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«Ho bisogno del tuo aiuto, Tania. Sei con me, anche se c'è di mezzo la Quinta Suora?»

Borbottii dall'altro lato del telefono.

«Certo che devi essere tu. Sei l'unica qui a Nomi a saper smuovere mari e monti.»

Un complimento per ottenere un desiderio.

«Non lo so per quando. Una settimana, forse. Può essere che Marco scoppi prima.»

Infatti scoppia. Marco lascia Bologna prima dello scadere di una settimana. Quando me lo trovo davanti, impacciato con un mazzo di girasoli e il sombrero ancora in testa, sento il cuore sciogliersi in una pozzanghera di sollievo. Ed è come se io fossi la sua Itaca, lui Ulisse, finalmente a casa dopo anni di vagare.

«Le lezioni erano una noia» si giustifica. Ha rotto il primo tentativo di stare lontani. «E non è vero che Bologna è una divertente cittadina universitaria. Gli studenti sono monotoni e sanno solo tracannare alcol e sfumacchiare canne, e Celeste non fa che studiare e piagnucolare per il suo triste diciotto, per non parlare dei corsi di medicina che sono un vero e proprio calcio nelle pall-»

Lo zittisco scattando sulle punte e buttandomi su di lui con la violenza di un autoscontro suicida. Ma quando il mio corpicino collide sul suo petto e le labbra si preparano a mangiare la fine della frase, il "Principio d'equilibrio" mi ricorda che non posso farlo. E riapro su una posizione assurda, con la fronte premuta sulla sua bocca e le ginocchia che traballano.

«Mi sei mancato.»

Marco mi bacia, un umidiccio stampo nel centro della fronte, l'unico contatto di labbra consentito dal "Principio dell'equilibrio".

Ora che sono di nuovo con la mia altra metà, non voglio più procedere. E il cellulare, nella tasca dei pantaloni, è un'incudine che mi fa stramazzare a terra.

«Hai cenato?» chiedo.

«Piuttosto la morte. Ho felicemente abiurato il banchetto imbandito da Suor Celeste con tanto cuore e tanto amore. Amen e che la pace sia con voi.»

Vedo che questi quattro giorni a Bologna non hanno smussato l'antipatia che Marco prova per lei.

«Se hai fame, Saul ha sperimentato ai fornelli» lo informo, mentre saliamo le scale di pietra. «A dire il vero, ha provato a riprodurre un quadro di Kandisky con verdure, wurstel e ketchup. Temo abbia aggiunto troppo pepe, però...»

«Non ci vedo più dalla fame, Nanà!» Dal borsone buttato in mezzo all'atrio emerge un ritaglio del kilt. «Penso che potrei sopravvivere a una cena artistica improvvisata da Saul, Simone, Donatello e tutti i bizzarri pittori che possono conoscere.»

«Allora sei nel posto giusto!»

Tempo un boccone d'assaggio si convince a un fioretto di astinenza dal cibo. Mentre sputacchia nel lavandino qualche grumo di pepe, pigio le dita sul cellulare per dare il via alla squadra d'azione. Quando premo invio, il tasto si rifiuta di abbassarsi.

Non puoi pretendere di riuscirci in un giorno, parole di Nicola.

«A chi scrivi, Nanà?» Per la sorpresa schiaccio l'indice sul tasto, bustina gialla che svolazza nel display, messaggio in uscita. «Nanà? Va tutto bene?»

Sms ufficialmente inviato, il Nokia è tanto gentile da confermarlo con una spunta verde. E io vorrei che la storia del binomio fosse un film del quale possiedo la bobina per riavvolgere il nastro di un minuto.

«Dobbiamo uscire, Marco.» Ormai è fatta. Niente carriera da regista per Nina Adami. «Ti devo far vedere una cosa.»

Quando lasciamo l'appartamento delle Suore, Marco ammette di essere preoccupato. In un binomio ci sono dei ruoli da rispettare e lui detiene il titolo di re delle sorprese.

Binomio - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora