Capitolo XXXVIII

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Sì, era vero! Era proprio un bastardo con lei ultimamente e spesso la castigava senza nemmeno averne una valida ragione. Giusto per il gusto di farlo e inventandosi mille scuse che lo giustificassero, anche se lei il più delle volte non aveva fatto niente e non se lo meritava. 

Cogliendo al volo l'occasione quando gli si presentava. Come quell’oggi che sapeva benissimo che quel colpo sulla scrivania era stato solo un incidente e che lei non aveva assolutamente voluto mancargli di rispetto come invece l’aveva accusata.

Ma cosa ci poteva fare se lo trovava dannatamente eccitante come una droga? 

E poi lui era un sadico e godeva di quella paura che le istigava. 

Come un preliminare prima di iniziare, che lo elettrizzava, lo nutriva, gli accresceva il desiderio di lei e le fantasie perverse della sua mente malata: che alimentava il suo piacere, montandolo già in una maniera immane quasi alla pari con l’atto sessuale stesso. 

E poi lei gli aveva detto di sì a qualsiasi cosa lui le avrebbe fatto, avendo acconsentito volontariamente anche ogni qualvolta la sua coscienza s’era messa in mezzo tentando di dissuaderla, e per cui adesso, stava solo mantenendo la sua parola di farle assaggiare il suo incubo da vicino.

Una cosa che aveva iniziato a fare già da circa una settimana, da quell’ultima volta trascorsa insieme nel suo studio, durante la quale aveva capito di non poterne davvero fare a meno, iniziando a volerla ogni sacrosanto giorno come una dose che lo vivificava.

Torturandola: facendole avvertire la sua presenza costantemente, non lasciandola più un secondo in pace, e di mattina, approfittando del fatto che sua madre non ci fosse nel castello per poterle fare di tutto impunemente.

Per divertirsi a sue spese, povera creatura, che adesso ogni volta che la chiamava in quel suo studio, lo guardava già spaventata ancor prima che lui iniziasse a seviziarla. 

Giacché sapeva già che in un modo o nell’altro lui le avrebbe fatto del male.

E riuscendo a farla piangere proprio come piaceva a lui: a suon di schiaffi sul suo sedere sodo, oppure con la sua lingua tra le cosce provocandole quelle lacrime in un altro modo.

E poi i pensieri che aveva in testa in quel periodo erano tanti che lei era diventato il suo unico balsamo per scacciarli via dalla sua mente: problemi di lavoro, di famiglia, di salute, tutto a gravare sulle proprie spalle e come se non bastasse, dovendo pure combattere puntualmente con sé stesso, affinché il suo mostro non venisse a galla totalmente. 

Una natura che non sfamava oramai da giorni e che dopo averle dato campo libero in un paio di occasioni, adesso gli sembrava più difficile tenere a freno.

Una vera droga che lo ossessionava volendo il suo vero sfogo e forse proprio per questo, diventando a poco a poco, più feroce anche nei suoi confronti.

Le causava dolore ma si tratteneva. La puniva ma in confronto a ciò che avrebbe voluto farle veramente, quelle restavano solo delle semplici carezze.

Non sapeva il perché ma non se la sentiva ancora di farle del male seriamente, così come non se la sentiva di prenderla completamente soddisfando finalmente quella voglia di farla sua realmente. 

Presto sarebbe arrivato al limite, se lo sentiva, e anche se in cuor suo non avrebbe voluto tradirla con nessun'altra donna, era l'unico modo che conosceva per proteggerla da sé stesso. 

Ahhh… maledetta la sua coscienza e maledetta pure lei che era capace di stregarlo con quel suo broncio da bambina e con quella sua innocenza che per qualche ragione a lui sconosciuta, lo scombussolava, facendolo sentire ancora più sporco e più mostruoso di ciò che era.

ɪʟ ᴍᴏsᴛʀᴏ ᴅᴇɪ ᴍɪᴇɪ sᴏɢɴɪ ~ 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora