7. Iga

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Iga


Nei giorni seguenti Shoto continuò la solita routine di sempre: scuola e casa, casa e scuola.
Suo padre lo vedeva molto meno adesso che doveva fare quel corso intensivo con l'arco ed era fermamente convinto che la sorella lo avesse proposto proprio per quello: tenerlo lontano da casa il più possibile.
Quel giorno sarebbe stato da solo ad esercitarsi, il coach non sarebbe stato presente e lo stesso per i suoi compagni.
Da quando uno di loro aveva creato trambusto si vedevano di rado.

Indossò il guanto adibito per il tiro con l'arco, prese una delle sue molteplici frecce e, tendendo la corda tesa, la fece scoccare dritta verso il bersaglio, centrando il centro rosso.
Si esercitò a lungo immerso nel silenzio della palestra quando il rimbalzare di alcuni palloni non gli fece compagnia.
Con la coda dell'occhio vide la squadra di basket entrare in campo e palleggiare, riscaldandosi.
Non capiva il perchè fossero lì, se non andava errato avevano avuto una partita il giorno precedente, vincendola a mani basse.
Dovevano avere una grande passione per quello sport e ciò lo si poteva capire da come sorridessero e scherzassero tra loro, senza tralasciare la lucentezza dei loro occhi, pieni di vitalità e gioia.
Si soffermò sul suo arco nero, osservandolo senza cambiare espressione.
Il tiro con l'arco era una disciplina che lo aveva affascinato fin da bambino, tanto che sua madre poco prima di andarsene gliene aveva preso uno adatto alla sua età.
Ma suo padre, scoperto il talento del figlio prediletto, lo aveva strappato alla gentilezza della madre e aveva pensato bene di intensificare il gioco obbligandolo ad esercitarsi tutti i giorni per svariate ore.
Non importava quanto le sue piccole mani sanguinassero, non importavano le grida che riceveva dritto dell'orecchio, non importava delle percosse se riceveva quando non c'entrava il bersaglio.
Il risultato fu devastante per il bambino, che passò dall'amare ad odiare quella disciplina con tutto se stesso finchè col tempo non gli fu indifferente, come la realtà che ormai lo circondava.
Si era rassegnato e aveva azzerato le proprie emozioni senza nemmeno accorgersene.
Si comportava come se fosse un guscio senz'anima, come se dentro di sè non risiedesse più un briciolo di volontà propria... era diventato il fantoccio di cui suo padre andava fiero tanto da vantarsene con gli amici.
Chiuse gli occhi prima di scoccare la freccia, pronto ad ascoltare il fruscìo che il dardo avrebbe fatto fendendo l'aria.

Suono che non arrivò alle sue orecchie

Alzò le palpebre e abbassò l'arco irrigidendosi un momento.

"Menomale che ho la flessibilità dalla mia parte o mi avresti trapassato da parte a parte senza darmi scampo" 
Shoto osservò serio il ragazzo dai capelli verdi piegato di lato che aveva appena parlato con un sorriso in volto, come se non fosse accaduto nulla di grave.

"Non ti avevo visto, me ne scuso."

"Nah non preoccuparti! Colpa mia che non dovevo mettermi in mezzo." Ribattè quello avvicinandosi al bicolore quasi saltellando, ignorando i richiami di alcuni suoi compagni.

"Senti un po', mi faresti provare a tirare? Ah io sono Izuku Midoriya, piacere di conoscerti." Shoto inclinò di poco la testa chiedendosi se quel ragazzo avesse tutte le rotelle al proprio posto.
Aveva appena scongiurato un buco nel petto e continuava a parlare con lui presentandosi nonostante questo?

"Shoto Todoroki" 

"Giusto, mi ero dimenticato di dirti che lo sapevo già. Allora... mi fai provare?" Il bicolore davvero non riusciva a capire... il comportamento di quel ragazzo andava oltre ogni logica.
Sapeva chi fosse e non si allontanava? Non era in vena di discutere come non lo era di difendersi come giorni fa a mensa.
Tuttavia, occhi verdi sembrava sincero e gli ricordava un bambino davanti ad un gioco nuovo.

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