{ prima di mezzanotte }

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S'era fatta notte: alla villa regnava il silenzio e il buio aveva preso il sopravvento. Dalla finestra rotta entrava un leggero vento che circolava per il salotto devastato.
Dormivano già in molti al piano di sopra, nonostante non fosse nemmeno mezzanotte.
Solo una luce era rimasta accesa, quella della stanza di Ethan. Giudith si era presa il compito di medicare il ragazzo e soccorrerlo quando necessario, in quanto questo aveva preferito non recarsi all'ospedale per non ostacolare la registrazione dell'album. Sarebbe stata una questione di qualche ora e poi lo avrebbero dimesso, giusto per un controllo, eppure il batterista sembrava essere più spaventato di rallentare o scomodare gli altri ragazzi che di qualsiasi altra cosa.

≪ Se ti faccio male, avvertimi ≫.
La ragazza era seduta su uno sgabello accanto al letto sul quale stava il ragazzo; sulle sue gambe vi era una piccola bacinella con acqua fredda e disinfettante nella quale immergeva un fazzoletto bianco.
Il liquido nel contenitore si faceva sempre più torbido e si colorò ben presto di un distinto rosso.
Ethan se ne stava seduto in silenzio, a petto nudo, con la schiena poggiata alla spalliera di legno del letto. Teneva le mani sullo stomaco e una smorfia di dolore gli compariva sul viso ad intermittenza, in corrispondenza dei movimenti di Giudith.
Quando lei rinfrescava l'occhio nero con del ghiaccio o ripuliva le ferite dal sangue, lui storceva il naso e fletteva le sopracciglia, ma non pronunciava mai alcuna parola di fastidio, anzi, chiedeva scusa quando gli pareva di essere scortese nei conforti della ragazza che gli prestava cure.

≪ Pensi che il braccio sia rotto? ≫ chiese lei alzando lo sguardo.

≪ Spevo pvopvio di no... ≫.
Ethan sospirò rumorosamente.
≪ Essendo il pvimo giovno non so divlo con cevtezza; bene non sta, ma sono cevto che, aspettando, andvà a migliovave ≫.

Giudith annuì e si alzò dallo sgabello per raggiungere il tavolo con le bende e le pomate.
Preparava una lunga striscia di garza da tagliare e avvolgere al braccio del batterista, quando la porta socchiusa della stanza lasciò fuggire uno spiraglio di luce maggiore verso il corridoio e si palesò una figura femminile: Victoria.

≪ Ei... ≫.
Si reggeva appena in piedi, con una mano chiusa che stropicciava un occhio e una che si reggeva alla porta. Indossava un calzoncino morbido e una canotta bianca corta che le arrivava sotto al seno; i capelli biondi le cadevano composti lungo le spalle e la frangia era appena spostata al lato.
Aveva un viso troppo vispo per essersi appena svegliata, ma fingeva che fosse così e si lamentò del rumore inutile che stavano facendo gli altri due.
≪ Vi sento da di là, andatevene a letto immediatamente ≫.

Ethan si scusò un miliardo di volte portandosi le mani giunte di fronte al viso, procurandosi del dolore per aver mosso troppo velocemente il braccio. Giudith, invece, s'era infastidita dal comportamento della bionda e le lanciò uno sguardo di rabbia. Victoria la prese per il braccio in modo violento e la trascinò fuori la stanza mentre l'altra cominciava a parlare.

≪ Non c'è bisogno di essere così antipatica ≫.
≪ Guarda che lo stavo aiutando, s'è fatto male, un po' di pietà ≫.
≪ Dormi sempre e ovunque, non penso che dieci minuti di riposo in meno ti facciano male, eh! ≫.
Giudith sembrava essere una macchina da stampa che sfornava copie su copie di notizie e nozioni tecniche riguardo i fatti accaduti poco prima. Camminava e parlava, camminava e parlava. Anche quando la bassista si chiuse la porta della stanza alle spalle, l'altra continuava a ragionare con il muro del corridoio, poi rimproverava il buio, poi si scagliava contro la maniglia della porta di Victoria, poi toccò alla sedia, alla pila di panni a terra e, infine, al letto disfatto.

≪ Cerco che anche tu... un po' di tatto ≫.
≪ Quel povero cristiano ti ha aiutata quando quella demente di Eva è arrivata fino qua per farti mal- ≫.
La bionda la baciò con le mani attorno al suo viso per tenerla più vicina e le gambe a cavalcioni su di lei. La guardò per bene, fece un sorrisetto compiaciuto e colpevole, poi la baciò nuovamente.

≪ Sta' zitta ≫ esclamò Victoria a bassa voce.
Non si era appena svegliata, non aveva neanche provato a dormire: aveva trovato la giusta scusa per riprendersi Giudith e portarla nel suo letto.
Non avrebbe mai imposto ai due ragazzi di fare silenzio qualche minuto prima della mezzanotte; a quell'ora, solitamente, uscivano a festeggiare o bevevano una birra fuori in giardino. Era troppo presto perché la riccia andasse a dormire, troppo tardi per l'altra che la aspettava da un bel po' in stanza.

Victoria sdraiò Giudith sulle coperte, tenendole attentamente il capo.
Ridacchiava tra un respiro e l'altro, mentre le sfilava via la maglia e lasciava tanti baci umidi sul suo petto. Disegnava cerchietti sul seno della più piccola e provava un piacere indescrivibile quando la sentiva ansimare al suo tocco. Avvertiva le farfalle allo stomaco e le venivano i brividi.
Giocava con quel corpo come fosse suo: lo accarezzava, lo baciava intensamente, lo stringeva forte.

Giudith si spogliò di corsa, poi slacciò i pantaloncini della bionda e li tirò via.
Prese il mento di Victoria con due dita e lo avvicinò alle sue labbra. La guardava con aria di sfida, sensuale ed eccitata.
≪ Voglio che tu mi fotta finché non piango ≫.
Nel sentire quelle parole provenire dalla sua ragazza, la bassista sentì un vuoto allo stomaco. La squadrò con aria altrettanto altezzosa e attraente; si morse un labbro, tirò un sospiro, poi si tolse un elastico dal polso e vi avvolse i capelli in modo disordinato.
Strinse i fianchi di Giudith con una forte presa e li avvicinò a sé. Con la destra strinse i lati del collo della riccia famelica e le sussurrò due parole all'orecchio: ≪ Stai giù ≫.
La spinse indietro e l'altra atterrò sul materasso con un sorriso soddisfatto. Victoria sfilò la maglia e si mise comoda.

La testa bionda sprofondò tra le gambe di Giudith. Si spostava lentamente lungo le cosce morbide e calde; vi lasciava baci e morsi, le stringeva con i polpastrelli, a volte con le unghie e rimanevano incise piccole mezzelune sulla pelle.
La lingua morbida e intrusiva si fece spazio tra le carni bagnate. Prese a muoversi con delicatezza, a massaggiare le zone interessate, ad andare a ritmo con i gemiti della ragazza stesa. Lo faceva piano piano, poi accelerava, di nuovo piano, poi concedeva della velocità.
Quando sentiva che Giudith fosse vicina all'orgasmo, smetteva improvvisamente di leccarla. L'altra si lamentava, la spingeva ad avvicinarsi con una mano, la insultava sottovoce, poi veniva nuovamente accontentata.
Entrambe dipendevano dalla bocca dell'altra.

La più piccola si contorceva, stringeva i denti, teneva nei pugni le lenzuola che torturava dall'impazienza. Ansimava, lasciava che qualche suono di piacere le sfuggisse dalle labbra. Ad un tratto inarcò la schiena e trattenne il respiro; non resisteva più e Victoria, stavolta, non si era fermata.
≪ Sto per venire ≫ le annunciò stanca.
La bionda non voleva smettere, allora continuò con lo stesso ritmo, stessa intensità. Le strinse le gambe, la guardò dritta negli occhi e le disse convinta: ≪ Allora vieni per me ≫.

≪ Vieni per me... per favore ≫.
E l'altra si muoveva sempre più compiaciuta.
≪ Vieni, Giudith ≫.
≪ Vieni per me ≫.

≪ Vicky... non ce la faccio più ≫.

≪ Vieni adesso ≫.

Ascoltandola parlare in quel modo, Giudith strinse i capelli dell'altra tra le dita, la spinse ancora più in fondo e chiuse forte gli occhi.
Raggiunse presto l'apice del piacere: schiuse le labbra e lasciò risuonare un orgasmo dedicato interamente alla ragazza che l'aveva soddisfatta fino alla fine.
Victoria si sollevò e riposò i polsi sulle ginocchia dell'altra.

La guardò a lungo; i capelli sul cuscino le contornavano il viso come una cornice, mentre quel corpo ancora caldo e ansimante si fece più piccolo del solito. Era bella mentre godeva perché era interamente sua. Era venuta grazie a lei.
Si sdraiò accanto alla sua ragazza e le lasciò un bel bacio sullo zigomo. Fece in modo che Giudith trovasse riposo tra le sue braccia e la stringesse per proteggerla da tutti i pensieri negativi che spesso tormentano le donne dopo il sesso.
Le disse più volte che l'amava, che sarebbe rimasta con lei tutta la notte, che era felice di quel loro momento.
L'altra si nascose nell'incavo tra il collo e le clavicole della bionda e intrecciò le loro gambe insieme. Anche lei l'amava e fece in modo che lo sapesse.

Rimasero spoglie fino alla mattina seguente, strette in un abbraccio sincero. Le coperte avrebbero nascosto l'orgoglio che le legò sin dal primo incontro.

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