Capitolo LIV

249 13 1
                                    

Andre's pov:

Respira affannata e lo faccio anch’io. Il mio petto si scuote e lo stesso sta facendo il mio cuore che sembrava ribellarsi a questa violenza che mi sto imponendo per fermarmi.

Ruggisce. Si dimena. Sbatte contro la mia cassa toracica come un indemoniato e mi urla contro di prendermi ciò che voglio adesso, smettendo di dar conto ai miei sospetti e a questa rabbia che mi affligge.

Ma proprio non ce la faccio ad azzittirli, e pure se non l’ho mai vista così cedevole e pronta tra le mie mani, proprio non ce la faccio a non pensare che tutto questo potrebbe essere ancora il frutto di una dannata messinscena.

Se è così però, lo devo ammettere, è diventata brava, poiché la sincerità che leggo nei suoi occhi mi sembra vera e insieme a quella punta di delusione che quasi mi dispiace di vederle offuscare il viso come un ombra.

Ma…: “Abbiamo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione per poter stare insieme!” Le dico, e lei sussulta comunque in un modo che non mi piace.

Lo fa d'istinto e poi cerca di mascherarlo abbassando i propri occhi sul mio petto. Inoltre, non parla, non acconsente a ciò che dico, cerca di sfuggirmi, e con questo, dandomi la conferma quasi certa di non essermi sbagliato. Sì, ora sono quasi sicuro che abbia intenzione di lasciarmi e che, con i termini del contratto che la legava a me ora scaduti, di aver fatto bene i propri conti decidendo pure di scappare. 

Ma anch'io ho fatto bene i miei e mi dispiace per lei, ma quel pezzo di carta non è l'unica arma che possiedo.

Faccio poi riferimento al fatto che il tempo non costituisce più alcun problema per noi, ed eccolo là, di nuovo un guizzo di sorpresa che la fa atterrare rapidamente nei miei occhi.

Troppo, troppo rapidamente.

Un altro errore. 

E lei se ne rende conto, sbatte le ciglia e perciò sorride. Lo deve fare se vuole mantenere intatta la facciata, ma non mi inganna ed io riesco comunque a leggervi dentro tutte le domande che la stanno attraversando in questo preciso istante.

Domande alle quali a breve avrà tutte le sue risposte, mi dico in mente, anche se ora come ora, sorrido anch'io e smettendo di schiacciarla a questa tavola contro la quale finora l’ho confinata.

Raddrizzò la schiena, faccio un passo indietro e tengo per me soltanto la sua mano, che bacio castamente al centro del suo palmo come un vero galantuomo.

Fingo.

“Cristo Santo! Ma dove hai imparato a baciare in questo modo?” 

“Ho avuto un ottimo maestro!”

Fingo leggerezza, disinvoltura.

“Il migliore oserei dire. Che ricorderai di ringraziare da parte mia non appena lo vedi!”

Fingo che non abbia un maremoto dentro che sto aspettando solo di schiantarle addosso. Fingo che non ci sia nulla di stonato nell’aria che si respira e intanto che la porto alla sua sedia per farla accomodare.

E lei ci casca, si rilassa, si tranquillizza, affonda nel velluto e mi sorride molto più genuinamente di come ha fatto un secondo fa, per poi però attendere che lo faccia anch'io, e guardandomi sistemare a capotavola proprio di fronte a lei, dove potrò tenerla d'occhio per tutto il tempo come più mi aggrada.

Non voglio che mi sfugga niente infatti e catturarle invece ogni pensiero che le sfiorerà la mente da questo momento in avanti: ogni emozione che le passerà sul volto al di là di quello che si premurerà di dirmi con la sua stessa voce.

E a partire da adesso che faccio cenno al calice di vino che ho già riempito a entrambi per brindare. 

A cosa? 

ɪʟ ᴍᴏsᴛʀᴏ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ sᴏɢɴɪ ~ 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora