{ Paolo e Francesca }

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C'era una solitudine vagabonda che si aggirava tra le tombe in cemento e in marmo. Si alternavano come le colonne del Pantheon, eppure quelle non erano opere d'arte, ma il prodotto di guerre, malattie e troppo anni passati sulla terra.
I cipressi si imponevano solenni sui giardini roventi e concedevano riposo ai sentieri di brecciolino, dai quali spesso nasceva qualche erbaccia selvatica.
Alle due ragazze non si era ancora riunito il resto del gruppo.

Giudith camminava mano nella mano con Victoria alla ricerca della lapide di Jeanette.
Ognuna di loro aveva un mazzo di fiori in mano, anche se piccolo, per omaggiare in egual modo quella ricorrenza e contribuire al ricordo di una persona troppo cara già scomparsa. Si trattava di crisantemi bianche e arancioni e piccoli girasoli, poiché la bionda aveva spiegato che erano quelli i colori che associava alla madre quando la pensava.
Era bionda anche lei, ma la ricordava nello specifico con un vestito arancione che indossava tutte le estati.
Non parlavano; avevano troppo caldo e, poi, la discussione di qualche minuto prima le aveva segnate dentro.

Sentivano di svenire per il forte sole pomeridiano, ma riuscirono a trovare il posto dedicato alla povera donna defunta e si fecero coraggio.
Vi era una lastra di pietra, riparata sotto un faggio rigoglioso, sulla quale erano incise le informazioni riguardo Jeanette. La data della morte era più marcata di quella della nascita e del muschio si stava espandendo accanto alla targa del nome. Era un sollievo aver trovato un po' d'ombra, eppure ora Giudith non si sentiva tanto meglio, non sapendo cosa dire.
Cercò di sbirciare l'espressione dell'altra con la coda dell'occhio senza successo.
Quando si voltò a guardarla, non poté evitare di scorgere delle lacrime che le inondavano gli occhi.
Erano in piedi, rigide, l'una accanto all'altra, ma nei loro cuori scorrevano sentimenti e paure diverse.

Mamma, mi manchi.

Cosa posso fare per lei?

Da quando non ci sei mi sento sempre sola.

Dovrei abbracciarla?

E se ora sei in cielo e pensi che io ti abbia delusa?

Ora le parlo...

Ma quando riuscì a trovare la forza di far uscire delle sillabe dalla bocca, venne interrotta.
Victoria voltò il capo verso Giudith e lo fissò per qualche secondo. Poi si asciugò una lacrima; aveva gli occhi rossi, come la punta del naso, ma non portava in viso un'espressione disperata. Sembrava, invece, arrabbiata.

≪ Senti una cosa ≫.
Le si fece più vicina. Le prese una mano nella sua e con l'altra strinse il mazzo di fiori al cuore.
≪ Io non so che altro succederà nella mia vita, non so chi rimarrà con me e cosa finirò per fare ≫.
≪ Ma è certo che non ho bisogno di perdere un'altra donna importante e tu lo sei... sei essenziale ≫.

Giudith la guardava un po' confusa. Ecco che la sua preoccupazione, che inizialmente riguardava la semplice mancanza di parole per quell'evento, si trasformò in ansia.
Cosa volevano dire quelle parole in un momento come quello?

≪ Ti amo, ti amo alla follia ≫.
≪ Tu sei la mia famiglia adesso. Non abbandoniamoci, ti prego ≫.
Victoria si voltò e si chinò per posare i girasoli accanto alla lapide della madre, poi baciò la punta delle dita e pressò quest'ultime sulla pietra calda.

Giudith si sentiva tremare.
Sono la sua famiglia?
Cadde in ginocchio. I crisantemi impattarono col terreno; dei petali bianchi vennero proiettati più in là durante il moto in caduta libera. Victoria si voltò a controllare cosa fosse quel rumore.
Sono la sua famiglia!
Tornò a soffiare il vento, come nei giorni precedenti. Quell'estate non trovava proprio modo di proseguire il suo corso in quiete.
I capelli le si sparsero sul viso e lungo le spalle; i suoi boccoli le contornavano il viso e le solleticavano la schiena.
Sono la sua famiglia.
Allungò le braccia e le trattenne aperte per mandare il messaggio alla bionda di dover stringerla.

E l'altra l'abbracciò, l'avvolse col suo profumo di vaniglia e liquirizia, come quello della stanza che le conteneva ogni notte. E quell'affetto non fu meno intimo, nonostante non fossero sotto le coperte, ma sotto il sole che picchiava, tra anime desolate e sinistri cipressi.
I loro cuori allinearono i battiti e i respiri si fecero più intensi.
Le ginocchia cominciarono a far male ad entrambe; i sassolini bianchi e polverosi stavano lasciando lo stampo della loro forma sulla pelle.
L'ultima lacrima di Victoria cadde sulla schiena spoglia di Giudith e vi segnò un percorso salato sopra.

In lontananza, ignari di quanto stesse accadendo, ecco che arrivavano i tre ragazzi che avevano fatto tardi all'incontro.
Anche loro avevano dei fiori in mano, ma Damiano sembrò usarli per ostacolare il passaggio agli altri due.
Scosse la testa in segno di negazione mentre fulminava con lo sguardo Thomas ed Ethan che stavano discutendo di qualcosa ad alta voce, poi si portò l'indice alle labbra.

≪ Che succede? ≫ chiese il chitarrista con l'espressione stanca e la fronte sudata.

≪ Non andiamo da lovo due? ≫.

Il front man disse di no a bassa voce, senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo dalle due ragazze.
≪ Lasciamogli un momento ≫.

I due corpi femminili si erano stretti in una composizione unica che pareva essere un gruppo scultoreo. Non era qualcosa di soffocante e mortale come il Laocoonte, né troppo sciolto e surreale come Amore e Psiche.
Somigliavano piuttosto al Bacio di Rodin, correlato alla rappresentazione della storia di Paolo e Francesca che Dante racconta nel V canto dell'Inferno.
Erano perfettamente agganciate, come un meccanismo serratura-chiave, come le due metà di qualcosa di speciale e rivoluzionario.
Sorridevano adesso.
Si staccarono per guardarsi appena qualche secondo, ma poi si dedicarono un bacio davvero romantico e innocente.

Quei tre ragazzi erano rimasti imbambolati in piedi, fermi a testimoniare quella scena.
Si guardavano tutti un po' imbarazzati, ma non per il disagio, ma dalla troppa tenerezza che emanavano quelle due.

≪ Facciamo in modo che non si scordino mai più cosa significhi amarsi così ≫ disse Damiano.

E cominciarono ad incamminarsi tutti insieme verso Victoria e Giudith, affinché potessero mostrare che anche loro erano lì per celebrare tanto la morte quanto l'amore.

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