Capitolo LIX

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Michel’s pov:

Sto lottando come un pazzo.

La furia mi ha investito e la scateno su tutti quelli che mi si fanno sotto.

Gli uomini del duca stanno tentando di fermarmi ma io sono indomabile e atterro sulle loro facce con tutta la mia forza. 

Sento le loro ossa fracassarsi contro le mie nocche. Sono un bagno di sudore e sangue: il mio e il loro, ma non mi importa e la stanchezza è l'ultima dei miei pensieri.

Li sto facendo cadere come moscerini e dietro di me, lascio una scia di corpi stesi e doloranti.

Non se lo aspettavano ma siamo circensi e i nostri corpi sono ben allenati.

Mi guardo intorno e noto infatti che pure i miei compagni non sono da meno. Nessuno ha bisogno del mio aiuto, ed anzi, mi fanno cenno di andare avanti attirando su sé stessi la loro attenzione.  

Pedro mi segue e mi indica il retro del castello.

Altri uomini è da là che sono provenuti, il ché ci fa supporre che ora la via sia libera e che da quella parte, non ci sia più nessuno a sorvegliare.

Mi chino a raccogliere una pistola dalle mani dell'ultimo uomo che ho atterrato.

Non le hanno usate e ringrazio Dio per questo.

In caso contrario le cose sarebbero andate sicuramente peggio, ma il bastardo ci vuole vivi, e suppongo per non guastarsi il suo divertimento di persona.

Peggio per lui però, poiché ha fatto male i conti e se ne accorgerà non appena mi avrà davanti.

Formulo questo pensiero e le mie nocche fremono per l'aspettativa. Non vedono l'ora di sporcarsi pure del suo sangue.

Intanto, Pedro mi imita e si arma anche lui di una pistola.

Si schianta contro un tipo e lo trivella di cazzotti nello stomaco. Sento il rumore degli affondi nella sua carne e non vorrei essere al suo posto. Pedro è nerboruto, grosso, e il tipo cade giù in ginocchio per poi essere finito dal calcio della sua stessa pistola sulla nuca.

Corriamo verso il retro.

C'è un altro ingresso ed è sguarnito come ci aspettavamo.

Mi tolgo quindi la fusciacca dalla vita e l'avvolgo lungo la canna della mia pistola.

Miro alla serratura.

Cerco di attutire lo sparo. Non voglio che altri uomini ci scoprano e che ci raggiungano di nuovo. Ma soprattutto, non voglio annunciare il nostro arrivo e riuscire a cogliere quel figlio di puttana di sorpresa.

Scardino la serratura. Entriamo e ad accoglierci non c'è nient'altro che lo stesso buio che ci ha fatto compagnia finora.

Buio e silenzio, ma a cui i nostri occhi si sono abituati e riuscendo a capire subito che si tratta di un lungo e stretto corridoio. 

Ci destreggiamo senza difficoltà, e piuttosto, aguzzo l'udito per sentire se odo dei rumori: voci o qualsiasi altro segnale possa aiutarci a capire dove stanno tutti.

Costeggiamo la parete. Ne seguiamo il percorso che ci fa girare a destra e poi a sinistra. Strisciamo silenziosi come ratti ma è evidente che siamo nell'ala opposta del castello e ancora troppo lontani da chi vogliamo.

Stringo i denti.  Avanziamo ancora. Pedro è sempre dietro di me a farmi da scudo. mentre io sbircio davanti e in ogni angolo prima di svoltare un'altra volta. Ci assicuriamo che non ci sia nessuno come sembra. 

Finora ci è andata bene ma le ombre sono insidiose e non diamo nulla per scontato.

Trattengo il fiato e nondimeno questa pistola che mi brucia tra le mani.

ɪʟ ᴍᴏsᴛʀᴏ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ sᴏɢɴɪ ~ 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora