C'era una volta (I)

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Io e Marco ci ritroviamo. La complicità che condividevamo torna a fonderci in un'unica grande essenza. Gettiamo quel 23 dicembre nel dimenticatoio e mano nella mano muoviamo un grande passo verso il futuro. Non so se sia stata la paura di affogare o la soddisfazione nel vederlo annichilito di fronte al rischio di perdermi, fatto sta che lo perdono.

Le persone che a Viacampo ignorano la rinascita del binomio sono poche. La cittadina saluta il suo ritorno durante una fiaccolata di paese, la Vigilia di Natale, quando io e Marco ci nascondiamo tra la folla sottobraccio.

Voci maligne picchiettano alle spalle: quel Marco è davvero un bel ragazzo e se ne approfitta, fa il doppio gioco con la rossa e la figlia degli Innocenti; ma no, la scema è quella Nina lì! Quale donna dotata di amor proprio si butterebbe tra le braccia del carnefice?

Ai loro occhi sembro un carcerato che al termine della pena prega le autorità di sbatterlo in cella. Inutile ogni tentativo dei carcerieri di spiegarmi che la condanna è scaduta, dovrei uscire in città e riprendere a vivere.

«Non dico eliminare il binomio» propone Valentina;

«Dico solo non vivere in relazione a esso» commenta Tania durante una breve conversazione Skype;

«Qualcosa di nuovo» ripete Biagio a pappagallo;

«E ricordare che nessuno viene prima di te, Nin. Non Marco, non il binomio» ordina Stefano in collegamento da Amsterdam.

«Tu devi vivere per te stessa, cercare la felicità dentro di te, non nel mondo di fuori.» E queste sono le perle filosofali che Ivan mi rifila da cinque anni.

I loro consigli non restano che pizzicotti fatti con dita di piuma. Anche il grillo mi mette sull'attenti, mi invita alla cautela, niente tuffo a capofitto nelle acque tempestose del binomio.

Peccato che io lo abbia già fatto, 23 dicembre, pontile principale di Viacampo. Io e Marco siamo affogati e rinati nell'acqua del lago, un battesimo di gelo che ci ha resi più vicini e forti.

Viviamo le vacanze di Natale come se il mondo si fosse fermato e colorato di grigio, noi gli unici sopravvissuti ad assaporare lo scorrere del tempo.

Valentina è bloccata in un fermo immagine, mentre starnazza contro Giacomo e la grande idea di restaurare il garage prima degli esami;

Biagio è ritratto in una foto con il dito premuto sulla tastiera del computer, l'ennesimo giorno passato in Facebook;

Celeste è un affresco di fanciulla seduta sul divano, con il cellulare in mano, in perenne attesa di una telefonata che non arriva.

Non voglio pensare a lei, non posso accettare che sia tornata a essere una fastidiosissima spina sottopelle. La sento rompere l'epidermide e penetrare nella carne ogni volta che Marco rischia di accennare il suo nome.

E se proprio dovessi continuare l'elenco, dovrei citare anche l'eccezione. Perché c'è un personaggio che non tollera di venire messo in pausa sul grande schermo.

Giorno 2 gennaio 2009, il grande Yuri Conte trova il telecomando del tempo, si ribella alle autorità e pretende di tornare a colori.

«Chi non muore si rivede!» lo saluto, di ritorno da una cioccolata calda con Marco. «Sei a Viacampo da una settimana e non hai risposto nemmeno a un mio messaggio.»

Lui smette di sorseggiare il tè che mia madre gli ha preparato e interrompe la partita a briscola. Da quando mi ha salvata alla Scalinata del Re, è diventato il supereroe della cara mamma Paola.

«Nina, rivolgiti a Yuri con rispetto ed educazione» replica lei. Lui ghigna satanico, soddisfatto di tenere la signora Calzecchi in Adami arrotolata alla punta dell'indice.

Binomio - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora