Canestro matto (I)

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Primavera / Estate


Il filosofo Henry Bergson diceva che gli occhi vedono solo ciò che la mente è preparata a comprendere. Il primo giorno di quarta ginnasio ho imparato un unico concetto, secondo il quale qualsiasi alternativa al binomio sarebbe stata fuori target e pertanto da non prendere in considerazione. Il regolamento si componeva di pochi punti:

a. Un binomio è per sempre;

b. Nina e Marco sono un binomio;

c. Nina e Marco saranno per sempre.

Già in passato ho avuto modo di dimostrare come i sillogismi aristotelici, applicati alla quotidianità, trabocchino acqua da tutte le parti. Quando Marco mi ha installato in testa il software del binomio, non si è accorto di avere generato per default un terribile errore: la vita ha uno spettro di colori estremamente più ampio rispetto alla somma algebrica di due numeri. E io, nel corso degli anni, lo ho imparato a poco a poco, cadendo e sbucciandomi le ginocchia. Ma per colpa di quell'errore di default, a ogni ripristino tornavo sempre al punto di partenza.

Visto che la mia mente era programmata per capire solo il binomio, i miei occhi non si accorgevano dell'errore e vedevano solo Marco. Non mi sarei potuta immaginare un altro viso, un altro corpo in cui incastrarmi, perché ritenevo che i nostri organismi fossero stati creati solo per completarsi, come il sole e la luna, lo yin e lo yang, due metà di un cerchio divise dall'invidia degli dèi. Avevamo una nostra geometria: un ritaglio quadrato non può passare nel foro destinato a un cerchio. Così io non potevo adattarmi a un corpo che non fosse quello di Marco.

Anche quando mi ha ferita e lasciata, l'errore di default ha ucciso le ragioni della mente e io sono tornata dal binomio.

Abbarbicata su quello scoglio, però, accecata da un sole che pensavo mi potesse scaldare, ho aperto la mente. Il sistema del cervello ha scovato l'errore di default e da bravo informatico lo ha rimosso. Allora si è aperto un universo intero, vie secondarie nel percorso del destino, porte aperte di infinite possibilità. È stato Marco, nello stesso momento in cui ha pronunciato la parola "binomio", a trovare il bug del sistema. Mi ha fatto capire che sulla strada che mi porta da lui ci saranno sempre amore e sofferenza, una tortura da qui all'eternità, se non troverò la forza di liberarmi.

Quando torniamo a Viacampo dalla nostra scampagnata, fingiamo che tutto vada bene. Siamo la solita Nina e il solito Marco. Dentro di me, però, matura la silenziosa decisione di dimezzare la sensazione di intimità che provo quando sono con lui. Così, ogni volta che usciamo, sono attenta a coinvolgere Yuri o a proporre una sosta alla clinica da Biagio. Lo distanzio, lo tratto come un semplice amico, smetto di infarcire le nostre uscite di ricordi del passato.

«Significa che è finita?» mi chiede Valentina. L'epoca del binomio. Perfino le palline di gelato, da quanto sono strabiliate, cadono dal cono e si liquefanno a terra.

«Certo che no!»

Non voglio perdere Marco.

Ci sono infinite vie sulla strada del mio destino e ho fame di guidare all'impazzata e conoscerle, scoprire su quale sentiero mi scoprirò più felice.

«Una persona saggia quale io sono capisce quando è il momento di lasciarti vaneggiare sul binomio» sospira Valentina. «Questi giorni, credimi... è come se un regista spagnolo avesse inventato una telenovela con sombrero e sangria e mi avesse costretta a recitarci.»

Soffoco una risata sul cono alla nocciola, mentre Valentina si muove come un tifone sulla panchina di plastica, al di fuori della gelateria dove entrambe abbiamo lavorato.

Binomio - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora