Epilogo

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Un anno dopo.
8 gennaio.

Mio Theo,
se ti dicessi che mi manchi?
Niente mi ricorda tutto, perché tutto mi ricorda te.
E voglio che tu sia qui, con me. Ti voglio qui con me.
Ti pretendo, come ho sempre fatto da quando ti ho incontrato per la prima volta.
Perché a te? Perché a noi?
Mi hai lasciato. Si, hai capito bene, ti incolpo per avermi lasciato solo in questo mondo sconosciuto, perché il mondo dove io abitavo eri tu. Me l'hai portato via e io ti odio. Ti odio.
Però ti amo Theo, il mio amore per te è un eterno presente. E questa cosa neanche la morte può portarmela via. Mi è rimasto solo questo perché tu ti sei portato via tutto il resto.
Il mio cuore e la mia anima sono con te, per sempre.
Qui è rimasto solo un guscio vuoto, e credo mi vada bene così.
Vivrò finché dovrò. Anche se non vivrò mai più come ho fatto con te. Te lo ricordi? Dimmi che lo ricordi.
Dimmi che ti ricordi della prima volta in cui ti ho guardato negli occhi e ci ho ritrovato me stesso, del nostro primo ballo vicino al nostro albero, e del seguente bacio con cui ti sei preso un pezzo di me.
Dei silenzi che a noi bastavano e che rendevano le parole bellissime perché rare.
Con te ogni parola non era mai scontata.
E dimmi che non ti sei dimenticato di tutte le nostre litigate, delle quali non ricordo neanche i motivi, ma che ci sono servite per ritrovarci.
Dei nostri sbagli, soprattutto tuoi.
Perché ti amo come nessuno ha mai amato nessuno, siamo il primo bacio che gli innamorati si danno e l'ultimo respiro prima che si lascino.
Abbiamo fatto inginocchiare l'Amore, lo abbiamo disegnato e suonato. E non rimprovererò il tempo per averci concesso un così piccolo scorcio di esso. Lo ringrazierò per averlo fatto, perché se non mi fosse successo io non avrei mai conosciuto la vita.
E come Apollo amava Giacinto, io ti amo.
Tuo per sempre,
Leo.

Guardavo quel pezzo di pietra che portava il suo nome. Tutta la sua persona racchiusa in quattordici lettere: Giacinto Harris. Quello che tutti conoscevano.
Ma il suo cuore, quello che conoscevo io, era formato solamente da quattro lettere: Theo.
Accarezzai il freddo marmo come avrei accarezzato la sua pelle. Passai i polpastrelli su quella superficie come li avrei passati sulle sue labbra.
E piansi. Piansi davvero.
Piansi il cuore e l'anima.
Piansi lacrime salate fino a prosciugarmi, e pensai che lui quelle lacrime le avrebbe leccate.
Piansi in silenzio accovacciato davanti a Theo, con le nuvole e la pioggia a farmi da testimoni.
Piansi perché volevo rivedere il suo volto che mi mancava tanto.
Piansi perché non avevo più nessuno da cui far ritorno, e che mi avrebbe consolato con un bel bacio.
Pianse il mio cuore ed il mio corpo lo assecondò.
Mi faceva male il petto. Tremavo. Poggiai la fronte a terra, poi baciai il suo nome freddo e bagnato.
E avrei voluto baciare le sue labbra morbide e calde.
"Si narra che l'usignolo amasse la rosa da abbracciarla così tanto che le spine gli trafissero il cuore. Sai Theo, credo che l'usignolo sia io, non tu".
Mi alzai, anche se il mio cuore rimase steso a terra, vicino al suo.
E lo avrei lasciato lì.
Non lo avrei più ripreso.

Mi era mancato. Mi mancava. Sarebbe continuato a mancarmi.
La mia mente ferma alla nostra ultima conversazione risalente ad un anno prima, io e lui seduti su una panchina al freddo fuori dall'ospedale di Londra.
Avrei continuato a vivere, seppure sarebbe stato difficile, per lui. Avrei vissuto la sua vita, perché la mia era morta insieme a lui.
Mi toccai il petto, lì dove il cuore batteva forte, e sentii i suoi battiti.
Perché il mio cuore era il suo, e batteva ancora.

~~~

Ero ancora annegato nelle mie lacrime quando sentii una mano poggiarmisi sulla spalla. Alzai lo sguardo e vidi Andrew con un fiore bianco in mano, che gettò vicino la lapide.
"Pour toi" disse.
In silenzio ci incamminammo verso l'ingresso del cimitero dove gli altri nostri amici ci stavano aspettando. Avevamo organizzato un pranzo tutti insieme e avevamo preso l'unanime decisione che, a prescindere da quanti anni sarebbero passati, ogni otto gennaio lo avremmo passato assieme. Da quell'anno ci sarebbe stato anche Leo, il figlio di Derek e Sharon di appena qualche mese, del quale avrei avuto l'onore di esserne il padrino.

Trovammo Matt poggiato alla propria macchina con le braccia conserte e la sua perenne espressione saccente, Andrew si infilò in auto con lui mentre io andai in macchina con Derek, Sharon e Merida.
Sharon mi mollò il fagottino e, prima di partire, mi arrivò un messaggio da parte di Artemide. Era un suo selfie con Jacob, in cui stavano scalando una montagna al confine con la Francia. Durante quell'anno era guarita grazie alla fisioterapia ed aveva ripreso a camminare egregiamente, anche se ogni tanto doveva tornare in città per alcuni controlli.
"Foto" gridai affacciandomi sui sedili anteriori, scattai facendoci rientrare tutti e quattro e la mandai a mia sorella.
Leo cominciò a piangere ed io andai nel panico, Merida e Sharon scoppiarono a ridere, beccandosi una mia occhiataccia.

~~~

"Ragazzi, vi ricordate quell'assurda discussione che voi due avete avuto al liceo anni fa?" disse Merida dopo un po' indicando me e Sharon, mentre seguivamo sulla strada Matt ed Andrew diretti al ristorante in centro.
"Quale delle tante?" chiese Derek al volante.
"Quella su Eros e Psiche"
"Sinceramente no, comunque devo ancora capire come facevamo a discutere su dei miti. Insomma, non avevamo proprio nient'altro per la testa?"
"Sharon, eri insopportabile e lo sai, discutere con te mi veniva naturale, che fosse su un mito o meno" chiarii.
"Tu te la ricordi, vero Apollo?" insistette Merida.
Finsi di pensarci un po'.
"No" decretai infine.
Anche se io la ricordavo, eccome.

I wanna be yours ~ Apollo & TheoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora