50

2.2K 89 32
                                    

Fissavo l'anello che avevo al dito con insistenza. Me lo rigiravo tra le mani da quando avevamo lasciato la nostra stanza a Jeju e per tutto il tragitto in macchina fino all'aeroporto e in aereo io e Chan non ci eravamo mai rivolti la parola. Questa volta non avevamo litigato ma c'era una sorta di situazione di stallo tra di noi.

Verso le sei di mattina, quando eravamo riusciti a staccarci le mani di dosso, ci eravamo distesi sul letto, su un fianco e avevamo guardato l'alba insieme. Era una situazione nuova per noi. Quando vivevo in casa con lui non eravamo mai riusciti a goderci davvero la compagnia reciproca perché avevamo sempre troppa paura che qualcuno potesse beccarci. Rimanere a letto tutto quel tempo, senza la frenesia delle nostre vite, senza i ragazzi, senza i netizen alle calcagna e senza drammi era la cosa che più avevo amato. Avevamo fatto colazione con tutta calma mentre, seduti per terra, rimiravamo le onde del mare che si infrangevano sulla riva. Le sue mani che mi accarezzavano, che cercavano le mie, le amavo alla follia e mi mancavano già.

Quella piccola fuga dal mondo era servita per riappacificarci e chiarire le questioni rimaste in sospeso tra di noi ma ci aveva dato un attimo respiro per poter essere noi stessi. In quelle pochissime ore ero riuscita a intravedere come sarebbe stata una relazione normale, senza drammi. E seppur lo amassi, io volevo esattamente quello che avevamo avuto nel nostro piccolo spazio tranquillo.

Mi riscossi dai miei pensieri alzando gli occhi sul panorama che si estendeva fuori dal finestrino della macchina di Chan. Eravamo tornati a Seoul verso le dieci di mattina e adesso sfrecciavamo sull'autostrada verso una direzione a me sconosciuta. Sospirai, passando le mani sulla stoffa dei miei nuovi jeans per cercare di calmare i nervi. Dovevo assolutamente parlargli e fargli capire che cosa volevo dalla nostra relazione ma non potevo fare a meno di pensare che se gli avessi chiesto troppo si sarebbe potuto tirare indietro.

Hyuna: Non dovevi comprarmi dei vestiti - buttai fuori con voce sommessa per rompere il silenzio assordante che mi riempiva le orecchie.

Chan: Dovevo, invece. Come ci hai tenuto più volte a ricordarmi, ti ho "rapita" senza darti la possibilità di prendere le tue cose - l'angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso beffardo.

Hyuna: Beh, si... - mormorai piano.

Ero nervosa. Sentivo il cuore che pompava il sangue troppo velocemente facendomi palpitare.

Chan: Non mi stai insultando - mi lanciò occhiate preoccupate - che succede?

Hyuna: Niente - con non curanza mi portai l'indice e il medio alla gola, monitorando il battito cardiaco.

Chan: Perché sei così silenziosa? - allungo' una mano verso di me, appoggiandola sulla coscia.

Era un sollievo sentire la sua stretta familiare e il calore che sprigionava. Mi sentii subito meglio.

Hyuna: Prima di tutto io non ti insulto... o almeno non tanto spesso - ci tenni a precisare alzando l'indice per tenere il conto delle mie parole.

Chan: Diciamo che me le merito - sorrise dandomi un buffetto sulla guancia.

Hyuna: Infatti - assertii - e secondo poi ho bisogno di dirti una cosa - la mia voce si affievoli' - ma non so come potresti prenderla.

Chan: Puoi dirmi tutto - sentivo la voce tesa per la preoccupazione ma la lieve stretta alla mia gamba mi sprono' ad andare avanti.

Hyuna: In quella camera d'albergo mi sono ripromessa che avrei lottato per farti rimanere al mio fianco - ripresi fiato - ma se lo devo fare dobbiamo giocare ad armi pari.

Inarco' un sopracciglio, tamburellando il pollice sul volante.
Approfittai del fatto che non potesse vedermi per riprendere fiato e continuare a parlare prima di sentirmi troppo schiacciata dal peso delle parole per continuare.

Call me Daddy || BangChanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora