Capitolo VI

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Non si allontanò più nel bosco nei giorni successivi e restando nei paraggi, si tenne bene alla larga da quel cancello. Aveva pianto sentendosi ferita e per aver lasciato che lui la raggirasse così stupidamente.

Tutte le sue fantasie le si erano polverizzate al vento e poi adesso, provava così paura che la sua mente si irrigidiva solo al pensare alla sua faccia. Non credeva potesse essere così crudele ed i suoi occhi freddi, il suo disprezzo, erano un'ombra scura che le appesantiva il cuore.

Nessuno aveva mai abusato di lei prima d'allora e nessuno era stato mai così brutale. Tutti la trattavano con i guanti e lei era vissuta sempre protetta come in una sorta di campana. Lui invece, s'era infilato tra le sue gambe con la forza e poi aveva riso di lei senza ritegno. Era stato capace di annullarla e di farla sentire in un attimo come se non valesse niente.

Udiva ancora il tintinnio di quella moneta che picchiava il suolo. L'udiva ancora come un'offesa che gettava sale su una ferita aperta.

Come aveva fatto a sbagliarsi così tanto, a fidarsi e ad essere così sciocca e ceca?

Lui era un mostro dietro quella sua facciata affascinante e tutti i suoi sogni si erano rivelate solo le sciocche fantasie di sempre.

Intanto, erano trascorsi già tre giorni dall'accaduto anche se nessuno ne sapeva niente. Aveva preferito non parlarne e pure con Michel s'era costretta a fingere abilmente. In un certo senso si sentiva in colpa: lei lo aveva istigato ad inseguirla e tutto il resto, erano state le conseguenze che lei stessa aveva scatenato.

Se...se...se...si ripeteva infatti, ma non aveva scuse, continuava a vergognarsi e a sentire le sue mani addosso come un marchio infamante sulla pelle.

Con gli occhi gonfi ingoiava un groppo in gola tutte le volte. Asciugava le sue lacrime dandosi conforto e si diceva che prima o poi avrebbe dimenticato tutto.

Un'altro giorno ancora...un altro giorno ed il dolore si sarebbe affievolito nel suo petto, un'altro giorno e lui non sarebbe esistito neanche come ricordo.

Ma intanto, s'era chiusa a riccio e malgrado tutto, non era sfuggito il suo comportamento. Lei che di solito scorrazzava a destra e a manca, ora se ne restava lì in disparte e spesso rintanata nella tenda.
Pure con la madre che l'aveva incitata a uscire, s'era tenuta comunque nei paraggi: a camminare mesta lungo lo spiazzato o a cogliere fiori appollaiata al retro.

"Ma cos'ha?" Lei stessa s'era domandata.
l'aveva scorta spesso a fissare il cielo dalla finestra con gli occhi persi e un’espressione triste.

Cosa le era accaduto? Era preoccupata ma non era ben riuscita a cavarne una parola.

Anche con Michel non aveva avuto più fortuna. Allo stesso modo l'aveva liquidata in fretta e strettosi nelle spalle, aveva scosso la sua testa con indifferenza.

"E' l'età!" Le aveva detto: "E' una fase critica quella che sta vivendo. In fondo ci siamo passati tutti, ti ricordi? Diamole del tempo e vedrai come ritornerà pimpante!"

"Ok!" Ma intanto ci avrebbe pensato lei a schiodarla da lì dentro.

Non sopportava più di vederla così afflitta, anche perché coi giorni sembrava peggiorare e indugiava  sempre più a starsene da sola.
Si alzava sempre più tardi e stranamente preferiva il chiuso all'aria aperta. Si era anche rifiutata di cantare. Aveva detto di non sentirsi bene e il letto sembrava essere quasi diventato il suo rifugio.

No, qualcosa non andava e lei non se ne sarebbe stata lì solo a guardare.

Così il quinto giorno le si presentò davanti come una furia. Entrò nel suo carrozzone spalancandole la porta in faccia e tuonando come un uragano.

ɪʟ ᴍᴏsᴛʀᴏ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ sᴏɢɴɪ ~ 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora