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A ogni risveglio, Saul si ostina a sbeffeggiare il nostro talento artistico: «Prima vi ho etichettato come degli eretici, dei blasfemi dell'arte. Ma adesso mi devo ricredere, siete dei delinquenti. Quelli come voi meritano la ghigliottina alle mani. Come vi siete permessi di deturpare così il nome delle Belle arti?»

Un giorno decide di rimediare allo "scempio delle ombre", brandendo l'arma dei pennelli. Mi sveglio e trovo la parete decorata da un marasma di colori: l'ombra di Marco ha le guance abbronzate, gli occhioni azzurri, i capelli biondi in disordine, un ritratto tanto simile all'originale da spingermi ad allungare le dita per sfiorarlo.

Sullo sfondo compare la nebbia di Nomi, con il campanile del Duomo e il fiume piegato in un'ansa, Tre Zenit, Tiffany e il K2. Le dita delle nostre ombre attraversano il panorama della città come la fune di un equilibrista.

Con lo sguardo schizzo dal corpo di Marco al mio. I lunghi capelli caramellati, le spalle piccole, il maglioncino verde arrotolato ai fianchi e un grande pugno di bianco al posto del viso. Già, perché Saul si ostina a chiamarmi la sua Atlantide:

«Non mi rassegno. Un giorno riuscirò a dipingerti».

Come può essere così difficile? Basta copiare i lineamenti da una foto, ma Saul è un maniaco della perfezione e ritiene che da un ritratto dovrebbe traspirare l'anima del soggetto. E io, a differenza di Marco, non ho ancora un carattere ben definito.

«Non crederò mai a questa tua teoria» ammetto.

Saul accantona l'intento artistico quando il quartetto di Via delle Suore, me esclusa, decide di schierarsi in una guerriglia di scherzi e dispetti. Inizia tutto a cena, per colpa di Tania: disgustata dal modo in cui Marco trangugia gli spaghetti con tanto di risucchio, lo designa come un "vile plebeo", per poi accorgersi che anche Valentina usa il metodo dell'aspirapolvere per mangiare.

«Saul, ma dove siamo finiti? Questa plebaglia non sa nemmeno arrotolare gli spaghetti con cucchiaio e forchetta. Ma io mi chiedo, dove è finito il bon ton

È subito guerra, l'antico conflitto di storia romana, patrizi e plebei, riprodotto in via delle Suore Orsoline e con giudice...

«Non guardate me!» preciso con le mani in alto. «Io vado a fare la spesa. Giocatevela a briscola.»

«Ma Sister, abbiamo il frigo pieno!»

Ho il fuoco alle caviglie dalla voglia di filarmela.

«Nanà, il grembiule potresti almeno togliertelo!»

Mi rifugio in strada con il grembiule a scacchi e la giacca di Marco addosso, quanto di più lungo potessi trovare per mascherare la divisa da cuoca.

Il buio di tarda sera, schiarito dai lampioni, diventa complice nel nascondermi. Un po' meno complice è il destino che mette Nicola sul mio cammino quando ho appena combinato uno dei soliti malanni.

Non lo incrocio da prima di Natale, dal pomeriggio in cui mi ha soccorsa durante un attacco di panico nel centro di piazza Duomo. Nel periodo delle vacanze ci siamo scambiati un paio di messaggi e poi ognuno è tornato alla propria vita.

È divertente rivederlo adesso, nello stesso punto in cui si trova la panchina sulla quale ci eravamo seduti. Se non sapessi che sono passati mesi, lo immaginerei immobile e congelato in quel punto, un pupazzo di neve creato per aspettarmi al varco.

Nicola non è solo. Un ragazzo gli fa il dito medio, lo saluta con un "Fanculo", lui replica con un gentile "Ricambio il favore". E io, per la prima volta inosservata, potrei riparare con tanto di grembiulino nella tana delle Suore.

Binomio - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora