Alla fine, Zeno mi premia con dodici cartoncini colorati, soddisfacendo la mia assurda richiesta. Sono stata brava a non rifiutare quel primo approccio, a non vomitargli in faccia per lo squallore dell'ambiente o della dinamica. Diceva di volere un primo appuntamento onesto e alla fine non mi ha baciata con dolcezza, né accarezzata per rassicurarmi. Si è introdotto in me con violenza, per mettere subito in chiaro i ruoli: chi guida, chi deve essere guidato; chi disegna, chi deve essere disegnato. E io l'ho lasciato fare, non provando nulla se non indifferenza, nemmeno quando, dopo aver inserito il terzo dito, mi ha premuto l'altra mano sulla bocca per impedirmi di gemere.
So perché ho accettato in silenzio: per togliermi un prurito, per far capire a me stessa che posso superare Marco; che dopo di lui ci saranno ancora altri uomini; altri innamorati; altre scopate.
Marco non è un punto di fine.
Il nostro amore è stato solo una fase e intendo superarla.
Non importa se la maniera è squallida e sbagliata, mi basta che sia un passo in avanti.
Dopo essere uscita dall'atelier, l'ho chiamato, perdendo clamorosamente la sfida che io stessa avevo lanciato.
"Ti devo parlare è abbastanza urgente ho scoperto una cosa e ho bisogno di dirtela perché so che mi capisci e la testa rischia di esplodere se non lo faccio".
Marco non mi ha derisa con un "Nanà, hai perso".
A differenza di Zeno sa leggermi a distanza, interpretare quel parlare senza punteggiatura e rispetto della sintassi; cogliere quei piccoli picchi di voce, dei suoni acuti sul finale, leggermente vibrati, la prova che ho paura.
"Dove sei?" mi ha chiesto.
"Sul treno. Sono partita da poco. Ci vediamo in stazione a Bologna".
Durante la prima fase del viaggio rimango con la testa appoggiata al finestrino. Di tanto in tanto guardo l'impronta che la mia fronte lascia sul vetro, studio il riflesso delle occhiaie violacee o delle labbra che tremano come vinte dal freddo.
Se penso a Biagio, alla paura di perderlo, una fitta mi spacca a metà lo stomaco, l'effetto di un calcio assestato alla massima potenza da un lottatore di judo.
Se penso a Zeno, non sento a niente.
Ma se penso al paragone tra Zeno e Marco, alla direzione che mi sto imponendo di seguire...
Stazione di Verona Portanuova.
Il cartello la annuncia, lo speaker sul treno recita la destinazione con un suono gracchiante e metallico. Raccolgo un briciolo di energia, mi lavo la faccia con le mani e scendo dal vagone, un cambio di treno che devo affrontare per arrivare a Bologna.
Ma quando imbocco il sottopassaggio alla ricerca del binario giusto, sento un richiamo:
«Nanà!»
Marco. Lo vedo arrivare da dietro, sgomitare tra i viaggiatori con i passeggini, le biciclette e i trolley imbizzarriti, scendere ad ampie falcate i gradini del sottopassaggio e raggiungermi.
Lo fa così, in semplicità, quasi fosse appena uscito di casa nel suo momento di relax, per comprare un cartone di latte al supermercato. E invece, in quell'abbigliamento da studio domestico, con il felpone da basket e i pantaloni dell'Errea, si è appena sorbito un'ora e mezza di treno per arrivare da me.
«Che ci fai qui?» gli chiedo. «Non dovevamo vederci a Bologna?»
«Stai bene?» replica lui, veloce, come veloce è il fiato rilasciato dai polmoni.
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Binomio - 3
Novela Juvenil[Terzo volume di Binomio, conclusivo e infinito... perché le telenovele devono essere eterne! La trama qui sotto presenta spoiler per chi non ha letto i primi due volumi.] Dove eravamo rimasti? Tempi bui per il binomio! Nina Adami e Marco Zuccato si...