Capitolo 26.🌙

212 5 2
                                    

Sono passati alcuni giorni da quella chiamata sospetta, e Aron non ha ancora deciso di parlarmene.
Lo vedo agitato, sento il suo nervosismo e la preoccupazione per non so quale motivo. Da quella sera è diventato protettivo nei miei confronti, più di quanto già lo fosse, come a volermi tenere al sicuro, lontana da qualcosa.

Ma cosa?!

Ho provato a farglielo notare, e lui mi ha liquidato rispondendomi che è tutto a posto, che non devo temere nulla e che è sempre stato così protettivo con me, semplicemente lo dava a notare di meno.
Ma non è così.
È agitato, teso, lo vedo dai suoi modi di fare, anche la minima cosa riesce a captarla come pericolo.
Ma pericolo per cosa?
Per me?

Non è una bella situazione vederlo così turbato, non riesco a capire cos'è che lo tormenta così tanto da quando ha attaccato quella chiamata.
Lo trovo spesso a pensare, perso nei suoi pensieri, a fissare il vuoto, momenti in cui cala il silenzio che farebbe più rumore del rumore stesso.

"Era un mio amico a telefono".
Questa non me la bevo.
Deve esserci per forza qualcosa sotto, altrimenti tutto ciò non si spiega.

Siamo soli in casa; Aron è sul terrazzo a fumare, io sul divano indecisa se provare a parlargli della questione per l'ennesima volta o meno.
Mi decido sul da farsi, metto le infradito e con più serenità possibile vado da lui.
Mi appoggio al telaio del vetro che separa terrazzo e soggiorno, aspettando che si accorga della mia presenza.

Come se mi avesse letto nel pensiero e avesse percepito i miei movimenti silenziosi, si gira verso di me e dopo aver buttato fuori una nuvoletta di fumo mi rivolge un sorriso.
Indossa una canotta bianca e blu da basket, i pantaloncini neri. È appoggiato alla ringhiera, un braccio a penzoloni e l'altro con la mano occupata a tenere la sigaretta.

"Ciao..."-rompo il ghiaccio in tono flebile.

"Ciao piccola."-il suo tono dolce è come una carezza sul cuore.

Con un segno di mano mi invita ad avvicinarmi a lui, intanto picchietta sul filtro della sigaretta per far cadere la cenere.

"Non ti sei accorto della mia presenza?"-resto un passo dietro di lui.

"Certo che si. Sentirei la tua presenza da miglia di distanza."-mi rivolge un altro sguardo e io gli sorrido.

Cerco di superarlo da sotto il suo braccio, riuscendo a posizionarmi tra lui e la ringhiera, in mezzo alle sue braccia. Lo guardo per svariati secondi senza dire niente.

"Que pasa, mi amor?"-chiede col suo accento bellissimo, a voce bassa.

I suoi occhi si fanno sottili a causa della luce del sole, che picchia sulla città e su di noi.

"Ya tu sabes."-ribatto seria.

Stavolta non glielo chiederò, vorrei che fosse lui a riprendere il discorso.
Come si deve, senza la risposta di qualche giorno fa.

"Già lo so?"-chiede di rimando; si allontana per un attimo buttando il mozzicone di sigaretta nel portacenere sul tavolino.

Torna da me rimettendosi nella stessa posizioni di prima, stavolta anche la mano sinistra poggiata sulla ringhiera.
Il suo petto si muove a tempo col suo sospiro, lento e profondo. I suoi occhi sono bassi, poi rivolti su di me, e appena incontrano i miei si addolciscono quasi impercettibilmente.

"Si, già lo sai."-annuisco in attesa che dica qualcos'altro.

"Non è niente, niente di cui preoccuparsi. È tutto a posto."-mi sposta una ciocca di capelli dietro le spalle, spostata qualche secondo fa da una leggerissima folata di vento.

Una bugia meravigliosa.🌙||Aron Piper.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora