Epilogo

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Perla mi abbraccia non appena il buio ci piomba addosso. C’è rimasto solo un candelabro appeso al muro e la fiammella tremula sulla candela che si sta sciogliendo a vista d’occhio. A breve non ci resterà neppure quella, e chiuse in questa cella a dir poco spaventosa, mi sembra di udire anche il più piccolo rumore. Le stesse mura sembrano respirare e tessere le storie di chi prima di noi c'è già passato. Il castello è antico ed è custode di secoli di memoria, e non fatico a credere, che di prigionieri ce ne siano stati tanti e forse lasciandoci addirittura la propria vita. Mi perdo a immaginare i loro sguardi vuoti e la loro sofferenza e mi sembra di vederli infatti ancora come anime vaganti tuttora intrappolate in questa pietra.

il silenzio è assordante ma ho come la sensazione di sentire taciti sussurri in lontananza, di occhi che mi scrutano curiosi e di ombre che continuano a girarmi intorno inquiete senza mai farsi vedere. Ogni scricchiolio che sento mi sembra solamente un eco delle loro vite spezzate. Persino il mio respiro mi dà questa impressione. Fa rumore più di quello che dovrebbe fare e mi fa guardare intorno scavando in questo buio possibili presenze. Ma non c'è niente che non vada ed è forse soltanto la mia immaginazione che galoppa troppo. 

O almeno è quello che mi dico per infondermi coraggio, perché non nego di aver paura e di temere che qualche essere spettrale si decida a farmi visita proprio stanotte.

Penso questo e lo squittio di un topo ci sorprende facendoci saltare entrambe come due molle.  

È solo un topo! Ci rendiamo conto, e tuttavia, non sentendomi affatto meglio e sufficiente a mettermi in allerta. Lo vedo che striscia velocemente contro la parete e poi si rintana, sicché pure le feritoie che conto tra un mattone e l'altro attirano la mia attenzione come se fossero loro stesse una minaccia. Ne ho altrettanta paura ammetto e il solo pensiero che chissà quanti di loro ci staranno già occhieggiando di nascosto, mi fa rabbrividire e venire la pelle d'oca dappertutto.

Intanto il tempo si dilata e nemmeno lui mi dà conforto.  Ogni senso d’urgenza pare essere assorbito dal freddo umido di queste vecchie mura. Ogni minuto scorre con una lentezza esasperante, e questo gocciolare d’acqua che odo provenire da lontano, ne acuisce la sensazione scandendone ogni secondo come il ticchettio di un orologio.

Lo ascolto. Perpetuo, continuo, lento e regolare, e alla fine con la testa appoggiata alla parete, capace di stordirmi fino ad appesantirmi gli occhi.

Cado in uno stato di confuso dormiveglia che mi toglie la cognizione su ogni cosa. Anche Perla lo fa, e per svegliarci di soprassalto solo al rumore di un fracasso assurdo che inizialmente non riusciamo neppure a decifrare.

“Che cosa è stato?”

“Non ne ho idea!”

“Proveniva da sopra?”

“Così mi è parso!”

Ma i passi, quelli li riconosciamo e per catturare sui gradini l’improvvisa presenza di qualcuno.

“Sarà un fantasma?” 

“Ma che dici Perla non essere sciocca. I fantasmi non scendono mica le scale! Sarà un uomo di André piuttosto e sicuramente venuto per  tenerci d’occhio al posto suo!”

“Ci farà del male?”

“No, lui lo farebbe trucidare se lo facesse!”

“Per te ma per me no. Ha tentato di ammazzarmi, ti ricordi? E che ne sai che non l’abbia mandato apposta per finire il suo lavoro? In fondo è te vuole, e a conti fatti, io ora gli sono soltanto da intralcio!”

Stringo Perla a me più forte che posso. Se è così farò di tutto per difenderla. Ma prego, spero che si sbagli e nel frattempo che chiunque sia non faccia la sua comparsa da quella scala.

ɪʟ ᴍᴏsᴛʀᴏ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ sᴏɢɴɪ ~ 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora