Collasso (III)

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Dopo l'impresa titanica di un miliardo di scale, riparo in camera. Tania deve essere andata a fotocopiare dispense con Lisa ed Emina, Valentina sarà in facoltà fino alle cinque. E Saul probabilmente starà stalkerando uno stormo di piccioni in cerca dell'ispirazione artistica.

Mi ributto sul letto e affondo nella buca del materasso e della vergogna. Ennesima figuraccia davanti a Nicola! Con una punta di colpa, ammetto che la sua presenza mi ha giovato. Ho di nuovo i polmoni pieni di ossigeno e il cuore che batte a ritmo regolare. Devo solo stare attenta a non pensare a Nessuno o al diario, a non buttarmi come una paracadutista suicida nel vortice dei ricordi.

E allora devio su Nicola. Come faceva a sapere dove abito? Deve essere la forza dell'abitudine. Anche durante il liceo, anche quando piangevo per Biagio o soffrivo per colpa di Celeste, Nicola ha sempre avuto il dono di trovarmi. Non come Marco, lui è sempre stato un disastro a giocare a guardia e ladri.

Acciambellata nel letto, schiaccio il viso nel cuscino, perché il solo pensiero di Marco riempie lo stomaco di farfalle imbufalite. E allora capisco che non è finita. Per lui il nostro addio alla Scalinata potrebbe essere un punto definitivo, per me non resta che una lunga parentesi, in attesa di una ripresa.

Soffoco un singhiozzo nella stoffa, perché mi è chiaro come non mai: Marco continua a essere l'unica certezza. Lo vedrei nel mio futuro, anche se mi cavassero gli occhi; potrei dipingere i colori della sua anima, anche senza tela e pennelli; scrivere la sua storia, anche se non conoscessi le parole.

Marco sgomita per uscire dalla scatola di latta in cui l'ho rinchiuso. È il mio cuore, quella scatola di latta, e con i denti digrignati mi ci siedo sopra. Non posso permettergli di riprendere il comando della mia vita. Devo tenerlo rinchiuso in quella valigia troppo piena, un vaso di Pandora che chiede di essere aperto. E come uno dei tanti mali, l'Incubo Sovrano, approfitta di uno spiraglio, una sottile fessura tra coperchio e contenitore, e si perde libero in me. La consapevolezza diventa più forte giorno dopo giorno, tra i mille dialoghi che scandiscono una settimana intera.

«Ehi, Nin, che ne dici se ti presentassi le mie amiche di economia? Prometti di non rovinare tutto con il tuo muso lungo, però!»

«Oh, scricciolo! Io e Emi siamo andate a un color party all'esagono in piazza. Abbiamo corso come matte. Si può sapere perché non sei venuta con noi?»

«E intanto i capitoli passano e io non riesco ancora a disegnarti.»

«Scricciolo, non contare su di me in questi giorni. Amici da Milano in tour, sarò sempre "fuori ubriaca" o "qui con i postumi da sbronza"!»

E poi Nicola, messaggio in segreteria telefonica: "Stai bene?"

Quanto vorrei, Nicola, avere messo il cuore nelle tue mani, avere avuto il coraggio di crearlo con te, questo binomio. Io lo so che non mi avresti mai ferita e ti saresti preso cura di quel piccolo organo spezzato con tutta la dedizione del mondo. Invece Marco...

Sono seduta nel bagno di casa, schiena sul termosifone, porta aperta, campanile che batte mezzogiorno, appartamento libero. E io rivivo l'incubo dell'ultima settimana: la vista appannata, scariche di ghiaccio che tremano dai polpacci e su, lungo la spina dorsale.

L'aria continua a mancarmi, per quanto i pugni colpiscano il petto.

«Che ci fai seduta lì, scricciolo?»

Tania. Apro la bocca per risponderle, ma le parole non escono; l'aria ne approfitta per trovare una via di fuga.

«Nina, che ti prende?» Tania è davanti a me, gli occhi sbarrati di terrore. Mi vedo riflessa nelle sue iridi, pallida come un cadavere, mentre lei mi scuote per le spalle. «Nina, mi rispondi?»

Binomio - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora