avevo caldo.
Mi lamentai e muovendomi, caddi dal letto.
"Cristo" imprecai svegliandomi completamente e massaggiandomi la schiena.
Era la vigilia di Natale e la giornata era già iniziata di merda.

Mi alzai a sedere sul pavimento passandomi le mani sugli occhi e, voltandomi di lato, lo vidi lì. Dormiva beato e tranquillo, con la guancia poggiata sul cuscino e il cerchietto nero al lato del naso che si muoveva col suo respiro. E occupava tutto il letto.
"Comodo tu, comodi tutti" sussurrai sbuffando ed alzandomi. Mi faceva male tutto, ma ormai ero sveglio per cui decisi di farmi una doccia fredda. Mi vestii e scesi per fare colazione, rimanendo fedele al mio succo alla pera mentre telefonavo a casa. Parlai con i miei genitori e Dora, dopodiché intravidi Meredith entrare dalla porta del ristorante, quindi afferrai al volo due cornetti ed un caffè latte e mi affrettai a tornare in camera senza farmi vedere.
La stavo evitando come la peste, ed un po' mi sentivo in colpa.

Rientrando in stanza notai Theo ancora addormentato, io invece avevo un disperato bisogno di allungarmi su un vero letto. Non sapevo per quanto ancora avrei retto.
Gli posai la colazione sul comodino e, prendendo una sigaretta dal suo pacchetto, mi misi a fumare affacciato alla finestra.
"Leo". Scattai sentendo quel nome, il mio nome che era mio solo secondo lui. Lo vidi cercarmi con la mano sul materasso, con ancora gli occhi chiusi. Ghignai e mi godetti lo spettacolo di un Theo mezzo addormentato, e mezzo nudo, che si svegliava.
"Leo" mi richiamò.
"Sono qui".
Lo vidi accennare ad un sorrisetto e rinfilarsi sotto le coperte. Feci l'ultimo tiro e mi andai a sedere sul bordo del letto.

"Ti ho portato la colazione" dissi.
"Siamo ufficialmente in tregua?" domandò poggiando la schiena alla testiera del letto e prendendo un cornetto, se lo divorò in due morsi. In effetti, ora che ci pensavo, il giorno prima non lo avevo visto mangiare per nulla.
"Non lo so, lo definirei più un periodo di prova" risposi.
"Non mi piace come suona"
"Questo perché vedi il bicchiere mezzo vuoto" scrollai le spalle.
"E come dovrei vederlo?"
"Mezzo pieno"
"Il tuo ottimismo mi dà la nausea". Strinsi i denti per non rispondergli a tono. Non sapevo perché, ma era come se da quando l'avevo rincontrato provassi l'impulso irrefrenabile di provocarlo ogniqualvolta possibile. E lui si comportava allo stesso modo. Un infinito susseguirsi di provocazioni, che poi, alla fine, non avrebbero portato a nulla.

"Theo"
"Cosa"
"Hai ancora fame?"
"Sono apposto" si scolò il caffè latte, dopodiché si accese una sigaretta.
"Leo"
"Cosa"
"É ancora brutto tempo?"
"Si"
"Mi è venuta un'idea"
"Ho paura di sentirla"
"Andiamo sotto la pioggia"
"No, come minimo mi verrà una broncopolmonite" protestai.
"Cavolo, una volta non te lo saresti fatto ripetere, saresti corso fuori con me ad occhi chiusi"
"E questo è esattamente quello che intendo quando dico che tu non hai proprio capito un cazzo"
"Non capisco"
"Appunto" gli feci segno di farsi un po' più in là sul materasso, così mi sistemai al suo fianco allungando le gambe sotto le coperte. Ero comunque con metà chiappa che strabordava, ma apprezzavo l'impegno.

I wanna be yours ~ Apollo & TheoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora