Capitolo XXXVI

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Inutile dire che per lui invece fu un godimento dall'inizio alla fine. Udirla finalmente gridare sotto i suoi colpi, un sogno che si realizzava ad occhi aperti. 

Le sue natiche avevano assunto un meraviglioso colorito purpureo dove l'aveva schiaffeggiata ed osservare come le risaltasse in maniera così vivo sulla sua pelle candida e soave, fu talmente eccitante, che il suo membro gli si ribellò all'istante nei calzoni. 

Premeva contro la sua patta rigonfiandone il tessuto e sembrava che non vedesse l'ora di possedere anche quel suo bel buchetto stretto e succulento da morire.

Non lo liberò però, decidendo solo di muoversi in mezzo alle sue natiche lasciandoglielo sentire; avvisandola di come già fosse pronto e duro, strofinandoglielo addosso in tutta la sua lunghezza.

Gemette, confermando che pure lei fosse eccitata fortemente.

Ma che sadico sarebbe stato se prima di farla godere non le avesse prolungato quel momento di agonia?

Voleva vederla disperarsi più di quanto già non avesse fatto calandosi in ginocchio: sentirla implorare e piangere, affinché lui le concedesse quel piacere a cui agognava da un'intera settimana. 

Una settimana di astinenza che in realtà non le aveva imposto per sua scelta, quanto piuttosto per questioni familiari inaspettate che l'avevano tenuto impegnato ogni sacrosanto giorno.

Questioni ancora irrisolte ma che lei stava lenendo come un balsamo facendogliele dimenticare almeno per un momento: rasserenandolo e soddisfacendo inconsapevolmente anche il suo bisogno di possederla nuovamente. 

Giacché l'aveva desiderata pure lui per tutto il tempo. 

Ma quella lontananza forse aveva costituito anche un fatto positivo, dato che lei ora lo voleva più di prima e forse contribuendo pure alla sua intenzione di farle credere che per lui, lei in realtà non contasse niente. 

Pronta infatti a sottomettersi ulteriormente adesso e pertanto, anche ad assecondare i suoi più sordidi capricci. 

Giochi che le avrebbe fatto assaggiare a poco a poco: a partire da quella sculacciata con la quale l'aveva appena finita di castigare, e finendo con quel piacere che per il momento aveva deciso di negarle solo per puro e semplice divertimento. 

E per cui gli si calò sul corpo soffiandole il suo respiro intenso nell'orecchio: "Allora… dov'è che piscio io quando mi viene voglia?" 

Insidiandola con la sua stessa accusa e intanto che le faceva avvertire solo la spigolosità delle sue anche, che le si strofinavano sulle sue pieghe, per accrescerne l'eccitazione ma senza farla godere veramente. 

"Dove, eh? Forse qui?"

Con le dita sul suo fulcro caldo ad accarezzarlo volutamente con gesti lenti e misurati per stimolarla, ma non per soddisfarla come desiderava.

"Avanti dimmelo!"

Fin troppo delicati è soffici per dar sfogo al suo piacere e tuttavia, abbastanza seducenti e morbidi da farle spingere indietro i propri fianchi subito alla ricerca di una frizione un po' più intensa con le sue dita, ma che lui non volle darle in quel momento, acuendo solamente quel dolore che rendeva il suo clitoride estremamente turgido e rigonfio.

“Oh ti prego!”

Alimentando solo quella sua voglia maledetta che le graffiava in profondità le viscere facendola sentire sempre più frustrata.

"No! Prima mi devi rispondere!" Le disse ritraendo le sue dita: "Altrimenti giuro che ti lascio qui a soffrire, o che ti faccia assaggiare un'altra punizione!"

ɪʟ ᴍᴏsᴛʀᴏ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ sᴏɢɴɪ ~ 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora